NEWS | ALUMNI GLOBAL TALKS

Cultura, qualità, affidabilità: ecco il web che vorremmo

11 febbraio 2021

Cultura, qualità, affidabilità: ecco il web che vorremmo

Condividi su:

Il web non è più solo un settore della realtà. È qualcosa che riguarda tutti: se ce n’era il bisogno, la pandemia lo ha certificato. La nuova normalità post Coronavirus non potrà più farne a meno. Per capire meglio sfide e problemi della rete l’ufficio Alumni dell’Università Cattolica ha riunito attorno a un tavolo, ovviamente online, alcuni dei protagonisti della digitalizzazione impetuosa che tutto il mondo ha vissuto in questi mesi: giganti del web come Google e Amazon, la Rai come rappresentante del mondo dell’informazione che con il digitale deve fare i conti e l’università, che questi cambiamenti li sta studiando da anni.

Libertà di opinione contro disinformazione, trasformazione digitale delle imprese, capacità infrastrutturali del nostro paese, cultura digitale dei cittadini. Ecco gli enormi temi di “La rete che vorremmo”, primo appuntamento del ciclo “Alumni Global Talks”. Il webinar, moderato dal direttore della Comunicazione d’Ateneo Daniele Bellasio, è stato ispirato anche dal libro “La rete che vorrei. Per un web al servizio di cittadini e imprese dopo il Covid19”, curato da Ruben Razzante, docente di Diritto dell’Informazione in Cattolica.

Proprio il professore ha posto il tema fondamentale dell’autoregolamentazione del mondo di internet: «Molti utenti hanno approcciato il web per la prima volta durante la pandemia, in modo precipitoso e dettato dalle necessità. Per migliorare l’abitabilità del mondo digitale non bastano sorveglianza di piattaforme, diritto e istituzioni. I rischi della rete si affrontano con cultura, deontologia, educazione digitale. Serve uno sforzo di tutti, utenti in primis».

Il tema da cui nasce il libro è quello delle fake news, vera piaga di internet. Basti pensare che Google, solo nel terzo trimestre del 2020 ha rimosso quasi 8 milioni di video da Youtube perché riportavano falsità su molti temi, come la pandemia: «Per la prima volta il 90% di questi contenuti è stato rimosso dai nostri sistemi automatici -conferma Simona Panseri, Senior Director Corporate Communications and Public Affairs Southern Europe di Google-. Il 40% di questi video è stato bloccato prima che venisse visualizzato anche da un solo utente, il 75% è rimasto sotto le dieci visualizzazioni. Oltre a combattere la disinformazione abbiamo favorito l’indicizzazione di contenuti di qualità e affidabili, gli infopanel sul Covid realizzati da Oms e governi hanno raggiunto 400 miliardi di visualizzazioni, e impedito di lucrare con la pubblicità sui contenuti legati al Covid-19».

Per Marcello Foa, presidente Rai, ci sono rischi e opportunità in questa digitalizzazione vertiginosa. Con la pandemia il servizio pubblico italiano ha accelerato la chiusura di una lacuna strategica rafforzando la presenza sul web con servizi come Raiplay, che dal 2019 ha registrato una crescita continua, tuttavia i meccanismi di controllo delle piattaforme e delle istituzioni possono anche limitare la libertà di pensiero: «Si tratta di un valore delle nostre democrazie da difendere e so che raggiungere un equilibrio è difficile. Sicuramente i media devono dare credito al pubblico che li segue. La credibilità di una testata si ottiene lavorando ogni giorno con serietà e con il coraggio di ammettere gli errori, pratica poco conosciuta tra i giornalisti».

La rete però non sta imponendo una trasformazione solo al mondo dell’informazione e dell’editoria. La pandemia ha accelerato l’apertura al mondo del web anche di tante aziende: «I dati dimostrano che non siamo pronti -ammonisce Mariangela Marseglia, country manager per Italia e Spagna di Amazon e alumna Unicatt-. L’indice DESI dimostra che siamo indietro in tutti i parametri legati all’economia digitale. Appena 15.000 aziende italiane su 150.000 offrono servizi digitali. Il Coronavirus ha mostrato quante opportunità offre il digitale agli imprenditori ma anche i limiti del nostro paese su questo fronte. Il nuovo governo e tutto il sistema paese hanno una grande occasione per ridurre il divario digitale con i nostri cugini europei. Servono collaborazione tra aziende come Amazon, il mondo dell’accademia e le istituzioni: bisogna creare un contesto che favorisca l’allargamento degli orizzonti di tante imprese dal loro quartiere al mondo».

Per dare una svolta a questo processo sempre tanta formazione e sia Amazon che Google hanno lanciato programmi di formazione gratuiti per avvicinare il mondo delle imprese al digitale. Anche grazie a questi oggi ci sono aziende, molte anche nel Sud Italia, che esportano in tutto il mondo oppure ristoranti che riescono a fronteggiare la crisi grazie a Maps e altri servizi forniti dai colossi del web. La pandemia ha dimostrato che il digitale va agito e non subìto: la nuova normalità non potrà prescindere da questa trasformazione culturale, già in atto da tempo e che ora non può essere rimandata.

Prossimo "Alumni Global talks" mercoledì 17 febbraio: il tema sarà la relazione Ue-Uk dopo Brexit

Leggi l'articolo

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti