La fragilità dell’essere umano e la sua sofferenza sono il vero cuore del Cantico delle creature di san Francesco. La fama di questo testo da sempre si deve alla lode al creato, al sole, alla luna e alle stelle, ma una nuova interpretazione, una sorta di “canone inverso”, analizza gli ultimi versi del Cantico e rovescia la prospettiva mettendo al centro il perdono e la morte. A proporre questa visione è il libro Il cuore nascosto del Cantico. Da sora Morte a frate Sole (Mondadori, 2025), dell’arcivescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino Domenico Sorrentino che martedì 14 ottobre l’ha presentato nel campus milanese dell’Università Cattolica alla presenza del giornalista e scrittore Paolo Brosio e del docente di Teologia dell’Ateneo padre Gianluca Zuccaro.
«Le ultime due strofe, per quanto siano state composte dopo le prime e in un ambiente diverso, sono autobiografiche e raccontano un Francesco molto sofferente che arriva a dubitare della sua salvezza eterna. Una vera prova interiore» – ha detto l’arcivescovo. Dopo aver composto la lode al creato nella chiesa di San Damiano ad Assisi, il Santo vive tra le mura del vescovado un dolore fisico e spirituale non solo a causa della sua quasi cecità ma anche delle richieste provenienti dalla moltitudine di discepoli che lo seguono e chiedono di ridurre la radicalità della povertà. «Francesco è “estremo”, si è spogliato totalmente per essere come Dio e vive la battaglia interiore del crocifisso» – ha continuato Sorrentino.