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Nicola Gratteri in Cattolica: «Delinquere non deve essere conveniente»

31 ottobre 2023

Nicola Gratteri in Cattolica: «Delinquere non deve essere conveniente»

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"La 'ndrangheta è l'assoluta dominatrice della scena criminale". La definizione è della Direzione investigativa antimafia nella sua ultima relazione al Parlamento dello scorso aprile e ben delinea il potere di una mafia che, ormai, non può essere ridotta al territorio calabrese. Lo sa bene Nicola Gratteri, magistrato calabrese da sempre in prima linea nella lotta all'Onorata Società. Procuratore della Repubblica a Reggio Calabria e Catanzaro, in questa veste ha inferto duri colpi alla 'ndrangheta che lo ha messo nel mirino e che, da oltre trent'anni, lo costringe a vivere sotto scorta. Dal settembre 2023 ha assunto l'incarico presso il Tribunale di Napoli. Personaggio schietto e mai banale Gratteri è stato il protagonista presso la sede di Milano dell'Università Cattolica, giovedì 26 ottobre, del ciclo "Collegi in Campus", la serie di incontri promossa dai collegi del nostro Ateneo in collaborazione con il quotidiano Avvenire

In un'aula Sant'Agostino gremita di studenti il magistrato - dopo i saluti iniziali del coordinatore del progetto Edoardo Grossule e del direttore generale di Avvenire Alessandro Belloli - insieme al giornalista Vincenzo Spagnolo, ha parlato a ruota libera di temi troppo spesso assenti dal dibattito pubblico: i nuovi "paradisi normativi", la riforma Cartabia e le sue criticità, le infiltrazioni mafiose nell'economia e i possibili giri d'affari legati alla guerra in Ucraina e ai fondi del PNRR. Tutto senza mai distogliere lo sguardo e l'attenzione verso il pubblico, formato da giovani studenti, che non si sono lasciati sfuggire una parola, hanno posto numerose domande e, più di una volta, hanno tributato a Gratteri applausi scroscianti. 

La visione

«Negli anni ’90 - ha introdotto l'incontro Gratteri - mentre Riina faceva lo stragismo e la guerra allo stato dimostrando di essere un cretino, non certo uno stratega, perché non aveva una visione. E quella Cosa Nostra non esiste più, ha perso. La ‘ndrangheta, in quel periodo, non aderendo allo stragismo e investendo sul traffico di cocaina ha dimostrato di avere una visione, un progetto, come dimostrano i contatti diretti con la classe dirigente, magistrati compresi, grazie all'introduzione nelle logge massoniche private. Quando al Nord, soprattutto in Lombardia, e in particolar modo a Milano, è emersa la richiesta di coca la ‘ndrangheta ha mandato broker in Colombia per comprarla tutta e poi stabilire il prezzo. La prende al prezzo più basso, 1.000 euro al kg emntre le altre mafie la acquistano a 1800 al kg. Ve lo dico non per il guadagno ma per farvi capire la posizione di leadership che ha la 'ndrangheta in Sudamerica». 

La guerra in Ucraina

«Le armi che l'Occidente sta inviando in Ucraina quando finirà il conflitto dove finiranno? Gli Stati hanno messo il gps nelle armi per capire dove effettivamente vanno? Quando ci fu la guerra in Jugoslavia sapete le armi chi le ha comprate? La 'ndrangheta. La Sacra Corona Unita le andò a comprare in Montenegro e poi le scambiò con la 'ndrangheta in cambio di droga. Per darvi l'idea del giro di affari pensate che al tempo un kalashnikov costava circa 750mila lire, oggi uno STIG circa 30mila euro. Quando il conflitto finirà le mafie ucraine torneranno in patria - perché essendo dei vigliacchi in questo momento sono qui, mica a difendere la patria - e si siederà al tavolo occidentale con le nostre mafie che, naturalmente, andranno a lucrare sulla ricostruzione. Ma per il momento hanno da fare qui. Con il PNRR». 

IL PNRR

«L’Europa dice che non dobbiamo limitare i sub-appalti nell'ambito del PNRR e questa è semplicemente una follia. Perché è lì che si annidano le mazzette, la burocrazia sporca. E nessuno dice nulla in Italia! Nessuno ne parla. Perché? Perché conviene? Perché ci si può "mangiare"? Possiamo darci tante risposte. Con il PNRR la situazione si aggrava, perché il giro di affari potenziali per le mafie si quintuplica. Se ci sono cinque cantieri dove prima ce n'era uno, devono aumentare i controlli. Ma magistrati, polizia, guardia di finanza sono sempre i soliti. E il blocco delle assunzioni del 2010 ha creato una frattura, da una parte i vecchi e dall'altra tanti ragazzi. In mezzo, il vuoto. E di queste situazioni, gravi, non se ne discute mai. Ragioniamo degli influencer... in Italia non c’è nessuno che parla in una prospettiva da qui a cinque anni. Non c’è programmazione, non c'è visione. Siamo deboli in Europa! L’Italia conta come il due di coppe quando la briscola è a bastoni. La sede dell'Interpol è a Lione, quando c'è stata la Brexit e la Gran Bretagna ha dovuto cedere l'Agenzia del Farmaco ce la siamo fatti soffiare dai Paesi Bassi, Gli olandesi sono veloci, svelti, veri mercanti. L'Italia non conta nulla nello scenario internazionale, è da queste cose che si vede la nostra debolezza».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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"Paradisi normativi"

«All'estero ci copiano tutto, tranne le nostre leggi antimafia. Non esistono il 416 bis e altri reati. Le mafie questo lo sanno. E lo sfruttano. Un plafond comune europeo di norme antimafia potrebbe essere una soluzione, ma, evidentemente, non conviene. Manca la volontà. Nessuno in Europa - nessuno - ha interesse a creare una legislazione internazionale antimafia. Perché questo significa controllare il potere, il manovratore. E nessuno vuole essere controllato. È necessario avere, sempre nel rispetto della Costituzione, un sistema giudiziario integrato e proporzionato alla realtà criminale». 

«Senza contare le leggi sulla privacy, un muro che si alza ogni volta che si vuole fare qualcosa di serio e stringente. Faccio un esempio pratico: in Europa non esiste il limite al contante. C'è solo una direttiva che "invita" gli Stati a non consentire transazioni economiche superiore a 10mila euro. Un invito... e così io posso andare a Francoforte con una valigia di 10mila euro, comprare un'Audi senza che nessuno mi chieda dove ho preso quei soldi».

«Il limite al contante è utile perché colpisce la piccola e la media corruzione ma, in ogni caso, non va a colpire in modo sufficiente il grande traffico. Per anni abbiamo parlato di "paradisi fiscali" ma oggi sarebbe opportuno parlare di "paradisi normativi". L'Austria, per esempio, è uno degli stati meno collaborativi per quel riguarda il riciclaggio. Per non parlare di Malta, dove hanno sede legale tantissime aziende fantasma».

Lo "stage" per entrare nella 'ndrangheta

«La 'ndrangheta è forte e radicata perché ha mantenuto il vincolo di sangue.  Ma per entrare la "selezione" è dura: il giovane che vuole entrare nell'organizzazione, che viene definita 'contrasto onorato' (i contrasti, per capirci, siamo tutti noi) deve fare quel che potremmo definire uno stage al fianco di uno 'ndranghetista. Ad essere valutata è soprattutto la cieca obbedienza. Se davanti a un ordine si pongono domande o chiarimenti, si è già fuori. La 'ndrangheta, poi, ha un suo tribunale interno, un codice di procedura penale, le sanzioni con tanto di "avvocati". C'è un solo grado di giudizio e la sentenza è immediatamente esecutiva. Esiste anche la grazia».

Le mafie e i giovani

«Tutta la Cosa Nostra narrata nei film e nella saggistica non è mai esistita. Il Padrino è una storia inventata, per esempio. Un capolavoro, certo, che però ha fatto tanti danni nella società. Come altre fiction. Non capirò di arte ma capisco di etica e conosco i ragazzi e le nuove generazioni. Un film violento, dove la violenza è un valore, è dannoso. I giovani, oggi, mi sembrano molto ignoranti. Pensano di essere colti perché hanno internet e pensano di saper scrivere ma solo perché hanno il T9. Questo mi dispiace e mi rattrista. Ci rende meno competitivi sul mercato, soprattutto con l’Europa dell'est. Stiamo perdendo tanto terreno. Non siamo più performanti. Lasciate stare le eccellenze, come questa Università, guardate il Paese nella sua interezza. Bisognerebbe investire in istruzione e cultura, ma soprattutto sulla prima perché senza non ha senso la seconda. Servono scuole a tempo pieno. Pagare di più gli insegnanti e averne molti di più in organico. Ai giovani do un consiglio: trovate un pomeriggio per andare in un centro per tossicodipendenti, parlate con loro, chiedete come hanno iniziato, come ci sono arrivati e se sono favorevoli alla liberalizzazione. Posso anche rinunciare a qualche giornata per la legalità per questo, è molto importante». 

La riforma Cartabia e i problemi della giustizia italiana

«La Riforma Cartabia, involontariamente, ha fatto e farà, disastri enormi. Ha creato grandissime ferraginosità, la “ghigliottina” per i processi. Ma l’Europa ci ha detto di velocizzarli i processi, non di non celebrarli. La stampa, poi, oggi è limitata nella sua attività di informazione. I cittadini non possono sapere cosa è successo nella notte e chi è stato arrestato, specie se persone sono di rilevanza sociale, come i politici. Io rimprovero i direttori e i proprietari dei giornali: perché non hanno protestato? Io procuratore non posso parlare ma l’avvocato difensore dell’arrestato sì, può dire che un asino vola senza timore di essere smentito dalla controparte».

«La giustizia riparativa? Utile, ma di dettaglio. Avremmo bisogno di cose ben più significative. Non un approccio morale-etico ma economico. Delinquere deve diventare non conveniente. Ci sono cose, davvero semplici, che si potrebbero fare in un'oretta: la riassegnazione dei magistrati fuori ruolo per tamponare i buchi in organico, l'introduzione dei tribunali distrettuali e l'ottimizzazione delle risorse. Ci sono tribunali a 25 km di distanza, Procure inutili, facciamo sinergie. Sono cose banali, ovvie. Ma non si fanno». 

La speranza

«La cosa più bella che ho lasciato in Calabria è la speranza. C’erano un sacco di persone rassegnate. Siamo stati credibili, abbiamo lavorato sodo - oggi ci ci sono giovani magistrati formati, anche psicologicamente - abbiamo dato fiducia. Ogni giorno davanti a me avevo centinaia di persone pronte a denunciare, anche boss importanti. Abbiamo instillato il tarlo che “si può cambiare”. I calabresi non sono omertosi, non sapevano con chi parlare». 

La libertà

«L’esposizione personale aumenta esponenzialmente col tempo e così la libertà fisica diminuisce.  Una persona riesce a superare questa difficoltà solo se sei convinto di essere nel giusto, e di fare qualcosa di importante e utile che produce una maggiore vivibilità del territorio. E anche se non posso fare molte cose fuori, dentro mi sento libero perché posso dire quello che penso. E se non posso dire la verità sto zitto. Questa per me è la libertà». 

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