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Come stanno i giovani italiani negli ultimi dieci anni

09 novembre 2022

Come stanno i giovani italiani negli ultimi dieci anni

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Il Rapporto Giovani compie dieci anni. La più estesa ricerca sull’universo giovanile disponibile in Italia, è stata presentata martedì 8 novembre in Università Cattolica a Milano. 

Promosso dal 2012 dall’Osservatorio giovani dell’ente fondatore dell’Ateneo, Istituto Toniolo, il Rapporto Giovani è attivo anche grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa San Paolo.

«In questi dieci anni il Rapporto Giovani, con le sue analisi quantitative arricchite da quelle longitudinali che seguono i giovani nel tempo e sul territorio, è diventato il principale strumento in Italia per conoscere il mondo dei giovani, ponendosi come punto di riferimento imprescindibile per orientare l’azione delle istituzioni, attivare politiche, ispirare nuove progettualità, sensibilizzare l’opinione pubblica» - ha dichiarato in apertura il curatore Alessandro Rosina.

Oltre alle indagini quantitative in collaborazione con Ipsos vengono condotte anche ricerche qualitative per sondare più in profondità desideri, valori, aspettative e progetti dei giovani e vengono toccati diversi temi che abbracciano i mondi delle nuove generazioni.

«Oltre alla scuola e al lavoro, ci si è occupati di volontariato e partecipazione sociale, dei social network e delle nuove tecnologie, dell’autonomia dalla famiglia di origine e dei progetti di vita, della sostenibilità sociale e dell’ambiente, della religiosità e del bene comune, della fiducia nelle istituzioni e della partecipazione politica» - ha continuato Rosina. 

L’ultimo decennio in particolare è stato caratterizzato a livello sociale da una forte diminuzione della popolazione in età 18-34 che è scesa di oltre un milione di persone (da 11,4 a 10,3 milioni). E il numero di giovani-adulti (25-34 anni) nella condizione di NEET (coloro che non studiano e non lavorano) è rimasto il più alto in Europa, pari a circa 2 milioni.

La crisi causata dalla pandemia ha reso ancora più fragili i percorsi formativi e professionali dei giovani italiani, indebolendo anche le competenze sociali e facendo aumentare l’incertezza nei confronti del futuro.  

Non manca una nota positiva nel quadro che non sembra affatto incoraggiante, come ha precisato il curatore: «Abbiamo notato un recupero di fiducia nei confronti delle istituzioni, come espressione della necessità di avere punti di riferimento in un contesto di crescente incertezza, sul quale ha pesato anche il conflitto in Ucraina. Le istituzioni che si sono consolidate con livelli di fiducia elevati sono quelle che perseguono un interesse collettivo e sono punti di riferimento per tutti (come gli ospedali, le forze dell’ordine e la presidenza della Repubblica), ma anche quelli che forniscono ai giovani strumenti per capire e agire nel mondo (in particolare la ricerca scientifica, la scuola, il volontariato). Rimane, invece, più basso il consenso sulle istituzioni viste come rappresentanti di interessi di parte o che forniscono letture considerate parziali (partiti, social network, giornali, sindacati). 

Tra le voci migliorate di più: la “Presidenza della Repubblica” è salita dal 38% al 54% e la “scuola e università” dal 57% al 66% (dal 2013 al 2022). Rimane, però, forte la consapevolezza di vivere in un paese che investe meno sulle nuove generazioni rispetto al resto d’Europa (a ritenerlo sono il 70% delle ragazze e il 60% dei ragazzi intervistati). 

I dati dell’ultima edizione del Rapporto Giovani evidenziano anche come il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sia stato accolto con ampio favore dagli under 35 italiani, anche se rimane in sospeso il giudizio su come le risorse verranno utilizzate a favore dei giovani. 

Il Rapporto presentato quest’anno, intitolato La condizione giovanile in Italia, mette in evidenza alcuni aspetti della condizione giovanile che sono mutati nel tempo, soprattutto a causa della pandemia da Covid-19 che ha fortemente inciso sulla vita di tutti e in particolare dei più giovani. «La loro condizione, infatti, già segnata da forte precarietà, trova tra il 2020 e il 2022 ulteriori elementi di criticità e qualche indizio di apertura di nuovi spazi di progettazione del futuro» - ha specificato Rita Bichi, docente di Sociologia generale in Università Cattolica intervenuta alla presentazione. 

Maggiore povertà, più difficoltà della ricerca di un lavoro almeno relativamente stabile (soprattutto per le donne), la procrastinazione dei progetti di vita (uscita dalla famiglia di origine, inizio di una convivenza, matrimonio, genitorialità) sono i dati emersi in modo netto dall’ultimo Rapporto. In evidenza anche alcuni segnali di cambiamento: «Una maggiore attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, una più ampia sensibilità nei confronti di chi parte dal Paese in cui nasce per cercare migliori condizioni di vita, forse nuove occasioni date dallo sviluppo di tecnologie che consentono la partecipazione a distanza nel lavoro e nello studio, una generale riconsiderazione degli stili di vita prevalenti».
 

 

All’incontro alcuni ospiti esterni hanno portato il loro contributo sullo stato della scuola (Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli), sulle giovani donne (Cristina Scocchia, AD di IllyCaffè), sui progetti di vita (Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum Famiglie), sul Sud Italia (Mario Mirabile di Southworking).

Nella seconda parte dell’evento sono intervenuti Fabio Introini, Francesca Luppi, Alda Marchese, Diego Mesa dell’Osservatorio Giovani. Ha moderato Roberto Fontolan, responsabile della Comunicazione dell’Istituto Toniolo.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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