«Siamo pieni di affetti senza logos, saturi di logos senza affetti, combinazioni totalmente estranee di legami che fanno umano l’uomo». Eppure, «tra le qualità del logos e le affezioni per le cose della vita» c’è una relazione intrinseca. Un rapporto così profondo che, quando viene a mancare, ne «soffriamo endemicamente». Lo testimonia la «cultura contestuale» che, senza questo legame, mostra evidenti «segnali di patimento». Di qui la sfida «indispensabile» e «urgente» che attende tutti noi: appassionarci nuovamente al rapporto fra devozione e riflessione, ordine degli affetti e ordine del logos.
È l’invito che monsignor PierAngelo Sequeri, già preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, ha rivolto lunedì 13 dicembre alla platea raccolta nell’Aula Magna dell’Università Cattolica e collegata in streaming per ascoltare la sua lecture “Il Sacro Cuore di Gesù o degli affetti di Dio”, pronunciata nell’ambito del ciclo di Conferenze “Un secolo di futuro. L’università tra le generazioni” promosso in occasione del Centenario.
«Poeta della teologia», come l’ha definito l’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo monsignor Claudio Giuliodori nella sua introduzione, musicista e autore di opere in grado di guardare ai temi di confine tra scienze religiose, filosofia, estetica, monsignor Sequeri ha mostrato la liricità del suo «animo contemplativo» attraverso una lezione intonata alla «densità» e al «carattere non estrinseco» del rapporto fra Università Cattolica e Sacro Cuore che forma l’intestazione dell’Ateneo. Con un fine preciso: entusiasmare «per un’equazione non risolta», che da questa occasione di celebrazione e dall’approfondimento di questa dizione - “Università Cattolica del Sacro Cuore” - potrebbe ricevere uno «slancio» e offrire una «soluzione».
Una riflessione, quella di monsignor Sequeri, che prende le mosse dal racconto della «grazia ricevuta», da quell’appartamento di corso Venezia in cui sono riuniti padre Gemelli, Armida Barelli, Francesco Olgiati, Lodovico Necchi, dalla caparbietà di “Ida” e dalla sua devozione per il Sacro Cuore, da quel milione donato dal conte Ernesto Lombardo che rende possibile il «miracolo iniziale» con la fondazione dell’Università Cattolica. In tutta questa storia quello che colpisce, ha osservato Sequeri, è proprio la preghiera rivolta al Sacro Cuore per consentire la nascita non tanto di un ordine religioso, di una cattedrale, di un santuario e neppure di una scuola religiosa, monastica, benedettina, bensì di un’università. E si chiede: «Ancora oggi chi si radunerebbe intorno alla devozione del Sacro Cuore per far nascere un istituto di alti studi? Noi che siamo così emancipati saremmo imbarazzati all’idea». Ci deve essere dunque per forza un rapporto più profondo fra questo simbolo e l’icona degli affetti di Dio. Ecco allora l’equazione non risolta. «In questo miracolo iniziale, questa sfida viene raccolta sotto forma di una istituzione che anticipa – e in ciò sta il miracolo – la consapevolezza stessa di ciò che deve significare un profondo rapporto degno dell’uomo e degno di Dio che si deve stabilire fra devozione e riflessione, ordine degli affetti e ordine del logos». Un’equazione, ha aggiunto Sequeri, «ancora impegnativa per noi», la cui soluzione forse è a un «passo dall’essere trovata». Spetta ai giovani il «compito» di farlo aiutati in questo dal terreno che abbiamo preparato per loro in questi secoli di storia.