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Parigi 2024 e Milano Cortina 2026, verso le Olimpiadi della parità

05 luglio 2024

Parigi 2024 e Milano Cortina 2026, verso le Olimpiadi della parità

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Tra una ventina di giorni, alle Olimpiadi di Parigi, per la prima volta nella storia dei cinque cerchi sarà raggiunta la parità di genere. Le atlete saranno 5.250, e rappresenteranno il 50 per cento degli atleti totali. Una première assoluta, dopo 128 anni dall'inizio dei Giochi dell'era moderna. «È una bella accelerata ma il percorso per stabilire la parità nello sport è ancora lungo, per questo l’alleanza tra il mondo sportivo e i media è fondamentale» commenta Claudia Giordani, vicepresidente del Coni e medaglia d'argento nello slalom speciale ai Giochi olimpici invernali di Innsbruck ‘76, durante il corso di formazione “Verso le Olimpiadi della parità”. L’incontro, dedicato ai giornalisti e aperto a tutti, è stato voluto all'Università Cattolica dall’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed), in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e Fondazione Milano Cortina 2026, ed è stato organizzato dal progetto #100esperte, promosso da Gi.U.Li.A. Giornaliste e dall’Osservatorio di Pavia con il sostegno di Fondazione Bracco.  

«Siamo all’avvio di Parigi 2024, abbiamo raggiunto il 50 per cento di atleti e il 50 di atlete. Ma facciamo un passo indietro» dice Marco Lombardi, direttore della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica. «Il simbolo stesso di queste Olimpiadi consta di una medaglia d’oro, quella a cui tendono tutti gli atleti, di una fiamma olimpica che spinge ciascun atleta a concorrere, e soprattutto di un volto di donna. È il volto della Marianne, un simbolo molto discusso, che per la Francia ha un significato molto chiaro: eguaglianza, libertà e fraternità». E allora, in un’Olimpiade che per la prima volta raggiunge la parità di genere, «il simbolo della Marianne sottolinea il fatto che la donna sta prendendo il posto che le spetta» prosegue Lombardi. «La decodifica dei simboli è il lavoro che spetta alla narrativa dei giornalisti, quindi toccherà soprattutto ai cronisti che seguiranno l’appuntamento olimpico essere attenti affinché le donne non siano messe in paragone, ma abbiano la loro dignità di atleta proprio come la Marianne l’aveva sulle barricate».

 

Un’altra prima volta, sottolinea Giordani, è quella delle inedite borse di studio che sosterranno cinque atlete mamme alle prossime Olimpiadi: la fiorettista Arianna Errigo, la marciatrice Eleonora Giorgi, la triatleta Alice Betto, la pentatleta Alice Sotero e la sciabolatrice Irene Vecchi. «I giochi sono un momento meraviglioso ma anche difficilissimo da raccontare» spiega Diana Bianchedi, Chief Strategy Planning & Legacy Officer di Fondazione Milano Cortina 2026, vincitrice della prima medaglia d’oro olimpica per una squadra femminile italiana a Barcellona ‘92 e oro anche a Sydney 2000 nel trio del fioretto delle meraviglie con Giovanna Trillini e Valentina Vezzali. «Ogni atleta ha un countdown sul proprio comodino» prosegue Bianchedi. «La paura di un atleta non è non vincere, ma quella di prendere uno spiffero in aereo, o una semplice storta in allenamento. Gli occhi di un atleta cambiano prima delle Olimpiadi, perché sa che sta entrando nella storia». 

