Nel 2024 il 79% delle imprese manifatturiere bresciane che esportano in Germania ridurrà le vendite: il dato emerge dal confronto con il 2021, ultimo anno prima del rallentamento della locomotiva tedesca.
A evidenziarlo è una survey condotta su oltre 150 imprese con un fatturato complessivo di 9,7 miliardi di euro, e analizzata nel secondo numero di BFocus, il nuovo strumento dedicato ad approfondire le dinamiche economiche globali lette attraverso la prospettiva bresciana. In poche pagine, il report – realizzato a cadenza periodica dal Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – mira a semplificare temi economici complessi e a diventare una guida essenziale per gli imprenditori del territorio.
«Il secondo numero di BFocus si focalizza sull’attuale crisi economica in Germania e, soprattutto, sulle sue ripercussioni sul sistema produttivo bresciano, strettamente connesso a Berlino per via dei suoi numerosi settori orientati all’export, come la siderurgia, i metalli non ferrosi e l’automotive – nota Giovanni Marseguerra, direttore di OpTer. La Germania, primo partner commerciale di Brescia, sta affrontando una crisi molto complessa. Inoltre, le politiche della Banca Centrale Europea (BCE), che ha aumentato i tassi di interesse per combattere l'inflazione, hanno avuto un impatto negativo sia sui consumi sia sugli investimenti, in particolare in Germania. Questo scenario influisce direttamente sulle imprese bresciane, strettamente legate alle importazioni tedesche di componenti industriali e beni intermedi. BFocus si propone di presentare le dinamiche economiche che influenzano direttamente il territorio e in tal modo supportare la crescita delle imprese locali, stimolando una riflessione informata per un futuro più resiliente».
La "gelata" tedesca sta quindi avendo un impatto significativo su quella parte d’imprese che esportano in Germania. Brescia può essere considerata un importante osservatorio nazionale da cui leggere e interpretare le conseguenze e il percepito degli imprenditori con riferimento alla debole dinamica dell’economia tedesca di questi tempi.
Brescia è la terza provincia italiana per esportazioni di beni manufatti verso la Germania, dopo Torino e Milano (3,8 miliardi nel 2023) e prima per saldo commerciale manifatturiero (1,9 miliardi). Il mercato tedesco rappresenta il 19,1% delle esportazioni bresciane e la Germania è il principale Paese di origine delle multinazionali estere a Brescia (35 imprese, 2.600 occupati).
Dal punto di vista dei volumi effettivamente esportati in Germania (al netto dei prezzi di vendita applicati alla clientela), l’indagine ha rimarcato che nel 2022 il settore industriale bresciano ha visto contrarsi del 10% rispetto al 2021 i quantitativi delle merci vendute in Germania. Nel 2023 il differenziale con il 2021 si sarebbe allargato al 20% e nel 2024 tale gap raggiungerebbe addirittura il 34%.
Dall’analisi emerge tuttavia come il 53% delle aziende bresciane ritenga che la crisi economica in Germania sia di natura transitoria e destinata a risolversi entro pochi trimestri, probabilmente supportata da previsioni nel complesso positive sulla crescita del PIL tedesco nel 2025 (stimato a +1.0% dalla Commissione Europea e +0,8% dal Fondo Monetario Internazionale). Al contrario, il 30% delle imprese locali vede la crisi tedesca come un problema strutturale, mentre il 17% non percepisce segni di crisi.
Tra i vari settori, la metallurgia si distingue per il maggiore pessimismo: il 50% delle aziende considera la crisi strutturale. Anche i settori della meccanica e della chimica-gomma-plastica esprimono preoccupazioni, sebbene in misura minore. Le piccole imprese, infine, sono quelle che più spesso valutano la crisi come un problema strutturale (67%).
Lo studio evidenzia infine che le aziende manifatturiere bresciane, in cerca di alternative al mercato tedesco, si orientano principalmente verso mercati maturi e vicini. L’82% delle imprese cerca nuovi clienti nell'Unione Europea, il 54% in Italia, il 50% in Europa extra UE, e il 46% in Nord America. Iniziative verso mercati lontani sono ancora poco diffuse: solo l'11% guarda alla Cina e il 18% all'Asia e al Medio Oriente.
«Per ora emerge una sola certezza: l’impatto della situazione è sin qui significativo. Al contrario non è ancora univoca la lettura delle nostre imprese sulla possibile durata di tale difficoltà. In generale, ribadiamo – alla luce del momento storico – l’importanza di valutare un’ulteriore e maggiore apertura su mercati sin qui poco presidiati, in particolare l’Africa settentrionale e la zona dell’Asean» commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione.