NEWS | Lauree di Famiglia

Una scelta di valore che si tramanda, generazione dopo generazione

10 giugno 2021

Una scelta di valore che si tramanda, generazione dopo generazione

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Continua il nostro viaggio tra le generazioni Unicatt, tra le storie e le testimonianze di alumni che si snodano nei campus e le aule dell’Università Cattolica. Questa volta protagoniste dello speciale “#Laureedifamiglia” ci sono tre generazioni di donne che rievocando gli incontri con il fondatore Padre Gemelli, le vestagliette indossate dalle studentesse e il periodo delle occupazioni, raccontano la storia dell’Ateneo. La testimonianza della famiglia Carenzi.


«Nella nostra famiglia abbiamo sempre avuto la tendenza a mitizzare alcuni episodi, raccontati dai nostri genitori o dai nostri nonni: memorie liete o tristi di un passato lontano, ma al tempo stesso vicino, proprio perché facevano parte di una storia alla quale sentivamo di appartenere», spiega così Marta, alumna della Facoltà di Lettere e oggi fotografa, il motivo per cui la prima volta che varcò l’ingresso dell’Università Cattolica ebbe la sensazione «di mettere i miei passi su orme già tracciate, come se fosse giunto il mio turno in un’avventura le cui origini erano lontane ma che mi era già in qualche modo famigliare».

Aver studiato tra i chiostri bramanteschi ed essersi laureato in Cattolica costituisce infatti una vera e propria “tradizione” per la famiglia di Marta dove nonna Maria Scotti in Brambilla Pisoni si è laureata in Scienze linguistiche, mamma Silvia Brambilla Pisoni si è laureata in Lettere Moderne con il professor Giuseppe Billanovich, le due figlie Marta e Anna hanno conseguito la laurea rispettivamente una in Lettere moderne con una tesi in arte contemporanea con il professor Luciano Caramel, l’altra in Lingue e Letterature Straniere, discutendo una tesi elaborata sotto la guida del professor Guido Milanese. E poi ci sono altri tre cugini alumni nella famiglia Carenzi, che nell’Ateneo di Largo Gemelli hanno studiato Magistero e alla Facoltà di Economia.

Per Marta la scelta di immatricolarsi nell’Ateneo del Sacro Cuore è stata dettata da varie motivazioni: sicuramente per il grado di eccellenza che «senza dubbio la Cattolica offriva in alcune discipline come Lettere o Lingue», ma soprattutto «un ruolo decisivo nella scelta lo ha avuto l’opportunità di seguire un corso di studi in un contesto che, nel suo orientamento generale, offriva un approccio alla conoscenza sostenuto dalla Fede. È stato così sia per me che per mia sorella, ma lo era stato anche per mia mamma e mia nonna». E così Marta racconta che se ripensa ai suoi anni di studio da universitaria le vengono in mente non solo nomi e volti dei suoi professori e dei suoi compagni, ma anche tanti altri ricordi che in famiglia aveva già, in qualche modo, condiviso indirettamente: «Capitava che le aule dove seguivo le lezioni, ad esempio, erano intitolate a illustri docenti i cui nomi ritornavano spesso nei racconti di mia mamma e di mia nonna». E tanti sono infatti gli episodi che nonna Maria (detta Mariolita) matricola in Cattolica nel 1936, e mamma Silvia, matricola invece nel 1965, hanno raccontato negli anni in famiglia.

Particolarmente divertenti (ma anche significativi per comprendere il clima e l’ambiente dell’Ateneo) sono gli episodi rimasti indelebili nella memoria della nonna. Giovanissima studentessa della Facoltà di Lingue straniere, frequentava assiduamente le lezioni e pranzava tutti i giorni in mensa; la cosa era nota a un giovane studente di Medicina, Enrico, che sarebbe poi diventato il nonno di Marta -, il quale, per incontrarla, talvolta si intrufolava tra gli studenti della Cattolica nell' orario dedicato al pranzo. Un giorno, incontrando per caso padre Agostino Gemelli nei chiostri, si sentì salutare con la frase "Laudetur Jesus Christus!", alla quale ogni studente della Cattolica avrebbe prontamente risposto "Semper laudetur!". Il nonno, però, ignaro di questa consuetudine, rispose: "Grazie, Padre, altrettanto a lei!"; padre Gemelli capì immediatamente di trovarsi di fronte uno studente non dell’Ateneo del Sacro Cuore e gliene chiese il motivo, al che Enrico prontamente rispose che alla mensa della Cattolica "si mangiava meglio"!

