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I "Cambia-menti" sono possibili se le menti fanno rete

01 aprile 2021

I "Cambia-menti" sono possibili se le menti fanno rete

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Già nel titolo “Cambia-menti” si scorge la missione del corso Cives organizzato dal campus di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme alla Diocesi di Piacenza e Bobbio. L’ultimo appuntamento di questo itinerario di riflessione, partito lo scorso ottobre e giunto alla XX edizione, si è consumato con la partecipazione di tre ospiti che interpellati dagli studenti hanno affrontato il tema dei cambiamenti da prospettive locali, ma non solo. Parlare di università, di fede, di solidarietà e comunità significa rivolgersi a coordinate universali.

Esperto di cambiamento è il vescovo della Diocesi di Piacenza-Bobbio, monsignor Adriano Cevolotto, che a 62 anni è stato ordinato vescovo e si è trasferito a Piacenza. «Il cambiamento ci è imposto, ma siamo noi che lo dobbiamo scegliere - dice - questo tempo ha messo in luce che siamo in una condizione che ci accomuna nel dramma, ma anche nella soluzione; non vi è pertanto ambito che possa essere pensato a se stante. La crisi sanitaria, d’altronde, è diventata economica, sociale, esistenziale, religiosa». Il futuro, dice il vescovo, presenta punti interrogativi, domande a cui le nuove generazioni possono contribuire a dare delle risposte.
 
È qui che l’università gioca un ruolo fondamentale, come sottolinea Anna Maria Fellegara, preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica: «L’università non può attraversare il Covid come se nulla fosse - spiega - si sente sulle spalle la responsabilità di chi deve accompagnare nell’ultimo miglio una nuova generazione di cittadine e cittadini, chiamati a prendere in mano un mondo complesso».

«Le città che non hanno università sono destinate a un impoverimento culturale -  spiega - ecco perché la prossima trasformazione dell’ospedale piacentino in universitario è vista come una grande opportunità, non come un accumulo di concorrenti sul territorio. «L’Università Cattolica - continua Fellegara - la cui centralità qui a Piacenza non sempre a mio avviso è riconosciuta come dovrebbe, è pronta a collaborare con il nuovo corso di medicina, come d’altronde è stato fatto nei primi tempi in cui giunse a Piacenza il Politecnico».

La condivisione di obiettivi da cui la comunità intera può trarre benefici abita anche le parole di Roberto Rovero, vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, ente che si dedica a welfare, studio e cultura, tre aspetti in sofferenza durante l’epidemia. A cominciare dal primo. «Non si può fornire una risposta soddisfacente alle nuove povertà generate dall’economia - dice Rovero - se non con una volontà e un’idea comuni. Con le associazioni e con la Curia si è dato vita a un sistema che possa aiutare chi è in difficoltà».

L’Emporio solidale è uno dei riferimenti imprescindibili di tale rete di aiuto, benché l’azione della Fondazione si diriga anche verso altre aree. La cultura è una di queste, dice Rovero riferendosi all’XNL, spazio per eventi culturali da ripetere e modificare nel tempo, «la cui potenzialità non si è dispiegata pienamente perché inaugurato poco tempo prima dello scoppio dell’epidemia».

Un articolo di

Filippo Lezoli

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