È giunta a conclusione, con la consegna dei 16 diplomi, la prima edizione del Master di II livello in Emostasi e Trombosi, promosso dalla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica insieme alla Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET). Il master, che si svolge presso il campus romano dell’Ateneo, è di durata annuale, si articola in 17 moduli e 34 giorni di lezione, coinvolge 55 docenti da tutta Italia. A fine novembre è partita la seconda edizione che, a riprova del successo dell’iniziativa, ha ricevuto 50 domande per 20 posti disponibili. Inoltre si è aggiunta alla convenzione l’Università di Foggia, secondo un progetto che vede il Master non come iniziativa locale ma nazionale. Direttore del Master è il professor Valerio De Stefano, Ordinario di Ematologia all’Università Cattolica, e direttore della UOC Servizio e Day Hospital di Ematologia di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCSS; coordinatrice didattica la professoressa Elvira Grandone, Associata di Ginecologia all’Università di Foggia.
«L’emostasi e trombosi, disciplina trasversale per definizione a tante specialità (ematologi, medici internisti, cardiologi, ginecologi, pneumologi, anestesisti, ecc.) – afferma il professor Valerio De Stefano - non ha una sua scuola di specializzazione, ma per gestire adeguatamente le patologie interessate occorrono competenze super specialistiche che consentano di affrontare, nei diversi settori scientifico-disciplinari criticità di tipo trombotiche o emorragiche, sia congenite che acquisite. Non c’è settore della medicina che non sia interessato da questo argomento, in quanto i pazienti con malattie emorragiche o trombotiche possono andare incontro a qualunque patologia di interesse medico-chirurgico. Bisogna inoltre sapere esattamente come gestire questi pazienti in occasione di un intervento chirurgico o di altre comorbilità».
Questo settore sarà inoltre presto interessato dall’arrivo di nuovi farmaci. «Nel settore trombotico – ricorda il professor De Stefano - siamo in attesa dei nuovi farmaci anti-fattore XI, che si andranno ad aggiungere ai cosiddetti nuovi anticoagulanti orali (NOA), che rappresentano ormai farmaci di impiego consolidato nella pratica clinica, al punto che ormai andrebbero più correttamente chiamati ‘anti-coagulanti orali diretti, eliminando l’aggettivo ‘nuovi’. Nel settore delle malattie emorragiche e in particolare dell’emofilia, abbiamo già a disposizione farmaci che stanno cambiando la storia di questi pazienti, sganciandoli dalla necessità di somministrazione di plasma-derivati. È il caso ad esempio dell’emicizumab, un anticorpo che mima l’azione del fattore VIII, legandosi al fattore IXa e al fattore X e che viene somministrato una sola volta a settimana. All’orizzonte c’è poi anche tutto il capitolo della terapia genica ‘one shot’ (per l’emofilia A e più di recente per l’emofilia B)».