Cantone ha poi espresso un giudizio molto critico nei confronti della Legge Obiettivo: «Una legge criminogena. Il general contractor è una delle figure più dannose mai concepite, forse più della corruzione in sé. Non si può affidare un appalto al primo che passa. Si è inventato un termine “burocrazia difensiva” che non esiste in nessun diritto del mondo. Ma la medicina difensiva, da cui è mutuata, è un’altra cosa. E nessuno dice una parola».
Grande preoccupazione anche sullo stato attuale dell'Anac, autorità di cui è stato presidente al momento della sua creazione: «Nominare alla sua guida l'ex Garante della Privacy - ha detto Cantone - è come chiamare la volpe a far la guardia al pollaio perchè il Garante della Privacy, in questo momento, è una iattura per il Paese, è un ostacolo alla trasparenza. Questo, sia chiaro, lo dico con enorme rispetto per l'attuale presidente contro cui non ho nulla e che, anzi, sta facendo un ottimo lavoro. Ma la volontà politica è chiara, si vuole "normalizzare" l'Anac e renderlo un ente come tanti. C'è l'obiettivo di ridimensionare un organismo che, forse, si era allargato troppo. In ogni caso il peggior nemico dell'Anac non è stata la politica ma la magistratura, secondo cui si può intervenire realmente sulla corruzione solo con le intercettazioni».
Nel suo intervento il professor Gabrio Forti ha poi ricordato l'importanza del reato di abuso di ufficio: «E’ un "reato sentinella" dietro al quale si può disvelare la corruzione vera e propria e scoprire scenari ben più gravi».
Il direttore della ASGP ha poi messo in guardia dalla deriva del cosiddetto "populismo penale": «C'è questa tendenza a introdurre sempre nuovi reati e figure ex-novo. Crearne sempre di nuovi in cambio di consenso. E così ci dimentichiamo di agire per applicare quelli che ci sono già».
«Le leggi spesso sono scritte male e velocemente - ha aggiunto Nicoletta Parisi - e la fretta non sempre è buona consigliera. Non facciamo manutenzione della legge, dopo dieci anni, un legislatore coscienzioso vede cosa non funziona e si adopera per correggerla. Per questo è importante investire sulla formazione. Non c’è cura della messa a terra della norma. Prevale la cultura del fare, il principio del risultato a tutti i costi, senza momenti di riflessione».
Sollecitato dalle domande del pubblico presente Cantone si è poi soffermato su un aspetto della Legge Cartabia, quella che regola le comunicazioni della giustizia nei confronti della stampa: «Interviene su quel che possiamo definire "circuito mediatico giudiziario" e sui "rapporti malati" tra avvocati, procure e forze di polizia. È importante stabilire una comunicazione ufficiale che, mi rendo conto, in questo momento forse è eccessivamente irregimentata. Noi come Procura della Repubblica di Perugia diramiamo quasi mille comunicati. Il problema non è la norma ma la sua interpretazione. Per me è un grande passo in avanti verso la massima trasparenza».
Inevitabile un dibattito tra i relatori su cui, opionione ampaiamente qualificata, è quella proprio del moderatore del dibattito Luigi Ferrarella, uno dei più esperti cronisti di giudiziaria: «La norma non è un problema in sè e le criticità esposte da Cantone sono corrette, tuttavia, nei fatti, provocano un’ulteriore opacità. Ma questo è tema di un discorso ben più ampio».