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L'ascesa delle monarchie arabe
Cinzia Bianco e Matteo Legrenzi sono stati i protagonisti del secondo appuntamento di ASERIncontra dedicato ai Paesi del Golfo, un nuovo centro di gravità in Medio Oriente
| Luca Aprea
15 ottobre 2021
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Far emergere un pezzo di storia del nostro Paese quasi assente dai libri scolastici e che, nel bene e nel male, ha molto da dire anche per la politica estera dei nostri giorni. Il libro di Leila El Houssi L’Africa ci sta di fronte. Una storia italiana dal colonialismo al terzomondismo (Carocci, 2021) è un’operazione di ricostruzione del passato coloniale dell’Italia e della svolta terzomondista a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, un periodo di grande utopia ma che, se fosse continuato, forse «ci permetterebbe di essere un ponte verso il Mediterraneo e non un muro», come fa notare l’autrice, che ha presentato il suo lavoro nell’ambito del secondo #AserIncontra. Immaginiamo il futuro.
Docente di Storia e istituzioni dell’Africa alla Sapienza di Roma, Leila El Houssi è italiana di padre tunisino. Nel suo libro punta a far conoscere, soprattutto ai giovani, un periodo «volutamente cancellato come quello del colonialismo italiano», come fa notare la discussant Michela Mercuri (Università "Niccolò Cusano"). Tenuto nascosto perché, secondo l’autrice, dietro «il falso mito del buon italiano» ha impiegato «una violenza terribile, terrificante», con gli italiani tra i primi, durante il fascismo, a usare i gas contro i civili. «Un colonialismo in ritardo», come lo definisce il direttore dell’Aseri Vittorio Emanuele Parsi, che nel secondo dopoguerra si è però tramutato, in un atteggiamento verso le ex colonie completamente diverso rispetto a Paesi “neo-colonialisti” come la Francia e la Gran Bretagna.
«Anche se non c’è mai stata una Norimberga italiana sui crimini di guerra, c’è una linea di discontinuità dell’Italia repubblicana» spiega Leila El Houssi. Nasce, grazie a esponenti dell’ambiente cattolico, come Fanfani, La Pira e Mattei, una parola nuova: “terzomondismo”. Un termine che oggi sembra avere un’accezione negativa ma che esprimeva quello che ora chiameremmo “cooperazione”. Una visione interpretata, a suo modo, dalla politica energetica di Enrico Mattei, con un atteggiamento più equo verso i paesi produttori di petrolio rispetto alle “sette sorelle”. O da Giorgio La Pira, che invitava a Firenze, insieme ai leader delle grandi potenze, anche i capi di Stato dei Paesi africani per cooperare. «Una presa di consapevolezza del ruolo dell’Italia, che si configurava non solo come business ma anche come capacità di portare cultura» aggiunge la professoressa Mercuri.
Secondo l’autrice del volume «questa è la stagione più interessante, e forse anche più utopistica, della nostra storia repubblicana. Un periodo che ha portato all’apertura verso il Mediterraneo di Moro e poi di Craxi e Andreotti, mentre oggi una politica verso il continente africano è assente: parliamo solo di sicurezza, di migrazioni e ne siamo terrorizzati». Studiare quella fase storica, farla conoscere ai giovani è un modo per rileggere quello su cui oggi stiamo sbagliando: «Costruire ponti e non muri potrebbe essere una soluzione migliore».
Il prossimo appuntamento con AserIncontra, “Il Quintetto d’Istanbul. Confluenze e intrecci tra vita e scrittura nella transculturalità”, si terrà giovedì 14 ottobre: interverranno Arianna Dagnino, University of British Columbia (Vancouver, Canada), Stefano Vastano, giornalista, Paolo Maria Noseda, interprete e traduttore. Introduce il professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore Aseri.
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