«Ricucire lo strappo in un mondo segnato dalle disuguaglianze, nel quale meno del 1% della popolazione mondiale ha una ricchezza superiore al restante 99%». È la sfida per chi, come il missionario comboniano padre Giulio Albanese, vuole lavorare per un mondo più giusto e più umano.
Padre Albanese, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali e l’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le chiese della Diocesi di Roma, è stato il protagonista della lezione pubblica dal titolo “Economia, quo vadis”, che si è tenuta lo scorso 5 settembre in Sala della Gloria, all’interno della sesta edizione del Corso di formazione alla cooperazione internazionale che si è svolto a Brescia dal 2 al 6 settembre per iniziativa della Fondazione Giuseppe Tovini Cooperazione e Volontariato internazionale Ets e della Fondazione Museke, in collaborazione con le Cattedre Unesco dell’Università degli Studi di Brescia e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Vittorino Chizzolini di Bergamo.
La premessa da cui parte padre Albanese è che «questa economia uccide», per citare Papa Francesco. «Non significa essere oscurantisti, ma capire che oggi assistiamo allo strapotere della finanza, cioè a una progressiva e costante finanziarizzazione dell'economia che penalizza l'economia reale» afferma il missionario. «Siamo arrivati a finanziare tutto: anche il debito è stato finanziarizzato, per cui il pagamento degli interessi è legato alle speculazioni di Borsa. È dimostrato che tutti i Paesi in situazioni debitorie non saranno mai in grado di onorare i loro debiti, per cui si crea un meccanismo vessatorio. Nelle periferie del mondo, nei cosiddetti Paesi svantaggiati come quelli africani, questo porta alla svendita degli asset strategici, con il risultato di un'accentuazione della disuguaglianza: oggi, la ricchezza mondiale è nelle mani di un manipolo di nababbi. Non lo dico io, basta leggere il report che ogni anno viene pubblicato da Oxfam alla vigilia del vertice di Davos».