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Quirinale, il romanzo che tiene l'Italia con il fiato sospeso

17 gennaio 2022

Quirinale, il romanzo che tiene l'Italia con il fiato sospeso

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L’elezione del Presidente della Repubblica rappresenta un appuntamento significativo per la vita politica del nostro paese. Rispetto al passato, l’imminente scelta del successore di Sergio Mattarella sembra coinvolgere in maniera piuttosto vivace anche i non addetti ai lavori. Ne è una dimostrazione l’ormai frequente utilizzo dell’espressione “romanzo Quirinale” per riferirsi alle febbrili trattative in corso, come se queste fossero parte di una grande fiction che ci vede tutti coinvolti a commentare i colpi di scena, a interpretare l’ennesima indiscrezione, a scegliere tra estenuanti totonomi. Per un verso, tutto ciò è l’esito estremo della mediatizzazione della politica e, in fondo, rappresenta anche un segnale positivo perché testimonia comunque un interesse verso il mondo della politica. L’attenzione è più che giustificata: il futuro della democrazia italiana dipenderà in gran parte dalle scelte che verranno prese sul Colle.

Per un certo lasso di tempo dopo l’avvio della Seconda Repubblica, si è creduto che la funzione principale del Capo dello Stato fosse quasi esclusivamente notarile. L’apparente consolidarsi di uno schema bipolare induceva infatti a collegare la scelta del capo del governo all’esito delle elezioni, con il Quirinale impegnato semplicemente a certificare la correttezza di tale corrispondenza. La storia è però andata in un’altra (prevedibile) direzione.

Ne sono un esempio le ultime due legislature, durante le quali sono nati (per ora) sei governi. Qualcuno si è spinto a dire che si è tornati alla Prima Repubblica. Ma a differenza di allora, e specialmente rispetto alla legislatura in corso, le maggioranze parlamentari sono molto più eterogenee nella loro composizione. E i partiti non sono affatto strutturati (organizzativamente e ideologicamente) come quelli di qualche decennio fa. In questo contesto, si è rivelato inevitabile l’allargamento della “fisarmonica” dei poteri del Presidente della Repubblica, soprattutto nella gestione delle crisi di governo e nell’indirizzare alcuni iter legislativi.

Può sembrare superfluo ribadirlo, ma tale caratteristica del Capo dello Stato è cruciale per il nostro sistema politico e si rivelerà ancora una volta tale nei prossimi mesi, qualsiasi scenario si paleserà. È d’altronde un effetto previsto dalla Costituzione e rispecchia la natura flessibile del nostro sistema istituzionale.

Semmai, una simile consapevolezza dovrebbe spingere i partiti a ripensarsi profondamente perché, specie all’interno di una democrazia parlamentare, la loro conformazione non può limitarsi a quella di comitati elettorali che si attivano qualche settimana prima delle elezioni. Rispetto a questo punto, saranno determinanti anche altre variabili, come la legge elettorale e la natura delle leadership che ne orienteranno l’azione. Ma è ormai evidente che le difficoltà nel formare maggioranze parlamentari, nell’adottare politiche pubbliche coerenti e persino nell’individuare i possibili candidati alla carica più alta della Repubblica sono i sintomi dello stato di salute del sistema partitico.

L’auspicio è che il nuovo settennato, da un lato, confermi l’autorevolezza del Colle, soprattutto nella gestione dei momenti più difficili che inevitabilmente emergeranno e, dall’altro, accompagni la creazione di un rinnovato equilibrio tra le istanze della società e le relative rappresentazioni politiche. Sono due elementi rilevanti perché determinano la qualità della nostra democrazia.

Un articolo di

Antonio Campati

Antonio Campati

Ricercatore di Filosofia politica - Università Cattolica

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