Ricostruire analiticamente un anno di televisione in Italia. Questo l’obiettivo dell’Annuario 2021 realizzato dal Centro di ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Ce.R.T.A.) dell’Università Cattolica. Uno strumento unico e innovativo per l’analisi dell’industria del broadcasting in un anno cruciale di trasformazione, segnato tanto dagli effetti della pandemia quanto dall’ibridazione sempre più marcata fra televisione e streaming.
Realizzata in collaborazione con partner di rilievo come Auditel, APA – Associazione Produttori Audiovisivi, Sensemakers e Talkwalker, la ricerca - consultabile anche online - è stata presentato in Ateneo lunedì 13 dicembre.
Ad aprire i lavori è stato il Rettore Franco Anelli che ha sottolineato come l’Annuario rappresenti «un lavoro importante e delicato, considerando un mercato sempre più frammentato che, con le nuove piattaforme, è sempre più difficile da definire. In questo contesto il Ce.R.T.A ha avuto il merito di mettersi in relazione con i tessuti produttivi che caratterizzano il comparto».
«La domanda che molti si sono posti, in estrema sintesi – ha aggiunto il rettore stimolando il dibattito – e se il sistema audiotelevisivo abbia tratto giovamento dal lockdown imposto dal Covid-19. La questione è aperta ma quel che è certo è che se il settore ha accresciuto il suo protagonismo ha aumentato inevitabilmente anche le sue responsabilità. Per questo motivo è importante capire come ha svolto il suo compito e come potrà farlo al meglio in futuro».
A presentare i principali dati della ricerca, consultabili anche online, è stato il direttore del Centro, Massimo Scaglioni che ha spiegato come l’analisi sia suddivisa in otto sezioni: Produzione e offerta prodotti scripted (fiction) e unscripted (intrattenimento), Kids Tv, Informazione, Sport, Consumi e tendenze, tv digitale e total audience, social tv e le tendenze dei vari mercati presenti nello scenario internazionale.
«Una codificazione dei generi scripted e unscripted mancava– ha spiegato Scaglioni entrando nel dettaglio - e può essere di grande aiuto per gli unscripted. Sono state analizzate 18mila ore di prodotto e tra i dati più interessanti da segnalare c’è il calo del 7% del prodotto seriale americano ma una crescita, da parte delle varie piattaforme digitali, in termini di produzioni originali per un investimento stimato in circa 17 miliardi di dollari».
«Per quanto riguarda invece i consumi la televisione si conferma un presidio di coesione sociale che vede gli italiani distribuiti geograficamente in modo equo siano essi del nord del centro o del sud. I giovani rappresentano il 7% ma attenzione ai canali in streaming che sono in netta crescita su questa fascia. In generale però durante la pandemia si è potuto osservare come il pubblico abbia imparato a muoversi tra i canali generalisti e quelli in streaming».
«Nel settore delle Kids TV – ha proseguito Scaglioni - spiccano 117 produzioni originali in italiano con la Rai molto attiva specie su fiction, intrattenimento e animazione. Nell’ambito dell’informazione in un anno ancora segnato dalla pandemia i numeri parlano di 8mila ore di programmazione sulle tv generaliste dove spicca La7 che ha definito e rinforzato una propria linea editoriale “di servizio pubblico”, e ne è premiata tanto dagli ascolti lineari quanto dalla Total Audience. Per quanto riguarda lo sport in questo ambito è da segnalare l’ingresso nel mercato di Amazon con l’acquisizione dei diritti – in Italia e in Germania – di alcune partite di Champions League. In generale a farla da padrone sono calcio e ciclismo».
«Sui social i programmi più commentati restano quelli della tv in chiaro indice che, nonostante tutto, la tv generalista è ancora centrale e capace di creare un discorso condiviso».
Ma la situazione non è priva di ombre: «Il tasto dolente – ha spiegato Scaglioni soffermandosi sul capitolo dedicato alle tendenze del mercato internazionale – riguarda i format, un’area in cui l’Italia importa molto ed esporta pochissimo. Questo è un tema importante perché centrale dal punto di vista non solo dello sviluppo commerciale ma anche culturale».
L’auspicio – ha detto in chiusura del suo intervento il direttore del Ce.R.T.A. - è che ci sia più consapevolezza della centralità di questo settore: «Non sempre gli interessi particolari sono in grado di cogliere l’interesse generale per il Paese di questo comparto».
Un aspetto, quello del riconoscimento della centralità del settore, ripreso anche dal professor Aldo Grasso: «La televisione ha sempre avuto riconoscimenti ex-post, a distanza di decenni. Nel caso della pandemia invece il ruolo della tv è stato valorizzato “in diretta”. L’Annuario è stata l’occasione per lavorare con partner estremamente qualificati per offrire uno strumento di lavoro e che analizzi l’industria tv nella sua profondità senza dover aspettare studi “a posteriori”».
«Non ci sono “mostri” ma cambiamenti in atto – ha aggiunto commentando la situazione attuale - anche tra gli addetti ai lavori si tende a non rendersi conto dell’importanza della rivoluzione digitale. Un cambiamento epocale che ha creato un mondo che non esisteva, un unico supporto per tutti i media. Una convergenza che segna la storia di qualcosa di nuovo».
Per il presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini «la bolla degli ascolti è stata sicuramente influenzata dal lockdown. La tv sarà anche agonizzante come in molti dicono ma con le smart tv lo schermo ha ripreso la sua centralità come testimonia la “guerra del telecomando” in cui le varie piattaforme si sfidano. Un media, dunque, non solo resiliente ma in crescita. Uno strumento come l’Annuario è importante perché la Commissione, nella sua definizione, non è solo di vigilanza ma anche di indirizzo».
«In un panorama frammentato e in evoluzione come quello della tv generalista – ha detto la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati – arrivano, a prescindere dalla pandemia, indicazioni ben precise come la crescita del 23% del pubblico nella fascia 4-14 anni. Ormai c’è un’osmosi tra la tv generalista e quella digitale. In tal senso voglio sottolineare il caso di “Mare fuori” che, lanciata in anticipo su RaiPlay rispetto alla trasmissione in tv, ha raccolto 250mila visualizzazioni al giorno prima della messa in onda. La strada è questa: attrarre intergenerazionalità. E per catturare pubblici diversi serve una costante ricerca di novità in termini di stili e linguaggi».
«In questo anno abbiamo potuto osservare la redistribuzione dell’uditorio tra l’offerta lineare e quella non lineare ha spiegato il presidente dell’APA Giancarlo Leone - gli abbonati alle piattaforme come Prime, Netflix e Disney+ sono 10 milioni (e a breve diventeranno 15) per un fatturato di oltre 1,5 mld di €. Questo ha impattato molto dal punto di vista della proattività del telespettatore. Dal punto di vista della tv (non ovviamente di cinema e teatri) durante la pandemia si è prodotto di più».
«Tuttavia – ha rilanciato il presidente dell’Associazione produttori Audiovisivi - alla Rai vanno dati gli strumenti per perseguire questo obiettivo. L’extragettito sul canone non le viene restituito e proprio sul canone continua ancora a pagare un’antichissima tassa. Le risorse sono sempre di meno e la Rai, per essere il volano della cultura italiana, deve avere i mezzi per investire su serialità, documentari, film e animazione».
Un’osservazione a cui ha prontamente replicato Barachini: «Sono critiche corrette e che condivido. Mi preme però puntualizzare che forse è però necessario aggiornare il contratto di servizio. In particolare, sarebbe auspicabile, da parte della Rai, una contabilità separata in cui gli introiti pubblicitari vengano distinti dagli investimenti destinati alle produzioni».