Anche sulle Paralimpiadi «c’è tanto lavoro da fare», ma a Parigi la parità di genere compie un altro passo avanti: il numero record di 236 medaglie per le donne e almeno 1.859 posti per le atlete sono la vetta più alta nella storia dei Giochi Paralimpici. Il testimone passerà poi ai Giochi di Milano Cortina 2026, che saranno l’edizione invernale più gender balanced della storia con il 47% di partecipazione femminile e 50 eventi femminili. Un’edizione alla quale sogna di partecipare anche Chiara Mazzel, sciatrice classe 1996, il cui motto è: “Se si vuole si può tutto, sempre avanti e mai mollare”. Chi conosce la sua storia, sa bene perché. «Fino a 16 anni vedevo benissimo» racconta, nell’aula dell’Università Cattolica. «Un giorno, quando avevo 16 anni, ho quasi rischiato di investire dei pedoni con il motorino. Non li avevo visti per nulla. Dopo gli esami, i medici mi hanno diagnosticato un glaucoma. Da allora mi sono chiusa in me stessa, e dentro la mia camera. Poi ho capito che lo sport poteva essere il mio punto di svolta. Ho finalmente accettato la mia disabilità e ho fatto di tutto per diventare un’atleta di livello internazionale. Nell’inverno 2022/2023 ho conquistato i primi podi, e a gennaio ho conquistato tre medaglie d’oro ai Mondiali di Espot in Spagna. Nella discesa libera, nel gigante e nella supercombinata».  

Un articolo di

Francesco Berlucchi

Francesco Berlucchi

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Lo sport paralimpico, spiega la sciatrice trentina, è un mondo che vive un interesse molto limitato sia da parte dei media sia degli sponsor. E questo combinato disposto ne inficia inevitabilmente la crescita. All’incontro, moderato da Luisella Seveso, hanno partecipato anche Gaela Bernini, segretaria generale di Fondazione Bracco, Monia Azzalini, responsabile del settore media e genere dell’Osservatorio di Pavia, Sergio Giuntini, presidente della Società italiana di Storia dello sport e la giornalista Mimma Caligaris. «Ragioniamo sul tema della qualità dell’informazione» afferma Paola Abbiezzi, direttrice didattica del master Comunicare lo sport, inserita nel 2023 tra le #100esperte per lo sport, insieme ad altre due docenti dell’Università Cattolica, Chiara D’Angelo e Christel Galvani. «C’è una responsabilità davvero grande in capo a chi opera in questo settore» continua Abbiezzi. «Lo sport ha dalla sua un vantaggio enorme: riesce a raggiungere le più ampie fasce di pubblico, molto più di quello che riescono a fare gli altri settori dell’informazione. Il racconto sportivo può promuovere narrazioni di progresso, e mettere in luce nuovi modelli di ruolo. Oppure, al contrario, può perpetuare stereotipi e cliché profondamente radicati». 

«È dovere dei giornalisti non usare un linguaggio offensivo nei confronti della dignità delle donne» spiega Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica, facendo riferimento alla storica Sentenza decalogo del 1984 con la quale la Corte di Cassazione ha chiarito i limiti del diritto di cronaca. E aggiunge: «Sarebbe azzardato considerare concluso il percorso verso le pari opportunità nel mondo dello sport. Permangono squilibri e discriminazioni ai danni delle donne. Il mondo dei media può dare un prezioso contributo, narrando in modo corretto gli eventi sportivi. Quattro anni fa l'Ordine nazionale dei giornalisti ha inserito nel Testo unico dei doveri professionali anche un articolo sulle differenze di genere, che vieta ai giornalisti di usare stereotipi, espressioni e immagini lesive della dignità delle donne. E impone loro un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole, ispirato all'essenzialità del racconto».

Nell'ambito della cronaca degli eventi sportivi, spiega Razzante, questi precetti si traducono nel «divieto di utilizzare un linguaggio sessista o discriminatorio», nel «dovere di proteggere soggetti fragili come i minori» e nella «raccomandazione a prendere le distanze da scontri verbali che tolgono equilibrio all'informazione e infangano la figura femminile».«Pur con tutti i suoi difetti, anche in tema di parità di genere, lo sport è anni luce avanti se comparato al resto della società» chiosa Novella Calligaris, la prima tra gli atleti italiani a vincere una medaglia olimpica nel nuoto e la prima a stabilire un primato mondiale, negli 800 stile libero. «Avevo 13 anni quando ho partecipato alle mie prime Olimpiadi, ai Giochi Olimpici di Città del Messico. Non ho capito bene che cosa fossero, pensavo fosse Disneyland. Però fu un’esperienza straordinaria, perché lo sport ti mette a contatto con gli altri. E ti insegna a organizzare al meglio le giornate». Di più: i Giochi olimpici sono sempre più rilevanti per il progresso culturale, e per l'affermazione stessa dei valori dello sport. Tra cui, appunto, la parità di genere. 

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