È la storia di un processo di trasformazione sostenibile di un'azienda. Comincia nel 2021 con l'arrivo in Unicredit dell’attuale amministratore delegato Andrea Orcel. Una parabola che ha introdotto un cambiamento organizzativo capace di toccare tutti e 27mila i dipendenti del secondo gruppo bancario italiano. La racconta, nella sede di Brescia dell’Università Cattolica il 21 ottobre, Serena De Vena, Head of Group and Italy People attraction, learning and development di Unicredit, il cui intervento, dopo il saluto della professoressa Daniela Bragoli, apre il ciclo “Testimonianze di leadership sostenibile”, promosso, insieme con Opter, all’interno del corso di Modelli di leadership sostenibile tenuto dal professor Francesco Sansone.
Il piano si chiama non a caso “Unicredit Unlocked” e si basa sulla convinzione che «ogni processo di trasformazione comincia con un processo di ascolto», per capire «quali sono le azioni per far incontrare la strategia di impresa con i bisogni dei clienti e delle persone» spiega la dottoressa De Vena. In controtendenza con quello condotto da molte aziende, che utilizzano grandi survey o instant feedback, la strada scelta da Unicredit è «ascoltare con un colloquio one to one tutti e 27.000 i dipendenti in Italia. Perché ascoltare in presenza fa la differenza» afferma la manager. Da questo grande processo è nato il primo grande obiettivo dei processi di leadership sostenibile: «L'abbiamo chiamato Riconnect. Riconnettere in primo luogo le funzioni centrali come funzione di servizio ai nostri clienti. Ma anche riconnettere le persone alle loro competenze».
Lo strumento utilizzato per questa “titanica” operazione di riconnessione è quello della formazione, in particolare attraverso la Unicredit Corporate University. Una università per «riconnettere le persone con i clienti, per ricordarsi perché ogni giorno ci alziamo e andiamo a lavorare, che non è adempiere un task o un lavoro, ma aiutare i nostri colleghi nelle filiali che sono a contatto con i clienti a soddisfarli al meglio, dotandoli di quelle competenze che servono per gestire la fiducia con il cliente, l'empatia, la relazione».
Da questo processo di ascolto sono emerse tre linee strategiche di intervento. La prima era quella sviluppare una «formazione distintiva, che facesse leva sulle competenze trasversali, sulle competenze di leadership, sulle competenze di collaborazione, di empatia, di fiducia fra le persone, che integrasse le competenze evolutive del mondo bancario e in generale del mondo del lavoro e tutte le competenze digitali e di risk management che rendono una banca sostenibile».
La seconda linea ribalta il modello tradizionale di Talent management, assumendo «che sia, invece, basato su ciascun talento che le persone abbiano di distintivo e che le faccia uniche. L'abbiamo chiamato talento diffuso». Come racconta la manager di Unicredit, «abbiamo lavorato per scoprire quali fossero i talenti visibili o nascosti di ognuno dei 27.000 colleghi che lavorano in Italia per valorizzarli». Anche perché «oggi, nel mondo del lavoro, non ci possiamo più permettere di lasciare indietro nessuno. Ogni collega è importante, ogni talento è importante».
La terza linea di intervento è stata la leadership. In una organizzazione dove l’età media è 48 anni e lavorano fianco a fianco quattro generazioni, «abbiamo capito che la strada fosse rimettere al centro una leadership che avesse come cardine i clienti e le persone». È importante, ovviamente, la dimensione economica, finanziaria e di performance. «Ma quello che si crea spesso è una contrapposizione fra tensione al risultato e tensione alle persone. Ed è questo che deve essere scardinato per poter raggiungere l'obiettivo di una leadership centrata sulle persone che attraverso il benessere, la motivazione, l'engagement delle stesse porta a risultati sostenibili nel tempo. Perché persone stressate, che lavorano senza un perché nella testa molto spesso non sono persone motivate».
Per far questo è stato creato il programma People Unlocked per aiutare i capi, i manager, a sbloccare il potenziale inespresso e i talenti nascosti delle persone. Ne sono derivate due operazioni: «la prima è di prendere la persona nella sua interezza, eliminando la differenza fra competenze trasversali e competenze tecniche, pensando che ciascun ruolo ha bisogno di entrambi gli elementi».
La seconda è che «i principali responsabili della trasmissione di modelli di leadership sono i capi stessi: non la funzione HR, non docenti che vengono dalle università, ma i capi con l'esempio e i propri comportamenti». E quindi, dopo aver formato tutti i manager apicali della Banca, «abbiamo chiesto loro di trasmettere questo modello a tutte le loro persone, con un processo di leadership acceleration». In questo modo, ogni manager, dopo aver imparato in aula cos’è la leadership trasformazionale, è diventato a sua volta formatore delle persone del suo team. «Essere leader trasformazionali significa sviluppare i talenti di ognuno e, dall'altra parte, aiutare le persone a migliorarsi ogni giorno. Ma significa anche pensare di essere ciascuno un agente di cambiamento, senza delegare ad altri. Ciascuno ha un talento, ciascuno è un leader, ciascuno ha la responsabilità della decisione». In altre parole, «leadership sostenibile significa delegare la responsabilità della leadership a chi la deve esercitare ogni giorno e delegare le decisioni laddove le persone sono più vicine al cliente e quindi assumersi i rischi».
Un processo che ha generato passione, motivazione, engagement e in ultima istanza ha contribuito anche ai risultati economici della banca.