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Se la guerra la subiscono i bambini

19 dicembre 2022

Se la guerra la subiscono i bambini

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La guerra, oltre alla distruzione, porta con sé traumi: questo è stato il tema della lezione aperta “I bambini di fronte alla guerra. Il lavoro psicologico di prevenzione, supporto e cura” svoltasi mercoledì 14 dicembre nell’Aula Leone XII dell’Università Cattolica.

«Il lavoro sul trauma non si fa mentre l’evento traumatico è in corso perché per elaborare il trauma io devo essere in una situazione di sicurezza fisica e psicologica»: così ha commentato Chiara Ionio, docente del corso di Psicologia delle Relazioni Traumatiche. La professoressa ha spiegato come la guerra sia un trauma collettivo che va a toccare un’intera popolazione indifferentemente da età, genere e stato economico, impattando profondamente sulle vite delle persone e in primis i bambini: «Nell’ultimo decennio i conflitti armati hanno ucciso 2 milioni di bambini, resi invalidi 4-5 milioni, 10 milioni hanno avuto traumi psicologici seri, un milione di orfani e 12 milioni senza casa».

Tra gli ospiti c’era anche chi è stato in prima linea: Matteo Mangiagalli, psicologo della Fondazione Soleterre, che il 10 marzo è andato in Polonia nei centri di accoglienza al confine con l’Ucraina. «Ci siamo occupati – ha raccontato – soprattutto del pronto soccorso psicologico con l’aiuto anche di una traduttrice. Abbiamo cercato di costruire qualcosa in un contesto molto caotico, senza un coordinamento». Gli operatori di Soleterre hanno collaborato con traduttori e alcune rifugiate ucraine che erano psicologhe per superare le barriere linguistiche, raggiungendo ben 3117 beneficiari del loro servizio. Soprattutto, Mangiagalli ha spiegato come l’integrazione degli ucraini in Polonia sia stata molto complicata perché loro erano stati forzati a lasciare il proprio Paese, «loro vogliono tornare a casa e farlo il prima possibile».

Ma la complessità della guerra è più difficile da raccontare ai bambini. Per questi casi, come ha raccontato la professoressa Emanuela Confalonieri, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione, si possono impiegare i cosiddetti silent book, cioè libri che raccontano storie attraverso i disegni, quindi senza l’uso delle parole. Con il libro realizzato da Redipsi e Unicef, insieme allo Ied, l’obiettivo era di spiegare ai bambini cosa sono i «diritti e come la guerra vada a negare certi diritti». Come ha chiarito la professoressa Confalonieri, accompagnata da Gabriella Scaduto – psicologa, psicoterapeuta e presidente di Redipsi – questi prodotti forniscono una spiegazione semplice anche rivolta al mondo adulto, che spesso non sa come parlare di questi temi, come affrontarli.

Alla lezione aperta hanno preso parola anche Damiano Rizzi – psicologo, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Soleterre – Tetiana Molodii – psicologa e membro della Fondazione Soleterre – e Francesca Giordano, dell’Unità di Ricerca sulla Resilienza (RiRes). Invece, in chiusura è intervenuto Luca Milani, coordinatore della laurea magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi di Tutela, che ha ricordato «il traumatismo secondario dell’esposizione alle notizie, dell’esposizione alle immagini, dell’esposizione immaginativa». Riprendendo il racconto di Mangiagalli, ha evidenziato di come sia importante avere cura anche degli operatori: «Le psicologhe ucraine sono davanti a situazioni potenzialmente traumatiche e anche loro hanno bisogno di supporto». Infine, Milani ha concluso così la lezione, ricordando l’importanza del ruolo: «Lo psicologo non è solo chi prende in carico il malessere, ma anche chi promuove il benessere. Lo psicologo promuove dei diritti, non è elemento neutro della società. Il suo compito non ha una funzione riparatoria, opera affinché la società si evolva per il bene».

 

 


Foto di Nick Tsybenko su Unsplash

Un articolo di

Andrea Miniutti e Lorenzo Mozzaja

Scuola di Giornalismo

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