Ogni anno, il 21 novembre, viene celebrata la Giornata mondiale della televisione. Questa giornata è stata istituita nel 1996 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare la data in cui è stata tenuta la prima Assemblea generale dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) nel 1956. Ogni anno la Giornata mondiale della televisione offre l'opportunità di riflettere sulle trasformazioni del mezzo televisivo nel corso del tempo e di esaminare il suo impatto sulla società. In occasione della giornata celebrativa e nell’anno in cui la televisione ha compiuto 70 anni, Massimo Scaglioni, professore di Economia e storia dei media e direttore del CeRTA-Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, fa un quadro di come la tv tradizionale stia mutando, interagendo sempre più con i social media: due mondi non auto-escludenti ma sempre più connessi.
In occasione della Giornata Mondiale della televisione, che cade in un particolare anno di anniversari, possiamo dirlo con certezza: la televisione come mezzo di comunicazione è più vivo e centrale che mai. E lo è grazie alla sua capacità di innovarsi, di ibridarsi con l’ambiente digitale, delle piattaforme e dei social media, che caratterizza il nostro presente.
Si citavano gli anniversari che stiamo ricordando in questo 2024 così carico di date simboliche per la storia dei media in Italia. Stiamo infatti festeggiando, proprio quest’anno, i cento anni dalle prime trasmissioni regolari dell’Uri, l’Unione Radiofonica Italiana (1924-2024). Trent’anni più tardi, partono anche le regolari trasmissioni della televisione, della Rai, con le immagini di “Arrivi e Partenza”, con Mike Bongiorno, che seguono quelle delle cerimonie ufficiali di inaugurazione. Era il 3 gennaio del 1954, e anche in questo caso l’anniversario è importante: è quello dei settant’anni di TV (1954-2024).
Dopo settant’anni, la televisione sembra entrare in una fase nuova, molto caratterizzata dalla presenza (e dal potere) tanto delle piattaforme, in particolare quelle di streaming video (come YouTube o Netflix), quanto dei social media (come Instagram o TikTok).
La storia dei media ci insegna da sempre che i diversi mezzi che salgono sulla scena dei nostri usi e consumi non si sostituiscono. Piuttosto, si ibridano fra loro. E oggi passiamo dall’età del broadcasting (la radio-televisione nata appunto cento anni fa) a quello dello streamcasting, ovvero l’attuale stato di ibridazione fra broadcasting televisivo tradizionale e piattaforme di streaming.
Non c’è dubbio che la modalità tipica di distribuzione dei contenuti audiovisivi propri delle piattaforme di streaming, che utilizzano Internet come strumento di diffusione, hanno cambiato molto le abitudini del consumare la tv. La prima e più importante caratteristica delle piattaforme alla Netflix o Disney+ o Amazon Prime Video è che non hanno un palinsesto, quanto piuttosto delle interfacce, spesso governate da algoritmi e sistemi di raccomandazione, che presentano cataloghi molto vasti di contenuti audiovisivi: film, serie televisive, documentari, programmi di intrattenimento, persino sport. Il tutto è offerto on-demand, a richiesta, e la flessibilità è moltiplicata dal fatto che ognuno di noi ha a disposizione almeno quattro schermi diversi (il vecchio televisore, gli smartphone, i tablet e i pc) per rendere portatile e personale il consumo. Le piattaforme sembrano delineare la fine del consumo di massa, in favore della radicale personalizzazione. A ognuno il suo contenuto, quando e dove vuole. Una profonda individualizzazione e personalizzazione del consumo mediale, che si lega alla promessa dei social media di trasformarci, tutti noi, in mezzi di comunicazione.
Ma le cose, nella realtà e nella storia, anche dei media, non sono né semplici né lineari. Tutti i dati sul consumo di media e sulle diete mediali, fra gli altri quelli che CeRTA-Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica elabora e analizza negli “Annuari della televisione” (il più recente si intitola Multi-polarità. Televisione e streaming verso il mercato maturo, 2024), evidenziano una naturale resilienza dei mezzi tradizionali, televisione in testa. Nel nostro Paese, negli anni post-pandemici, il consumo dei contenuti televisivi è aumentato e non diminuito (per i dati puntuali si rimanda all’Annuario della televisione, scaricabile al sito Annuariodellatv.it).
E dunque nell’epoca dello streamcasting gli editori televisivi sono chiamati a fare anche gli streamer, a sperimentare modalità innovative di distribuzione, mentre le piattaforme on-demand a sottoscrizione, come Netflix, finiscono per “rubare” alcune ricette consolidate dalle televisioni.
La televisione come mezzo vive dunque oggi una nuova vita, una nuova giovinezza. È al centro di un sistema mediale che comprende anche le piattaforme e i social media, che contribuiscono a diffondere (e a promuovere) contenuti che si originano in televisione. La tv si trasforma, le professioni che la caratterizzano cambiano, ma il mezzo, possiamo dirlo, resta centrale per le nostre vite!
Immagini di rawpixel.com su Freepik