Ci si ritrova in piazza, come d’abitudine nelle città italiane, e intanto si impara a pensare in inglese. Ci si prende una pausa nei chiostri del monastero medievale e intanto si comincia a progettare il mondo di domani. Dislocato tra Piacenza e Cremona, il campus padano dell’Università Cattolica è una realtà vivacissima e per molti aspetti imprevedibile. Da quasi trent’anni, infatti, alla tradizionale presenza della Facoltà di Scienze Agrarie si è aggiunta quella di Economia e Giurisprudenza. «Dal punto di vista amministrativo – spiega la preside Annamaria Fellegara – la fusione tra i due indirizzi è avvenuta nel 2012, ma la prospettiva interdisciplinare caratterizza da sempre questo progetto, che porta l’impronta di chi lo ha voluto«. A insistere sulla necessità di sviluppare e consolidare le funzioni manageriali sul territorio fu anzitutto l’economista Giacomo Vaciago, morto nel 2017 all’età di 74 anni. Piacentino come l’altro artefice dell’impresa, il collega Giancarlo Mazzocchi, Vaciago fece in modo che nella nuova sede si radunassero giovani docenti che, partendo da una conoscenza approfondita della realtà locale, sapessero gestire il passaggio a una visione globale. «L’agroalimentare rimane il settore portante – ammette Fellegara –, ma non bisogna dimenticare che ci troviamo in un’area che ha punte di eccellenza nella meccatronica e nel digitale. Fin dal principio abbiamo cercato di assecondare e favorire questa complessità di intrapresa, facendo tesoro della specificità italiana e aprendosi agli scenari internazionali».
«Sì, siamo stati e continuiamo a essere una sorta di progetto pilota – ribadisce Laura Zoni, che a Piacenza insegna Programmazione e Controllo nel curriculum in lingua inglese –. Prima ancora di mettere a punto l’alleanza con altre università all’estero, abbiamo preso a modello lo standard ampiamente adottato da molti atenei stranieri, sia per quanto riguarda la flessibilità dei percorsi formativi, sia per l’organizzazione della didattica. Detto altrimenti, da noi i docenti sono stati sempre fisicamente presenti, in modo da garantire un rapporto più stretto con gli studenti. In questo credo che abbia giocato un ruolo rilevante l’attenzione alla persona che è tipica dell’impostazione della Cattolica». La scelta si è dimostrata lungimirante. Oggi la Facoltà di Economia e Giurisprudenza fa parte dell’Ipbs, il consorzio che riunisce tredici fra le più prestigiose business school europee e americane. «E siamo l’unica realtà italiana che ha avviato le pratiche per l’accreditamento Aacsb, il più autorevole e rigoroso nell’ambito dell’istruzione economica», puntualizza Zoni.
Se a Piacenza il centro non solo simbolico della sede è costituito dalla “piazzetta” (l’ampia zona per lo studio circondata da una balconata e arricchita da molte opere d’arte), dallo scorso autunno a Cremona la Cattolica si è trasferita negli spazi dell’ex monastero di Santa Monica, completamente rinnovato grazie al sostegno della Fondazione Arvedi Bruschini. «La nostra è una posizione privilegiata – osserva Daniele Cerrato, professore di Economia aziendale e coordinatore delle attività nella sede cremonese –. Godiamo dei vantaggi di un ateneo di prossimità e nello stesso tempo possiamo fare affidamento sulle risorse e sulla reputazione di un’università come la Cattolica. Anche per questo, negli ultimi anni, i nostri corsi sono sempre più ricercati, con una particolarità che merita di essere sottolineata: gli iscritti alla laurea magistrale sono più numerosi di quelli che frequentano la triennale, contrariamente a quanto succede di solito».
Nel suo insieme la Facoltà offre una preparazione di alto livello e spesso decisamente impegnativa, come nel caso della doppia laurea in Diritto&Economia di cui è referente il canonista Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti: «Nei primi cinque anni si completano gli studi di Giurisprudenza, all’interno dei quali si sostiene un significativo numero di esami in ambito economico – riassume –. Dopo di che, si può frequentare il secondo anno del corso in Gestione d’azienda, conseguendo così una seconda laurea magistrale». Un programma molto intenso, appunto, che però sta dando risultati più che soddisfacenti: «Abbiamo praticamente azzerato la quota di fuori corso – aggiunge Chizzoniti – e ormai ci rivolgiamo a un bacino molto vasto, che comprende più della metà delle province italiane. In Italia esistono altre scuole di giuristi d’impresa, ma la nostra è l’unica che forma giuristi per l’impresa. È una professionalità inedita, più sofisticata e complessa, più adatta alle trasformazioni in atto».
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