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"Prima dei fatti", il diario pubblico di Sergio Zavoli

10 febbraio 2021

"Prima dei fatti", il diario pubblico di Sergio Zavoli

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Prima dei fatti è il titolo della rubrica di Sergio Zavoli, che veniva pubblicata quotidianamente sulla prima pagina di Avvenire negli ultimi mesi del 2015. Un diario pubblico, nel quale il giornalista intrecciava con delicatezza i fili della memoria e dell’attualità, in un continuo susseguirsi di incontri, divagazioni e improvvise accensioni poetiche.

Riunite ora nel volume edito da Vita e Pensiero, le parole di Prima dei fatti restituiscono una «riserva di umana ed esplicita libertà», come sottolinea nella sua introduzione il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Sono, inoltre, la conferma di una vocazione alla scrittura nella quale l’urgenza della cronaca va sempre di pari passo con la profondità della letteratura, secondo la dinamica indagata da Rosita Copioli nel saggio che suggella questa edizione. Ma Zavoli era anzitutto «un credente nel senso “grammaticale” del termine», sostiene il cardinale Gianfranco Ravasi nella sua appassionata rievocazione dell’ “amicizia implicita” con il reporter: «Il participio presente ammonisce, infatti, che non si crede una volta per sempre».

Le sue esperienze portano alla luce una trama di fatti reali e di cronache, riproponendo le questioni basilari emerse dalle sue inchieste, con luci e ombre, ma sempre con la pacatezza che distingue Zavoli.

L'infanzia a Rimini, le immagini dell'Italia bombardata e della rinascita nel dopoguerra, l'amicizia fraterna con Federico Fellini, il lavoro di scavo nella realtà drammatica degli Anni di Piombo sono alcuni degli elementi ricorrenti in questo zibaldone dal quale affiora con insistenza l'interrogativo su Dio. Con una prosa di qualità letteraria, questi nuovi elzeviri svelano il volto più intimo di Zavoli, quello del poeta in continua ricerca, che non si sottrae allo scandalo del dolore nella storia e che proprio per questo riesce sempre a ritrovare il filo della speranza.

All’interno del pezzo ‘Comunicare non è solo parlare’ il giornalista esprime anche un’importante verità sulla situazione della comunicazione: ci sentiamo tutti collegati e contorniati di parole, ma mai come adesso è diventata fondamentale la letteratura come strumento di collegamento in una continua frantumazione digitale. Zavoli non voleva che le sue parole risuonassero come un eco lontano; dovevano essere parole presenti, che battessero il tempo della realtà.

Non ha mai ignorato il dispiegarsi della modernità e il suo investire i giovani e le fasce più deboli della popolazione, perché il futuro corre veloce e non aspetta, anche se permane l’illusione che «le risorse potessero essere infinite».

Nel congedo lascia una sorta di testamento spirituale, una traccia del suo passeggiare nel mondo dove tutto si tiene insieme grazie all’amore e al fatto che nessuno vive solo per il singolo: «Ho raccolto brevi tracce della realtà - scrive Zavoli - facendone una filiera che non appartenesse alla pretesa di raccontare soltanto storie mie, mentre la vita è seme e pianta, tronco e rami. Di tutti, e di ciascuno».

Un articolo di

Mattia Giangaspero

Scuola di Giornalismo

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