"Paradisi normativi"
«All'estero ci copiano tutto, tranne le nostre leggi antimafia. Non esistono il 416 bis e altri reati. Le mafie questo lo sanno. E lo sfruttano. Un plafond comune europeo di norme antimafia potrebbe essere una soluzione, ma, evidentemente, non conviene. Manca la volontà. Nessuno in Europa - nessuno - ha interesse a creare una legislazione internazionale antimafia. Perché questo significa controllare il potere, il manovratore. E nessuno vuole essere controllato. È necessario avere, sempre nel rispetto della Costituzione, un sistema giudiziario integrato e proporzionato alla realtà criminale».
«Senza contare le leggi sulla privacy, un muro che si alza ogni volta che si vuole fare qualcosa di serio e stringente. Faccio un esempio pratico: in Europa non esiste il limite al contante. C'è solo una direttiva che "invita" gli Stati a non consentire transazioni economiche superiore a 10mila euro. Un invito... e così io posso andare a Francoforte con una valigia di 10mila euro, comprare un'Audi senza che nessuno mi chieda dove ho preso quei soldi».
«Il limite al contante è utile perché colpisce la piccola e la media corruzione ma, in ogni caso, non va a colpire in modo sufficiente il grande traffico. Per anni abbiamo parlato di "paradisi fiscali" ma oggi sarebbe opportuno parlare di "paradisi normativi". L'Austria, per esempio, è uno degli stati meno collaborativi per quel riguarda il riciclaggio. Per non parlare di Malta, dove hanno sede legale tantissime aziende fantasma».
Lo "stage" per entrare nella 'ndrangheta
«La 'ndrangheta è forte e radicata perché ha mantenuto il vincolo di sangue. Ma per entrare la "selezione" è dura: il giovane che vuole entrare nell'organizzazione, che viene definita 'contrasto onorato' (i contrasti, per capirci, siamo tutti noi) deve fare quel che potremmo definire uno stage al fianco di uno 'ndranghetista. Ad essere valutata è soprattutto la cieca obbedienza. Se davanti a un ordine si pongono domande o chiarimenti, si è già fuori. La 'ndrangheta, poi, ha un suo tribunale interno, un codice di procedura penale, le sanzioni con tanto di "avvocati". C'è un solo grado di giudizio e la sentenza è immediatamente esecutiva. Esiste anche la grazia».
Le mafie e i giovani
«Tutta la Cosa Nostra narrata nei film e nella saggistica non è mai esistita. Il Padrino è una storia inventata, per esempio. Un capolavoro, certo, che però ha fatto tanti danni nella società. Come altre fiction. Non capirò di arte ma capisco di etica e conosco i ragazzi e le nuove generazioni. Un film violento, dove la violenza è un valore, è dannoso. I giovani, oggi, mi sembrano molto ignoranti. Pensano di essere colti perché hanno internet e pensano di saper scrivere ma solo perché hanno il T9. Questo mi dispiace e mi rattrista. Ci rende meno competitivi sul mercato, soprattutto con l’Europa dell'est. Stiamo perdendo tanto terreno. Non siamo più performanti. Lasciate stare le eccellenze, come questa Università, guardate il Paese nella sua interezza. Bisognerebbe investire in istruzione e cultura, ma soprattutto sulla prima perché senza non ha senso la seconda. Servono scuole a tempo pieno. Pagare di più gli insegnanti e averne molti di più in organico. Ai giovani do un consiglio: trovate un pomeriggio per andare in un centro per tossicodipendenti, parlate con loro, chiedete come hanno iniziato, come ci sono arrivati e se sono favorevoli alla liberalizzazione. Posso anche rinunciare a qualche giornata per la legalità per questo, è molto importante».
La riforma Cartabia e i problemi della giustizia italiana
«La Riforma Cartabia, involontariamente, ha fatto e farà, disastri enormi. Ha creato grandissime ferraginosità, la “ghigliottina” per i processi. Ma l’Europa ci ha detto di velocizzarli i processi, non di non celebrarli. La stampa, poi, oggi è limitata nella sua attività di informazione. I cittadini non possono sapere cosa è successo nella notte e chi è stato arrestato, specie se persone sono di rilevanza sociale, come i politici. Io rimprovero i direttori e i proprietari dei giornali: perché non hanno protestato? Io procuratore non posso parlare ma l’avvocato difensore dell’arrestato sì, può dire che un asino vola senza timore di essere smentito dalla controparte».
«La giustizia riparativa? Utile, ma di dettaglio. Avremmo bisogno di cose ben più significative. Non un approccio morale-etico ma economico. Delinquere deve diventare non conveniente. Ci sono cose, davvero semplici, che si potrebbero fare in un'oretta: la riassegnazione dei magistrati fuori ruolo per tamponare i buchi in organico, l'introduzione dei tribunali distrettuali e l'ottimizzazione delle risorse. Ci sono tribunali a 25 km di distanza, Procure inutili, facciamo sinergie. Sono cose banali, ovvie. Ma non si fanno».
La speranza
«La cosa più bella che ho lasciato in Calabria è la speranza. C’erano un sacco di persone rassegnate. Siamo stati credibili, abbiamo lavorato sodo - oggi ci ci sono giovani magistrati formati, anche psicologicamente - abbiamo dato fiducia. Ogni giorno davanti a me avevo centinaia di persone pronte a denunciare, anche boss importanti. Abbiamo instillato il tarlo che “si può cambiare”. I calabresi non sono omertosi, non sapevano con chi parlare».
La libertà
«L’esposizione personale aumenta esponenzialmente col tempo e così la libertà fisica diminuisce. Una persona riesce a superare questa difficoltà solo se sei convinto di essere nel giusto, e di fare qualcosa di importante e utile che produce una maggiore vivibilità del territorio. E anche se non posso fare molte cose fuori, dentro mi sento libero perché posso dire quello che penso. E se non posso dire la verità sto zitto. Questa per me è la libertà».