Da dieci anni Luca Monti, coordinatore del Master MEC-Eventi e comunicazione per la cultura, accompagna gli studenti della Scuola di giornalismo di Ateneo a studiare, leggere, vivere il Festival a Sanremo dalla Sala Stampa “Lucio Dalla”. Anche quest’anno seguiremo con i nostri inviati speciali la 74° edizione della kermesse canora più importante del Paese.
La Sala Stampa “Lucio Dalla”, dedicata al web alle radio e ai nuovi media, è una straripante postazione un centro di discussione effervescente e giovane, più vivace e meno ufficiale del roof della Sala Stampa “numero uno” che accoglie il giornalismo della carta stampata e le testate più vip.
La Sala "Dalla" si trova al Palafiori, dietro la piazza Colombo che idealmente collega il Corso Matteotti del mitico Ariston alla città. Fin da questa distinzione si sente un salto tra generazioni di giornalisti, un divario sensibile anche a livello più macro, uno stile di lavoro molto più istituzionale e anche più solido, a fronte di ragazzi con il portatile appresso, seduti sui gradini di una chiesa, collegati con lo smartphone e le mini-webcam. La Cittadina dei fiori pullula di gente di ogni età, ogni estrazione sociale, si vedono abiti da casinò, gioelli e scollature, lusso, tacchi altri e giacche a vento luminescenti su scarpe da ginnastica nei fast food.
Quest’anno sono cinque i palcoscenici, oltre al teatro proprio, le serate in Piazza Colombo, la nave, l’Aristonello davanti al suo fratello maggiore, e anche Casa Sanremo con i suoi show-case: per tutti i gusti.
Come il Festival sia riuscito ad unire il paese, anche nella gente che scende in Riviera per i giorni della rassegna, è merito di Amadeus e di una strategia di accoglienza che passa anche attraverso le canzonette.
Si discute molto del nuovo mood, di un festival extra large, e soprattutto del successo della selezione, un mix tra sbarbati ventenni punk e senior, ed anche l’ascolto è sempre più numeroso tra i giovanissimi.
In realtà i nuovi punk si dimostrano innocenti e poco aggressivi, il rapper Ghali porta temi sociali e chi è vestito di fiori come Dargen D’Amico parla di migrazione. E però Ricchi e Poveri, Mannoia, Nek e Renga, Negramaro, e non dimentichiamoci di Alessandra Amoroso, Emma, e quell'inconfondibile stile retrò de Il Volo. Questi grandi artisti più noti, non si sottraggono alla scommessa di essere cool, ci fanno ballare, cantare e li riconosciamo come maestri, li avvolgiamo sempre con un misto di desiderio e affetto.
Ci chiediamo, immergendoci nelle note e nelle selezioni di Amadeus, se la musica possa fungere da terreno fertile per avvicinare le generazioni, ricucendo le fratture temporali e creando un ambiente propizio ad una nuova idea dell'Italia. Forse può anche riavvicinare padri e figli, spingendoci a immaginare un futuro armonioso. Negli anni, l'ascolto della musica si è frammentato, con un mare di artisti che, se colgono il giusto pubblico sulle piattaforme, raggiungono cifre da capogiro in un batter di ciglia. Un successo effimero o duraturo?
Un singolo brano può ora portare certificazioni che un tempo sembravano impossibili. Tuttavia, i grandi della musica si trovano a fronteggiare il dilemma di mantenere l'alto standard delle loro carriere, ora sotto il dominio dello streaming. Tiziano Ferro, recentemente, ha confessato che "sono tempi complessi per noi 'zietti della musica". Sulle piattaforme, i numeri non crescono più in modo "automatico" come un tempo con i dischi fisici. La sfida è aperta per tutti, ma la "prova del tempo" rimane.
Ecco emergere un nuovo attore in questo contesto: il dialogo tra diverse generazioni è favorito da codici nuovi e contesti differenziati. Non è raro, aprendo TikTok, imbattersi in brani che un tempo dominavano le hit parade. Un esempio eclatante è dato dai Ricchi e Poveri, pronti a sfidare il Festival di Sanremo, forti della loro "Sarà perché ti amo". Una canzone del 1981 che su Spotify ha oltre 183 milioni di streaming.
Le piattaforme social, soprattutto TikTok, stanno ridefinendo il modo in cui le vecchie glorie musicali interagiscono con la Generazione Z. Il fenomeno virale si estende anche ad altri pezzi del passato, come "Figli delle stelle" di Alan Sorrenti e "Certe notti" di Ligabue, che ritrovano nuova vita grazie a trend sui social. È la dimostrazione che le canzoni sono misteriose e seguono percorsi imprevedibili nel tempo.
La Generazione Z, tuttavia, non si accontenta solo dei suoi idoli contemporanei. Tra trend, lip sync e collaborazioni intergenerazionali, cerca di riscoprire le icone del passato. E questo desiderio è condiviso anche da giovani artisti che si uniscono a nomi più adulti, creando progetti che spaziano tra i generi.
La musica diventa così il ponte che collega passato e presente, unisce generazioni diverse e sfida le etichette. Oltre oceano, la collaborazione tra Miley Cyrus e Dolly Parton, o quella tra Lady Gaga e il compianto Tony Bennett, mostra che la contaminazione tra mondi e generazioni è un fenomeno globale.
Le canzoni del Festival, da sempre specchio della società, parlano di amore, coraggio e nostalgia, pochissimo di politica e temi sociali, riflettendo i cambiamenti nel nostro gusto e approccio ai sentimenti nel corso del tempo. E così, una bella canzone può davvero unire le generazioni, diventando un messaggero senza tempo che supera confini e barriere.
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