La lettura, che è un valore applicato in funzione della sapienza, cioè dell’acquisizione di un sapere, deve avere due caratteristiche fondamentali, le stesse del cibo: il gusto e il nutrimento, perché ci dà vita e ci tiene in vita. È lo scopo che Vita e Pensiero, casa editrice dell’Università Cattolica, si prefigge con la sua “Scuola di lettura”, un ciclo di incontri in cui uno scrittore sceglie un’opera impostando un dialogo immaginario con l’autore. Per la quarta tappa, giovedì 30 marzo, è stato selezionato "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, capolavoro del Novecento. A dialogare con i lettori è stato don Paolo Alliata, sacerdote della chiesa di Santa Maria dell'Incoronata, dove è anche promotore di un ciclo di letture che fanno scoprire il respiro di Dio in romanzi ultralaici, da quelli di Primo Levi a Harry Potter. Come autore per Ponte alle Grazie ha pubblicato Dove Dio respira di nascosto (2018) e C'era come un fuoco ardente (2019) e Gesù predicava ai bradipi (2021).
«Ho scelto questo libro perché l’ho letto per la prima volta qualche anno fa – esordisce Alliata – e, leggendo un racconto a quarant’anni anziché al liceo, è più facile trovarci dentro le parole giuste per descriversi. Ecco, ognuno legge per tante ragioni: per me, l’effetto principale della lettura è che trovo le parole giuste per raccontare me stesso». Il tema chiave del romanzo è quello della fuga inarrestabile del tempo; tempo che è un grande generale, che illude, seduce e abbandona, promette e non mantiene. Tanto che, all’inizio della sua avventura, il protagonista Giovanni Drogo sente che il tempo migliore, quello della giovinezza, è già alle sue spalle.
«Tante volte a proposito dei romanzi di Buzzati si è detto del suo essere nichilista per la sua visione triste della vita e dell’impossibilità di godere di una speranza – dice –, ma in realtà il tempo che scorre non ci impedisce affatto di gioire della vita. Della gioia di Giovanni Drogo si parla solo alla fine dell’ultimo capitolo del romanzo, quando il protagonista deve fare i conti con la morte». Allora, per Alliata il vero messaggio dell’autore è un altro: «Il fatto che la vita ha una fine ci deve spingere a volere vivere veramente quella che abbiamo ancora tra le mani».