L’attacco armato della Federazione russa all’Ucraina segnerà i prossimi decenni delle relazioni internazionali e sembra essere destinato a riscrivere il futuro dei rapporti tra i paesi europei. In questo quadro il vero punto di forza su cui può contare la leadership russa è la significativa dipendenza dell’Europa, in particolare della Germania e dell’Italia, dal gas russo oltre che dal petrolio.
Il resto dell’economia russa è relativamente debole, sebbene si sia adattata alle sanzioni che seguirono l’annessione della Crimea e stia cercando di creare nuovi rapporti internazionali che ne evitino l’isolamento. L’alto livello delle riserve valutarie (638,2 miliardi di dollari) e il basso stock di debito pubblico (17,40% del PIL) si contrappongono ad un PIL modesto (1456Mld $), ad una forte concentrazione della ricchezza nelle oligarchie, un alto tasso di inflazione ed una drammatica svalutazione della moneta.
La Russia è da un lato un mercato di limitate dimensioni per l’export europeo, ma l’import di materie prime, in particolare energetiche, da Russia e Ucraina crea un rapporto di dipendenza significativo. L’EU27 ha acquistato nel 2021 dalla Russia il 38% del gas naturale di cui ha bisogno. Si tratta del medesimo peso sulle importazioni di gas del 2015, ma in un contesto in cui la produzione interna di gas è passata da circa 1000 TWh del 2015 ai 400 del 2021 ed è stata sostituita da maggiori acquisti di gas naturale liquefatto (LNG, dall’8% del 2015 al 18% di oggi, in parte anche dalla stessa Russia).
La domanda centrale in questa discussione riguarda la possibilità che l’Europa possa credibilmente affrancarsi da questa dipendenza. Un paper molto utile di Bruegel ha stimato una sottoutilizzazione delle fonti di approvvigionamento del gas (diverse dalla Russia) di 1800 TWh/annui (di cui 1000Twh di LNG) che potrebbe teoricamente compensare l’attuale volume di 1700 Twh/anno che riceviamo dalla Russia. Ad esso occorrerebbe aggiungere il potenziale allargamento delle forniture dagli altri nostri fornitori tradizionali Norvegia, Nord Africa e Azerbaijan e l’aumento della produzione interna.
Questo significativo processo di conversione dell’approvvigionamento di gas si potrebbe realizzare a prezzo di un aumento significativo dei costi (anche dovuto dall’attuale saturazione della capacità di liquefazione e trasporto di LNG) e da cambiamenti rilevanti e strutturali nelle catene internazionali di fornitura. I cittadini europei sono disposti a pagare per questo processo di riconversione?
In più, il Green Deal Europeo dovrebbe modificare strutturalmente l’attuale bilancio energetico dell’Unione. Su questo terreno l’EU27 è passata dal 10,2% dei consumi da rinnovabili nel 2005 a 19,5% nel 2019. Nel caso dell’Italia, il bilancio energetico ci fornisce un quadro in cui a fronte di un consumo interno lordo di quasi 170 Mtep ne produce all’interno 42,6, ne importa 157 di cui 58 da gas. Il Green deal europeo punta prevalentemente sulle rinnovabili ed a regime potrebbe raggiungere un mix nel quale si tenga finalmente conto del rischio politico associato alle diverse fonti di approvvigionamento. È da considerarsi quindi anche il fatto che il Green Deal sia stato una delle motivazioni delle attuali scelte russe. Tra l’altro la Russia si sta già preparando a spostare la sua produzione di gas verso altri paesi, ma avrà bisogno di tempo perché i gasdotti non sono ancora tutti disponibili (il progetto cinese-russo-giapponese Arctic 2 è agli inizi) e dal gas dipende una parte importante della sua economia di oggi. In questo tempo anche la Russia dovrà gestire la sua “dipendenza” di fornitore dell’Europa. Tutto ciò forse non potrà scongiurare la guerra, ma potrebbe contribuire a riportare i governi ad un tavolo di trattative.