Anche per il professor Gros-Pietro la reputazione è importante. E per spiegarne le ragioni è ricorso alla parabola evangelica dei talenti, in cui il padrone rimprovera il servo che, seppellendo le monet,e ne ha impedito la circolazione e la remunerazione. In altri termini, il denaro che circola non è “sterco del diavolo”, per riprendere la famosa definizione di San Basilio Magno. È piuttosto «concime». Per cui «depositare denaro in banca significa convertire i risparmi in qualcosa che può diventare un investimento». La banca, cioè, trasforma una pluralità di giacenze piccole e a breve termine in giacenze grandi e a lungo termine. C’è ovviamente un problema di patrimonio e di liquidità: nel senso che, se si prestano i soldi, questi devono poter essere restituiti. Servono, pertanto, investimenti rapidamente liquidabili e supervisori nazionali e internazionali che verifichino le riserve di liquidità di una banca. Non va infatti dimenticato che i nuovi strumenti tecnologici se, da un lato, mettono a disposizione capacità superiori, dall’altro, creano elevati livelli di rischio. «Una banca, quindi, non deve soltanto essere in grado di far fronte a qualsiasi tipo di prelievo compatibile con le condizioni del deposito che è stato fatto ma deve essere in grado di far sì che quei capitali messi a sua disposizione di vadano nella giusta direzione per far crescere l’economia».
Eppure, la reputazione nelle banche continua a essere in flessione, come rilevano i dati Ipsos, citati dalla professoressa Beccalli. Non a caso si attesta al 48% se riferita a sicurezza e solidità, scende al 39% quando si parla di supporto al paese e clienti e addirittura tocca il 36% con riferimento agli aiuti ai clienti con soluzioni concrete. Per questo, ha suggerito la professoressa Beccalli, si rende necessaria una «rigenerazione del pensiero economico» fondata su quella che ha chiamato «etica intergenerazionale». Si tratta «di un concetto con radici antiche, introdotto da von Carlowitz, amministratore contabile forestale in Sassonia, nella sua opera del 1713 Sylvicultura Oeconomica. Dato che la ricrescita del patrimonio boschivo richiede decenni, il modello di von Carlowitz stimava le quantità di legname prelevabili sulla base della loro ricrescita».
D’altronde, ha ribadito il professor Gros-Pietro, «negli ultimi cinquant’anni il pianeta ha perso il 60% della sua biodiversità». Ecco allora che «la responsabilità di una banca è individuare, settore per settore e filiera per filiera, quali sono gli sviluppi percorribili e quali sono gli strumenti per camminare lungo il percorso del cambiamento».
Senza dimenticare, però, gli effetti derivanti dalla repentina digitalizzazione. «La diffusione delle nuove tecnologie ha fatto compiere enormi passi. L’app è diventato il modo in cui oggi un cliente parla con il sistema della banca», ha proseguito il Presidente di Intesa Sanpaolo. Ma a subire grandi trasformazioni, oltre al contenuto dei rapporti tra banca e clientela, è stato il lavoro stesso. Di qui la necessità di fare investimenti sia per soddisfare i clienti sia per garantire sicurezza e protezione. Cambiamenti tecnologici che possono anche tradursi in rischi. Come quelli elencati dal Rettore Beccalli: la perdita di rapporto tra banca e cliente, che può essere in parte risolto favorendo forme di prossimità anche sul canale digitale; il “fai da te” on line, che può portare a forme di esclusione finanziaria; la creazione di una banca unica che, paradossalmente, l’adozione di una medesima tecnologia potrebbe comportare.
Come risollevare la fiducia nelle banche? Per Gros-Pietro la via d’uscita sta nella capacità di intercettare i bisogni del territorio in cui ciascun istituto opera. «Noi abbiamo come azionisti stabili le fondazioni bancarie che ci aiutano a capire quali sono le esigenze dei territori. Nessuna banca può prosperare se non prosperano i suoi clienti». Oppure, come ha suggerito il Rettore Beccalli, nel considerare la fiducia, più che in termini di affidabilità, secondo l’accezione di tutela sociale. «Come chiarito dall’economista della Harvard Business School esperto di etica Nien-hê Hsieh, imprese e banche devono concentrarsi sul fare le cose giuste. La domanda che i manager dovrebbero porsi è: “Dovrebbe esistere?”». Infatti, chiedersi se una tecnologia, un prodotto o un servizio debba esistere per il bene della società è il vero «punto di partenza» per un modello economico orientato alla sostenibilità e all’inclusione.