Se tutte le religioni parlano della pace, perché allora si fanno le guerre invocando il nome di Dio? Il legame tra il sacro e la violenza è solo il frutto di un’aberrazione, o la spia di un malessere più profondo, intimo, che ha a che vedere con la natura dell’uomo?
Su questi interrogativi e paradossi hanno ragionato, lunedì 26 novembre, all'Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano, studiosi e studiose di diverse discipline.
L’occasione è stata il XIV seminario internazionale organizzato dall’Archivio “Julien Ries”, con la collaborazione del Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa.
Come aveva anticipato Silvano Petrosino, professore ordinario di filosofia teoretica all’Università Cattolica e direttore dell’Archivio “Julien Ries”, la riflessione non ha fatto sconti a nessuno.
Pur senza farsi appiattire sull’attualità, il dibattito ha offerto un contributo per guardare in modo più consapevole a quello che succede oggi, in un mondo che «è attraversato da almeno 30 conflitti, due dei quali, i più vicini a noi, quello tra Ucraina e Russia, e quello tra Israele e Hamas, vedono contrapposti confessioni o appartenenze religiose diverse», ha ricordato ad apertura dei lavori l’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, mons. Claudio Giuliodori.
Come nello studio di uno psicoanalista, tutte le grandi tradizioni religiose sono state fatte accomodare, per così dire, sul lettino: non solo le tre abramitiche (ebraismo, cristianesimo, islam) ma anche l’induismo e l’antico zoroastrismo. Come capita in questi casi, l’analisi è già parte della guarigione.
Citando Carl Schmitt, Gianfranco Miglio e Massimo Cacciari, il professor Lorenzo Ornaghi, politologo e già rettore della Università Cattolica, ha messo in luce il rapporto tra politica e guerra. Un legame, che sarebbe suggerito dalla radice comune dei due termini greci, polis e polemos, da cui derivano i rispettivi concetti. Ma questa relazione - di cui la storia ha offerto innumerevoli e ricorrenti prove - è ambivalente, perché «da un lato, la politica, dividendo tra amici e nemici, nutre dentro di sé e genera la guerra; dall’altro, quest’ ultima può essere limitata e dominata solo dalla prima: la politica», ha spiegato Ornaghi.
In questo vincolo inscindibile, in tale abbraccio fortissimo, la religione finisce con l’essere stritolata.
«Nell’epoca moderna, la politica, pretendendo di essere il solo strumento di cambiamento della società, inevitabilmente cerca di asservire la religione. E quando la religione china la testa, rinunciando al fascino del sacro, finisce con il degenerare in ideologia», ha osservato infine Ornaghi.