Quali sono i rapporti tra Africa ed Europa? Nel futuro dell'Europa c'è l'Africa (e viceversa)? È possibile una sinergia imprenditoriale? L’Africa può dare un contributo alla soluzione dei problemi morali dell’Europa?
Questi sono alcuni degli interrogativi emersi il 18 novembre durante il seminario internazionale organizzato dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, dal Konrad Adenauer Stiftung e dalla Fondazione Sinderesi in stretta collaborazione con l’Università Cattolica, a partire dai volumi di monsignor Samuele Sangalli: “Europe as a Project. Being Protagonist of our Future” (2019, Rubettino) e “Africa: The Unknown. Resources and Gains” (2021, G&G Presss).
Introdotto dai saluti di Simona Beretta, direttore del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, e di Nino Galetti, direttore della Konrad-Adenauer-Stiftung in Italia, il seminario è stato moderato da don Ferdinando Citterio, docente di Etica sociale in Università Cattolica, che, partendo dal nostro mondo globalizzato, ha evidenziato i destini comuni delle relazioni tra i due continenti oggi, come testimonia l’esempio concreto del controllo della pandemia.
A fare il punto su settori di interesse nei rapporti tra Africa ed Europa sono stati tre esperti qualificati. Mario Molteni, docente di Corporate Strategy all’Università Cattolica e delegato del rettore ai rapporti con le imprese, si è soffermato sulle pratiche di collaborazione imprenditoriale tra Europa e Africa, anche alla luce del suo impegno sul campo. Purtroppo, in un contesto di povertà, carenza di servizi di base e di infrastrutture pesa la limitata presenza di piccole e medie imprese, che sono il tessuto connettivo dell’economia e base per lo sviluppo di un Paese. A una imprenditorialità di sussistenza, si unisce però una grande vitalità e voglia di fare. «L’Africa è un continente destinato a dominare la scena internazionale. Non considerare l’Africa, per noi che siamo geograficamente molto vicini, può essere una meschinità. Per questo è importante incontrarci e lavorare insieme, anche con le loro istituzioni culturali».
In prospettiva più sociologica è intervenuto Jean Leonard Toudi, presidente del Centro di Relazioni con l’Africa della Società Geografica Italiana, il quale ha affrontato il tema delle culture locali di fronte alla sfida locale. «L’Africa ha partorito il mondo, è culla dell’umanità. Giovanni Paolo II in occasione del sinodo sull’Africa la definì serbatoio antropologico dell’umanità. Ma l’Africa è stata rinnegata dai suoi figli ed è diventata il continente senza storia». In questo contesto si colloca l’occidentalizzazione del mondo, «dell’Occidente tronfio di se stesso, con la missione di civilizzare gli altri popoli portando la propria cultura, civiltà e religione. Militari, mercanti e missionari sono stati gli agenti della trasformazione della società africana durante la colonizzazione. L’Africa indomita ha saputo resistere alla missione colonizzatrice innovando se stessa, prendendo quanto ricevuto e piegandolo alle sue esigenze. Così nasce la nuova Africa radicata nella propria cultura, meglio attrezzata per riappropriarsi della propria identità con l’orgoglio di essere negro».
Sull’aspetto più politico-istituzionale, illustrando il futuro della libertà democratica in Europa e in Africa, è intervenuta Emanuela Del Re, rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Sahel, già vice ministro per gli Affari esteri nei Governi Conte. «Il nostro destino è l’interconnessione con il continente africano tramite interventi concertati e strutturati che devono avere un senso e una sostenibilità. L’Unione Europea sta facendo la sua parte. I problemi di sicurezza, siccità, inondazioni, non distolgono la comunità africana dal modello europeo in cui crede. Non è scontato che gli africani scelgano il nostro modello e il futuro lo dobbiamo costruire insieme dato che l’Unione è partner naturale dell’Africa».
Al termine della discussione ha preso la parola l’autore dei volumi, monsignor Samuele Sangalli, presidente della Fondazione Sinderesi, il quale ha invitato ad allargare la mente e a coltivare la speranza puntando sulla relazione: «La globalizzazione è vissuta da molti come una minaccia al loro benessere. Con l’Africa noi europei siamo uniti nella diversità. L’Africa può dare un contributo contro il malessere che affligge gli attuali processi europei di secolarizzazione e individualismo».