«Poter frequentare l’Università Cattolica è stato un privilegio, non solamente per la qualità dei docenti – aggiunge l’alumnus Edoardo, oggi consulente di comunicazione e progetti culturali – ma perché quegli anni di studio hanno gettato le basi per la mia crescita umana, professionale e relazionale. Tra i chiostri bramanteschi sono nate amicizie che sono – e ne sono certo saranno – le più importanti della mia vita; e questo è il più bel regalo che le aule della Cattolica mi hanno dato. Gli anni in Largo Gemelli, soprattutto durante il percorso di laurea triennale, sono stati tra i più spensierati e belli che abbia mai vissuto». Per Edoardo, inoltre, frequentare la Cattolica ha significato aver avuto la possibilità di vivere nella metropoli milanese e scoprirne le bellezze: «non ha prezzo la centralità della posizione dell’università e la relativa comodità di poter visitare una mostra o un museo e poi tornare in aula per una lezione o in biblioteca a studiare».
Ed è proprio questa esperienza “a tutto tondo” della vita universitaria nell’Ateneo di Largo Gemelli - anni di crescita culturale, personale e sociale - che fanno sì che Edoardo sintetizzi il valore aggiunto di aver studiato in Cattolica in tre concetti: umanità, rispetto, bellezza.
Concetti riscontrabili anche nei ricordi di mamma Lorena, soprattutto quando parla dell’esperienza profonda di aver studiato in una 'università cattolica': «Ho avuto l’opportunità di crescita nel cammino di fede e nella declinazione fede/cultura partecipando, su invito di una mia compagna di corso, al gruppo FUCI, dove ho conosciuto, per esempio, il professor Luciano Eusebi e dove ho potuto arricchirmi alle lezioni ai fucini del rettore Giuseppe Lazzati e agli incontri di spiritualità all’Eremo di San Salvatore, ma anche di dialogare e confrontarmi con i ragazzi di CL, frequentando due corsi di teologia con don Giussani».
«Gli anni tra la fine del Settanta e inizio Ottanta erano anni di grandi contestazioni, di grandi frizioni politiche ma anche tra i cattolici, e anche in Cattolica si respirava quel clima» rammenta inoltre Lorena, che decide di non essere indifferente e impegnarsi concretamente «in quel periodo era stato istituito anche il primo Consiglio pastorale dell’università dove mi sono candidata e poi sono stata eletta. Non posso dimenticare il grande lavoro svolto con monsignor Giovanni Volta, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, e l’affabile segretaria Ughetta Capuis del Centro Pastorale». «In quella veste, per poter organizzare incontri e convegni – continua sempre mamma Lorena - ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare molte persone che lavoravano in Cattolica: come la segretaria del Rettore, la signora Angela Concolato, sempre gentile, disponibile e di grande professionalità, così come il responsabile dell’economato Giancarlo Caronni, ma anche Roberta Grazzani che andavo a trovare nella sede “vivace e colorata” della redazione della rivista Giovani amici».
Una università dunque forte della sua identità cattolica, come ci dice mamma Lorena, ma non per questo, come osserva suo figlio Edoardo: «un ateneo integralista in cui si aggirano soltanto figure ecclesiastiche e dominato da un credo religioso forte, come qualcuno potrebbe pensare; ebbene non è così. La Cattolica è inclusiva, non dogmatica e assolutamente libera; anzi, da non fervente cattolico praticante ho trovato di grande interesse e crescita i corsi di Teologia che ogni studente deve frequentare, indipendentemente dal suo corso di studio».
Un’università, la Cattolica, che da entrambe le testimonianze di Lorena ed Edoardo si rivela come un’esperienza formativa completa ed altamente qualificata, così come un’esperienza profondamente significativa dal lato umano. E tutto questo ha determinato un legame forte e duraturo tra gli alumni Lorena ed Edoardo con il loro Ateneo. Tanto che Lorena non ha dubbi a scegliere di tornare nella sua università quando decide, a 50 anni, di iscriversi al master di secondo livello in Gestione educativa del disagio nascosto fra scuola e territorio mentre, nel contempo, dopo tanti anni di insegnamento, decide di partecipare al concorso per dirigente scolastico.
Nuove sfide stimolanti che Lorena supera brillantemente e così, nel suo nuovo ruolo, aumentano le occasioni di contatto con la Cattolica: «indirizzo sempre i docenti ai corsi di aggiornamento promossi dall’Ateneo del Sacro Cuore, io stessa mi sono iscritta ad uno dedicato al tema della valutazione». Ma le scuse ufficiali, e più frequenti, per varcare l’ingresso di Largo Gemelli a mamma Lorena le offre Edoardo, che immatricolandosi in Cattolica (dopo che i primi due figli avevano compiuto scelte universitarie diverse), le permette «di andare a Milano a respirare l’aria pregnante di cultura dei chiostri, per fargli da Cicerone, portandolo prima di tutto in Cappella e nella Cripta - dove sono custodite le spoglie del fondatore dell’Ateneo padre Agostino Gemelli e di Armida Barelli, donna forte e geniale – nonché per festeggiare le sue lauree». Ma anche Edoardo, ammette, ama spesso ritornare a farsi un giro nella sua università: “ci torno spesso per sentirmi ancora libero e spensierato. Credo sia un bell’esercizio camminare per i chiostri e ricordarsi di quando si era più ingenui e pieni di speranze per il futuro. Non che ora mi manchino, tutt’altro, ma ora le speranze sono plasmate dalle prime esperienze professionali e da una mutata consapevolezza».
Insomma, sia per Lorena che per Edoardo, tornare tra i chiostri bramanteschi equivale un po’ come a tornare a “casa”, dopo tutto “casa” è dove si sono condivisi valori, emozioni, relazioni, dove si è cresciuti e si è sentiti accolti. Una “casa” che è una comunità accademica ed educativa dove ogni studente è chiamato a impegnarsi a costruire il proprio valore. Così è stato sicuramente per gli alunmi Lorena ed Edoardo, e un aneddoto lo conferma: «settembre 2019, è il giorno della mia discussione di tesi – racconta Edoardo - io, i miei amici e la mia famiglia ci troviamo in Cattolica, nel cortile antistante la Libreria Vita e Pensiero, quando, ad un certo punto, mia mamma ci dice che va un momento a salutare il padrone di casa. Sguardi sgomenti, soprattutto nei miei compagni storici di corso, che mi chiedono come mai mia madre conoscesse il Rettore...Dopo pochi minuti mia mamma fa ritorno e alcuni amici le vanno incontro chiedendole informazioni sull’incontro, al che lei risponde, quasi sorpresa, “Ma quale Rettore, io sono andato a salutare il Signore in Cappella!”»