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Toccare il fondo, imparare, crescere e risalire

08 marzo 2022

Toccare il fondo, imparare, crescere e risalire

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Questa è la storia di Daniel Zaccaro, una di quelle in cui le parole redenzione e recupero sono scritte in maiuscolo e cerchiate in rosso. Una di quelle con il lieto fine, in cui niente però è dato al caso. È il risultato di un percorso lungo, non privo di ostacoli è difficoltà. Uno di quei traguardi belli da raccontare, senza dimenticare però da dove si è partiti.

Daniel lo ha fatto, nell’Ateneo dove si è laureato, la Cattolica, lunedì 7 marzo, in occasione della presentazione del libro dello scrittore Andrea Franzoso che ha raccontato la sua storia in “Ero un bullo” (DeAgostini editore).

E anche qui non è solo. Già, perché sono tante le figure che - nel corso degli anni - lo hanno accompagnato nel suo percorso, dandogli una spinta verso una nuova vita. Da don Claudio ai suoi insegnanti e educatori. Maestri di vita prima di tutto. «Si può sempre scegliere di prendere in mano la nostra vita e portarla nella direzione in cui si vuole. Basta crederci fino in fondo e impegnarsi». Parole e racconti di chi ce l’ha fatta.

Daniel è cresciuto a Milano nel quartiere di Quarto Oggiaro, nella periferia della città. I soldi sono pochi, le tensioni in famiglia tante come anche la voglia di scappare da un mondo che non gli piace e che non sente suo. In cui non sente di avere nulla da perdere. In cui cresce pensando che il fatto che tutti abbiano paura di lui sia un punto di forza, dal momento che lui non ha paura di niente. Gioca anche a calcio, gioca così bene che viene chiamato dall’Inter. Ma la strada che sente sua è un’altra. Quindi arrivano le rapine, le bravate e il carcere minorile. Lo considerano tutti un ragazzo difficile, sbagliato. «Vedevo tutto buio, la comunità, gli educatori e don Claudio mi hanno salvato la vita». Ricordi, di chi ora si è lasciato tutto alle spalle e ha scelto di aiutare i ragazzi partendo dalla sua esperienza.

Se è vero che ogni faccia racconta una storia quella di Daniel la si percepisce in modo forte e chiaro. E non solo dai suoi racconti, ma soprattutto da quelli di chi gli è stato accanto, lo ha aiutato e che ora è orgoglioso dei successi raggiunti. Daniel si è laureato in Scienze della formazione all’Università Cattolica, dove ha avuto modo di conoscere persone fondamentali per il suo percorso di crescita. «Avevo perso fiducia in tutto, studiare mi sembrava inutile. Poi grazie a figure quali il preside della Facoltà Domenico Simeone e i miei docenti, ho scoperto la bellezza del sapere e della conoscenza».

«Studiare ti insegna a capire chi sei». Una delle tante lezioni che ha imparato in Cattolica. Non sono frasi fatte, ma racconti di chi ha assimilato un qualcosa che non gli apparteneva e che è fiero del suo traguardo. Lo percepisci dagli occhi, ancora prima che dalle sue parole. I suoi educatori lo descrivono come un ragazzo attivo, buono che andava solo indirizzato. Questione di riuscire a vedere una luce. «Il ruolo dell’educatore è fondamentale. Bisogna essere bravi a capire quando intervenire con i ragazzi. Ci vuole tempo e una grande sensibilità nel capire i momenti. Ho imparato che quando l’allievo è pronto, allora lì il maestro appare».

La presentazione, a cui hanno partecipato il preside della Facoltà Domenico Simeone, l’assistente ecclesiastico generale di Ateneo monsignor Claudio Giuliodori e il professor Silvio Premoli, docente di  Pedagogia sociale e interculturale, si conclude con un grande grazie da parte di Daniel. Uno di quelli veri, sinceri, che partono dal cuore. «Siamo noi a dover dire grazie a lui» precisa il preside Simeone. Sono tutti d’accordo, consapevoli degli sforzi fatti per arrivare a questo. Emozioni. Di quelle che vedi guardando i presenti negli occhi. Probabilmente si, grazie è la parola migliore con cui si poteva concludere.

Un articolo di

Lorenzo Cascini

Scuola di giornalismo

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