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Per un laboratorio dell’amministrazione condivisa

19 marzo 2024

Per un laboratorio dell’amministrazione condivisa

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In questi anni stanno trovando diffusione e riconoscimento nuove forme di co-design delle politiche pubbliche, attraverso co-programmazioni, co-progettazioni e molti altri strumenti innovativi che coinvolgono enti del non profit in prima battuta. Un modello di “amministrazione condivisa”, che va oltre la cura dei soli beni comuni, per abbracciare quella del bene comune. Le politiche pubbliche possono così diventare patrimonio comunitario, uscendo dall’egemonia della pubblica amministrazione. Una sfida per la costruzione di politiche pubbliche centrate sulla persona e sui reali bisogni della società, mettendo in campo uno sforzo corale, con un patrimonio di saperi e di saper fare.

A spiegare che cosa sono queste nuove forme di gestione amministrava dei beni comuni è la ricerca multidisciplinare, curata dalla professoressa Barbara Boschetti e raccolta nel volume dal titolo “Per un laboratorio dell’amministrazione condivisa” (Collana Quaderni Terzjus 4, ESI, Napoli, 2024), presentata lunedì 11 marzo in Università Cattolica da un nutrito parterre di esperti. «Sono temi di grande interesse per la nostra Università che si ispira ai valori del solidarismo cattolico in relazione ai servizi pubblici, e in tal senso crea un bisogno di conoscenza, di approfondimento e di attuazione», ha detto il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, che nel suo intervento ha apprezzato il richiamo al termine “laboratorio”.

In effetti, nella nostra società il benessere collettivo non può essere pensato solo come esito della pubblica amministrazione «ma deriva dall’interazione di una pluralità di soggetti pubblici e privati fino ad arrivare ai singoli cittadini attivi», ha affermato il professor Gianpaolo Barbetta, coordinatore della laurea magistrale in Politiche pubbliche.

Ha fatto leva sul tema del volontariato Fabrizio Palenzona, presidente della Consulta delle Fondazioni bancarie piemontesi e liguri. «Il mondo delle fondazioni e quello del terzo settore esprimono amore per il prossimo in un impegno importante in termini di tempo e di disponibilità per il servizio alla comunità in quanto le esigenze della società aumentano sempre più e meritano risposte che il pubblico non è in grado di dare». Di qui la necessità della formazione della classe politica che sappia rispondere alle aspettative del Paese.

La rilevanza della normazione per questi grandi processi di trasformazione sociale è stata evidenziata da Felice Scalvini, consigliere della Fondazione Terzjus, che ha definito il codice del terzo settore «un grande sforzo di innovazione normativa». Nella prima sessione dell’incontro, a discutere i risultati della ricerca, presentata da Barbara Boschetti dell’Università Cattolica, sono stati il giudice costituzionale Luca Antonini, il direttore del MLPS con la responsabilità del Terzo settore Alessandro Lombardi e la portavoce del Forum del Terzo settore Vanessa Pallucchi, moderati da Elisabetta Soglio, responsabile dell’inserto Buone Notizie del Corriere della Sera.

Il metodo scientifico utilizzato nella ricerca è stato quello multidisciplinare: ogni studioso ha portato la peculiarità della sua disciplina con intento progettuale. L’amministrazione condivisa non è patrimonio dell’amministrazione pubblica o del terzo settore ma di tutta la comunità. Occorre elaborare un welfare in dimensione personalista, per cui, secondo la nota espressione di Giorgio La Pira, non è la persona per lo Stato, ma lo Stato per la persona. Si tratta di una nuova visione culturale più vicina alle attuali esigenze, che si distacca da quella hobbesiana dell'homo homini lupus. Così la pubblica amministrazione dialoga con il mercato, che rappresenta il mondo degli egoismi, valorizza la categoria della non lucratività, porta alla centralità della persona, getta un ponte tra la pubblica amministrazione e la società. Il terzo settore educa al bene comune e fa da ponte con la politica per darle un’anima. Va ristabilito quel dialogo di prossimità, fatto di buone pratiche di vicinanza che alla fine riscoprirà il ruolo della politica declinando l’intervento pubblico in sinergia con quello privato tra co-programmazione e co-progettazione, trasparenza dei nuovi processi, sguardo che va oltre i confini dei propri statuti, per un nuovo approccio culturale che parte dalla competitività e arriva alla collaborazione.

La seconda sessione di discussione, guidata dal segretario generale di Terzjus Gabriele Sepio, ha affrontato il tema degli sviluppi dell’amministrazione condivisa a partire dalle rilevazioni effettuate con le attività del laboratorio di Terzjus. Luciano Gallo, esperto di ANCI Emilia-Romagna, Gianfranco Marocchi, co-direttore di Impresa sociale e Marisa Parmigiani, direttrice della Fondazione Unipolis, si sono cimentati con le prospettive future dell’amministrazione condivisa, gli ostacoli da superare e le opportunità da cogliere.

L’amministrazione condivisa esprime un dialogo che lega non solo la pubblica amministrazione e il terzo settore ma tutti gli stakeholder dell’economia sociale, producendo valore anche in un sistema non economico e non competitivo caratterizzato da coerenza e funzionalità degli strumenti più appropriati messi a disposizione. La co-programmazione è lo strumento per valutare le politiche territoriali di ampio respiro. L’amministrazione condivisa è il baluardo di salvaguardia del sistema di welfare. Il diritto ha un ruolo importante nell’iter procedimentale e nelle dinamiche relazionali per superare la paura della novità.

Ha concluso i lavori il presidente della Fondazione Terzjus Luigi Bobba che ha individuato negli spunti emersi dal dibattito il prologo per la nuova fase del laboratorio. «Pubblica amministrazione e terzo settore hanno bisogno di facilitatori, sono due aree, con potenzialità e criticità, che devono proseguire il loro cammino in quanto hanno una comunanza di scopo, tendono verso la stessa meta, non c’è una contrapposizione di interessi. E su questa comunanza e sulla relativa competenza generativa va perseguito il loro cammino».

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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