Un altro aneddoto riportato spesso nella famiglia Carenzi vede protagonista nonna Maria, donna di grande fede, che era solita seguire la messa delle 6 prima di prendere il treno per arrivare in Università: era sempre di corsa e una mattina, proprio all’ingresso dell’università, si imbattè in Padre Gemelli che la rimproverò per essere passata davanti alla Cappella senza neanche un saluto a Nostro Signore. Presa da imbarazzo e soggezione la giovane Mariolita non riuscì nemmeno a giustificarsi spiegando di essere appena stata a messa e arrossendo ubbidì a Gemelli.

 

Di quanto fosse forte e curato l'aspetto dell'educazione alla fede, soprattutto nei primi decenni di vita della Cattolica, è testimoniato anche da un altro ricordo: conseguita la laurea, gli studenti e le studentesse erano invitati a partecipare a una settimana di Esercizi Spirituali ad Assisi.

Sempre dalle memorie della nonna - ma anche della mamma - affiora la gloriosa "vestaglietta": un grembiule nero con maniche, che tutte le ragazze erano tenute a indossare dal momento dell'ingresso fino all'ora dell'uscita dall'Ateneo. Padre Gemelli personalmente rimproverava le ragazze che si permettevano di "rallegrare" la divisa nera con un fiocco colorato o un foulard. La sua frase celebre - riportata dai ricordi della nonna Mariolita - era: "Non si infiorano le vestagliette!".  

Le vestagliette scomparvero di colpo, nel giro di pochi giorni, a seguito della prima assemblea degli studenti svoltasi in Cattolica nell' autunno 1967. Durante tale assemblea - a cui parteciparono mamma Silvia insieme con la sua futura cognata Isa -, tanti furono i temi oggetto di discussione per parecchie ore: dalla condanna della guerra in Vietnam fino all'abolizione delle famigerate "vestagliette" delle ragazze. Già all' indomani dell’assemblea si videro molte studentesse circolare per l'università senza grembiule racconta mamma Silvia, che non ricorda inoltre ci siano stati mai stati rimproveri o sanzioni. Di quegli anni la mamma di Marta conserva molti ricordi: «Durante i periodi di occupazione dell'Università - che furono più di uno negli anni dal 1968 al '70 - non era possibile lo svolgimento regolare delle lezioni. Alcuni docenti continuavano a seguire almeno i laureandi nel proprio Istituto, sostenendo a volte discussioni e provocazioni da parte degli studenti occupanti. Altri professori si contraddistinguevano per l’inventiva: come Gustavo Bontadini, ordinario di Filosofia teoretica, che per tutto l'anno, con la pioggia o sotto il sole, arrivava in università in bicicletta; legava la bici alla cancellata dell’Ateneo e poi faceva lezione sull’aiuola davanti all'ingresso, incurante di quanto accadeva intorno – cartelli, volantini, slogan urlati nei megafoni - e c'era sempre un piccolo gruppo di studenti fedelissimi che lo ascoltava». 

Mamma Silvia ricorda il clima di serena operosità, di impegno serio, ma anche l’opportunità di stringere e vivere amicizie vere, così come lo studio individuale o a piccoli gruppi nei giardini o in biblioteca. Ricorda inoltre le giornate scandite dalle lezioni, dalla Messa, dalla pausa pranzo in mensa ma soprattutto rammenta la possibilità di poter incontrare per un confronto un sacerdote, o di essere aiutati, con precise proposte, a vivere i tempi liturgici, o ad approfondire i contenuti dottrinali e storici della fede. «L'opportunità di seguire le lezioni di grandi maestri, che in quegli anni costituivano delle vere eccellenze nelle loro discipline, e la possibilità di partecipare a incontri con studiosi di altissimo livello, cui tutti noi eravamo invitati, al di là dell'indirizzo di studio, faceva della Cattolica un ambiente accogliente, carico di attrattiva, nel quale era facile sentirsi "a casa”; infatti si andava in Università quotidianamente, anche quando non c'erano lezioni da seguire» ci tiene a raccontare mamma Silvia, sottolineando come quegli anni costituiscono senza ombra di dubbio «un periodo privilegiato della mia vita: un luogo dove tutto contribuiva ad accrescere la mia maturazione personale, oltre che la mia formazione culturale».

Dai ricordi della nonna Maria e della mamma Silvia, così come dalle parole di Marta emerge che per gli alumni deIl’Università Cattolica i chiostri, le aule, l’ingresso imponente con la vicina Cappella del Sacro Cuore costituiscono luoghi simbolo che rimandano a tanti ricordi, a tante esperienze di vita importanti. Sono luoghi che testimoniano una scelta, l’aver deciso di studiare in Cattolica per quell’approccio “serio”, per quel valore aggiunto che fa la differenza e crea un legame profondo che non si allenta di generazione in generazione.

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

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