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Cos’è oggi il corpo? Una riflessione a più voci

04 novembre 2021

Cos’è oggi il corpo? Una riflessione a più voci

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Il professore Gaetano Oliva scende dalla cattedra e si avvicina agli attori, comincia a muoversi con loro e invita i presenti a battere le mani. Alcuni studenti abbandonano la poltroncina, raggiungono il centro congressi “Mazzocchi” e seguono le mosse degli attori; nel frattempo il movimento dei corpi ridisegna lo spazio intorno. «Nel laboratorio teatrale - dirà poi lo stesso Oliva - l’attore educa se stesso a essere persona».

E' una scena tratta dall’intermezzo teatrale del convegno “Il corpo in gioco”, organizzato dalla facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, a cui hanno partecipato i docenti della facoltà, gli studenti dell’ateneo e circa 250 studenti delle scuole superiori (dell’Istituto Mattei di Fiorenzuola, del Liceo Colombini e del Liceo Volta di Castelsangiovanni), un centinaio dei quali in presenza.

È stata una riflessione a più voci sul tema corpo, osservato dalla prospettiva di differenti discipline, sullo sfondo i cambiamenti imposti dalla pandemia nei comportamenti che implicano l’uso del corpo stesso. Introdotto dal coordinatore dei lavori Pierpaolo Triani, il preside di facoltà Domenico Simeone ha fatto riferimento a San Carlo Borromeo. «Nel 1578 - racconta - quando Milano stava uscendo dalla peste, San Carlo Borromeo ha scritto un memoriale indirizzato ai milanesi riguardo a cosa si potesse imparare dall’epidemia». Un paragone pertinente, che ha dato il “la” agli interventi degli ospiti.

Roberto Diodato ed Elena Colombetti, rispettivamente docenti di estetica e di filosofia morale e bioetica, hanno inquadrato la dualità fra mente e corpo. Il primo ha fatto sue le parole di Baruch Spinoza, che nel XVII secolo affermò: «Chi ha un corpo capace di molte cose, ha una mente la cui massima parte è eterna”. «La capacità di conoscenza del mondo è mediata dalla nostra corporeità» dice Diodato commentando la frase. Colombetti ha invece argomentato un percorso che intrecciando filosofia e neuroscienza ha condotto i presenti da Aristotele - «che parla di anima, ma la considera da un punto di vista fisico» - all’esperimento di Benjamin Libet del 1983, il quale scoprì, attraverso l'encefaloelettrografia, che il cervello dei pazienti esibiva un'attività riconoscibile già molti millisecondi prima che la decisione diventasse cosciente.

Mente o corpo? In sintesi, se il pensiero occidentale ha spinto verso una separazione fra i due, attribuendo alla prima il ruolo di protagonista, è stata sottolineata l’importanza di riconnettere i due aspetti dando loro pari dignità.

E se lo storico contemporaneo Daniele Bardelli ha parlato del ruolo dell’atleta - e del suo corpo - sia nelle religioni antiche sia dal punto di vista politico - «i totalitarismi hanno fatto dell’immagine dell’atleta quella dell’uomo che si intendeva costruire» - è toccato a Daniela Villani e Piermarco Aroldi calare il tema oggetto di indagine nell’universo digitale.

La prima ha sottolineato come tanti adolescenti usino i social facendone una scena sulla quale interpretare un ruolo, «servendosi di una maschera che confermi la loro appartenenza a un gruppo sociale, enfatizzando i lati positivi». Aroldi ha poi invitato a riflettere sulle lezioni con la didattica a distanza, in cui quasi tutti gli studenti tengono spenta la telecamera del computer per non mostrare il volto. Una negazione della propria immagine, che ha permesso al professore di affermare che «il corpo resiste». «Lo fa - dice - contrastando la trasformazione da atomo a bit».

«Oggi - entra nel merito il professore - per la prima volta il corpo diventa un oggetto sottoposto al giudizio altrui e al nostro stesso sguardo, che è oggettivante, ben diverso da quello attraverso lo specchio, senza scordare che la sua immagine è mediata da codici estetici e vincoli tecnici». In altri termini, non lo si riconosce. «Sono passaggi avvenuti in non più di 15 anni - continua Aroldi -  ecco perché durante gli incontri a distanza i ragazzi tengono la telecamera spenta, perché neppure loro sono pronti ad adattarsi. È trascorso troppo poco tempo». Poi aggiunge: «Grazie al Cielo, non è ancora vero che i media siamo noi».

Dopo l’intermezzo teatrale curato da Gaetano Oliva, con la partecipazione degli allievi del CRT “teatro-educazione”, del Master “Azioni e Interazioni pedagogiche attraverso l’Educazione alla Teatralità e la Narrazione” e del Liceo Scientifico Statale “G. Ferraris” di Varese, il convegno è proseguito rendendo protagonisti gli studenti delle superiori, intervenuti in una tavola rotonda coordinata da Elisabetta Musi, con l’ausilio di Elena Zanfroni e Marisa Musaio.

I ragazzi hanno esposto alcuni elaborati, che hanno spaziato dagli effetti che i social media hanno sulla salute mentale alla dimensione del corpo nel fenomeno dei “Cosplay”, per giungere alle conseguenze che la pandemia ha generato sul corpo e sulla mente. Nelle loro parole è passato il corpo negato e quello ferito dal virus, il corpo truccato e che gioca, il corpo come strumento di crescita e di accettazione.

Ma la giornata ha avuto un prosieguo anche nel pomeriggio, quando si sono tenuti tre laboratori per gli studenti di Scienze della formazione: “Il corpo in gioco: diventare atleti del cuore” a cura di Marta Comerio, volto a sottolineare l’importanza del corpo nel comunicare emozioni e valori; “La sfida del corpo” a cura di Moreno Martinelli, che ha proposto esercitazioni di attività motoria tesa a comprendere la condizione di disabilità; “Mangia e gioca: l’alimentazione, il corpo e la sua cura nella Piacenza del passato” a cura di Anna Riva e Sara Fava, che ha scavato nelle abitudini alimentari dei bambini degli anni Cinquanta e Sessanta.

Un articolo di

Redazione

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