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Tolentino, il cammino è una grande scuola di vita

19 novembre 2021

Tolentino, il cammino è una grande scuola di vita

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La pratica del cammino per immergersi nel flusso profondo della vita, per recuperare lo stupore di fronte alla bellezza che abita ogni luogo, per interrogarsi su ciò che siamo. Perché con «l’andare a piedi assumiamo una condizione di vita più frugale, ci riscopriamo capaci di contemplazione e guariti dalla cecità delle immagini che ci assediano». Insomma, «una semplice passeggiata ci restituisce la pace». È un vero e proprio elogio al cammino quello che ci regala il cardinale José Tolentino Mendonça, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, scrittore, poeta, tra le voci più autorevoli della cultura portoghese e quarto ospite del ciclo di Conferenze “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”, l’iniziativa promossa dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del Centenario. «Con questo incontro che affronta il tema dell’insegnare andiamo verso il cuore delle nostre riflessioni, alle radici della nostra storia e della nostra vocazione», ha dichiarato il prorettore vicario dell’Ateneo Antonella Sciarrone Alibrandi, introducendo l’incontro dal titolo “Insegnare è camminare. La Parola in uscita e l’ospitalità della cultura”.

Ma perché l’«arte del fare cammino» ha da dirci così tante cose su «cosa significa insegnare»? Il cardinale Tolentino lo ha spiegato affidandosi a due storie di vita. La prima è quella dell’ingegnere statunitense Matt Green che ha percorso a piedi le vie dei cinque distretti della città di New York. La lezione da apprendere da questo «pellegrino», ha raccontato Tolentino, non è tanto la distanza ma il modo in cui l’ha percorsa, «sensibile ai dettagli del paesaggio» che normalmente non vediamo, «disponibile all’incontro» e «alla sorpresa». Un’esperienza, quella di Matt Green, che ci insegna a rafforzare il «nostro investimento di fiducia sul mondo» che va apprezzato più che temuto. «Dentro la realtà c’è più bontà pulsante di quanto non supponiamo. Uno dei drammi è il silenziamento della vita: quanto capitale di conoscenza e sapienza nutrono la nostra vita senza che ce ne rendiamo conto! L’esistenza comune nel suo tessuto polifonico è più sorprendete e anche più credibile di quanto noi siamo soliti riconoscere». In altre parole, «il cammino può diventare una vera scuola per lo sguardo, insegnando a superare gli ostacoli a cui troppo facilmente ci rassegniamo».

La seconda storia è legata al libro del geografo ed esploratore Franco Michieli “La vocazione di perdersi. Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti”. La nostra epoca si caratterizza per l’onnipresente tecnologia: non sappiamo viverne senza, né insegnare, né viaggiare. «Oggi un telefonino collegato a Internet fornisce informazioni più dettagliate di un atlante. Il mondo ha smesso di avere bisogno di camminatori». Di qui l’insegnamento di Michieli: «Dimenticare le bussole e gli iPad e utilizzare i nostri sensi nell’osservazione del suolo e delle stelle, permettendo che sia il cammino a rivelarsi e a guidare i nostri passi». Questo perché «esistono forme di conoscenza che non possiamo abbandonare». E Michieli, da geografo e camminatore qual è, lo sa bene: non accetta di rinunciare alla profondità del viaggio e valorizza il contributo che la «perdita» e l’«errore» danno al «processo di acquisizione della conoscenza». Per questo, ha suggerito Tolentino, vale la pena richiamare tre dei suoi principi essenziali: i momenti in cui non si conosce la via sono i più interessanti; quando ci relazioniamo con l’ignoto questo si rivela; non sono i viandanti che vanno incontro alle strade ma le strade che non cessano di andare sempre e di nuovo incontro ai viandanti.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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Due storie che esprimono al meglio la «valenza simbolica» del camminare e il vasto insegnamento che offre. Una capacità di insegnare che il cardinale Tolentino ha descritto attraverso cinque semplici aspetti. Il primo è l’«importanza della conoscenza», intesa come «l’incontro radicale con se stessi» e lo «sconosciuto che ci abita». Il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk dice che il primo compito di uno scrittore è chiudersi in una stanza, rifuggire la consuetudine. Un concetto bene espresso dalla poetessa Emily Dickinson “Esplora te stesso! | Dentro te stesso troverai | il "Continente Inesplorato”.

Il secondo è «recuperare la sensibilità alla vita». Ci troviamo a essere «polivalenti», «iper-moderni», «multifunzionali ma sempre dipendenti da qualcosa» su cui si riflette poco. Talvolta, ha precisato Tolentino, vorremmo che «la vita avesse meno spigoli», «fosse più lineare». Tuttavia, il «contrasto è un dono», un’«opportunità che siamo chiamati a cogliere prestando vigile attenzione a ciò che ci viene detto». Quella stessa vigilanza di cui parla Gesù nel Vangelo.

Il terzo è «attivare l’arte inaugurale dello stupore», che ci obbliga a una «rivisitazione di quanto sappiamo di noi stessi», a «ricominciare come un rinascere». La vita infatti è «un flusso, un accadere sempre aperto, un interminabile atto di nascita».

Il quarto è «accettare il rischio». Credere è rischiare di credere, amare è rischiare di amare. «L’ora della maturità giunge solo quando un essere umano avverte un desiderio forte di assumersi tutti i rischi del proprio essere».

Il quinto e ultimo è «farci diventare complici del miracolo che Dio continuamente fa accadere». Perché «la rovina fatale dell’essere umano si produce quando rinunciamo a collegare la nostra vita a una porzione, seppure minima, di eternità. È allora che i miracoli diventano impossibili e noi moriamo».

Camminare, dunque, una parola semplice ma intrisa di significato. E a cui fornisce ulteriori sfumature don Luigi Verdi, fondatore della Fraternità di Romena, che al termine della lezione ha dialogato con il cardinale portoghese. «Per camminare servono poche cose: uno zaino, il tuo ritmo, lo sguardo». Ciò che cambia nella vita è il «modo di guardare la vita». Basta pensare che quando abbiamo una bella meta da raggiungere «siamo meno stanchi», la fatica la sentiamo meno. Ecco allora il grande valore del cammino: «Si educa camminando, incontrando le persone. Quello che mi ha aiutato a crescere sono quei piccoli frammenti di quelle persone incontrate, rimaste negli occhi e nel cuore più che negli orecchi». La sapienza altro non è se non «intelligenza più cuore», «essenzialità».

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