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Romano Prodi: i miei anni in Cattolica dove è cominciato tutto

10 giugno 2021

Romano Prodi: i miei anni in Cattolica dove è cominciato tutto

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Desta compiacimento il fatto che Romano Prodi, un uomo delle istituzioni che ha ricoperto rilevanti incarichi a livello nazionale e internazionale, abituato ad essere presente sui maggiori quotidiani e periodici nazionali, abbia scelto proprio il “Notiziario della comunità del personale dell’Università Cattolica” per portare la sua riflessione ed esperienza sugli anni trascorsi come studente in Cattolica (dove si è laureato in Giurisprudenza nel 1961 con il professor Siro Lombardini), nell’ambito della rubrica “I cento archi dell’UC (1921-2921), ideata in occasione del Centenario per dare l’opportunità a dipendenti in pensione, docenti, alumni di vecchia data, di offrire un contributo esperienziale circa il loro rapporto e il loro legame con l’Ateneo dei cattolici italiani.

Su sollecitazione delle domande proposte da Nicoletta Oltolini, segretaria organizzativa del Cranec, e attingendo ai suoi ricordi personali, Romano Prodi ha ricostruito ambienti di lavoro e di collaborazione, scuole di accademia, valutazioni sull’attualità e sulla situazione internazionale anche nella prospettiva del volontariato.

L’esperienza che ha rafforzato la sua formazione universitaria è stata quella del Collegio Augustinianum: «Il collegio e la vita di quegli anni rappresentano un percorso importante per la mia formazione. Erano gli anni in cui si arrivava dalla provincia, con tutti i problemi, i difetti e i limiti della provincia italiana di quel periodo. Così all’improvviso ci si ritrovava in un ambiente intellettualmente vivace, pieno di possibilità di confronto. L’università rappresentava lo strumento per la formazione a tutto tondo, alimentata dall’esperienza del collegio, dall’ambiente che si era creato caratterizzato dalla vivacità del mondo cattolico di allora. Erano gli anni del Concilio quando si discuteva dei cambiamenti in atto, dei pregi e dei difetti in una discussione aperta ma condivisa da tutta la nostra classe di età. Un esercizio di dialogo e di confronto, anche religioso, che oggi non vedo più ripetersi così spesso. Anni importanti non solo per l’Università Cattolica ma per il mondo cattolico in generale. Anni in cui sono nate e si sono consolidate tante amicizie durate una vita».

Il legame con l’Università ad oggi si sostanzia proprio nel rapporto con il Collegio e con gli antichi compagni, che hanno fatto anche parte della sua squadra di Governo, e con i quali il rapporto amicale è sempre stretto: «Penso a Giovanni Maria Flick, Tiziano Treu e ad altri che facevano parte della squadra dei miei Governi, sempre riconosciuta per la sua preparazione e non per i rapporti personali intrattenuti tra gli stessi. Persone che si erano fatte strada da sole negli anni ma che avevano frequentato tutte la stessa Università e quindi anche questa è la dimostrazione che era una buona scuola».

Uno dei suoi crucci, nell’anno della pandemia, è il non aver partecipato alla consueta riunione annuale dell’Associazione Agostini Semper (che causa Covid non si svolta), alla quale è stato sempre presente qualunque fosse la sua occupazione del momento.

Dato che l’intervento è sul periodico del personale amministrativo dell’Ateneo, un riferimento è andato ai suoi ricordi di studente della “macchina” organizzativa della Cattolica che «aveva sicuramente una marcia in più di quella di molte altre università. Tutto funzionava molto bene. Oggi quasi tutte le università, grazie anche agli investimenti e al progresso della automazione, hanno fatto progressi importanti, ma aver precorso allora i tempi non è certo un merito da poco». Tra i ricordi di Prodi anche la “serietà e professionalità del personale” che riusciva ad ordinare il flusso di migliaia di studenti da tutta Italia: l’organizzazione logistica andava anche a vantaggio della serenità dello studio e dello svolgimento degli esami da parte degli studenti.

Per il Centenario dell’Ateneo sono due gli auguri che l’ex presidente del Consiglio esprime: «Il primo augurio è che il Centenario possa svolgersi in ‘presenza’! Il secondo è che l’eredità di cui abbiamo parlato possa aiutare l’Università Cattolica ad avere anche nel suo secondo secolo una importanza così forte nella società italiana alla quale, con studenti provenienti da tutta l’Italia, ha dato un contributo riconosciuto sia in Italia che all’estero, dove i suoi laureati hanno ben operato. Siamo in un momento difficile del mondo cattolico, dimostrato anche da cose misurabili come la frequenza religiosa e le vocazioni che faticano a dialogare con il mondo in trasformazione». E, poi, ha concluso: «Il mio augurio è quello che la Università Cattolica possa essere un Ateneo in cui si imparano le professioni ma anche in cui si mobilitano le coscienze».

 

Un articolo di

Agostino Picicco

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