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Il Capitalismo malato riparta dalla democrazia

27 agosto 2025

Il Capitalismo malato riparta dalla democrazia

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La diagnosi è indiscutibile, semmai è sulla terapia che occorre trovare un accordo. Al Meeting di Rimini si parla di “Capitalismo malato”, ovvero del paradosso per cui – come sintetizza il moderatore dell’incontro, il giornalista del quotidiano Domani Mattia Ferraresi – «persone perbene compiono scelte dannose per la comunità». Succede nei consigli d’amministrazione delle grandi corporation statunitensi, che di norma si attengono alla teoria formulata nel 1970 da Milton Friedman. Secondo questo «teorema di separazione», la responsabilità sociale delle imprese corrisponderebbe alla massimizzazione dei profitti, che si tradurrebbe poi in risorse messe a disposizione della comunità.

«Ma all’atto pratico questa scissione tra decisione morale e decisione aziendale produce effetti disastrosi», spiega alla platea del Meeting Lugi Zingales, autorevole economista dell’Università di Chicago che da alcuni anni, insieme con il collega Oliver Hart, propone un modello del tutto diverso, incentrato sul benessere degli azionisti e non sul mero profitto. «Per riportare la morale nelle aziende, occorre ripensare il processo partecipativo – afferma –, prendendo esempio dalla più antica forma di organizzazione democratica, l’assemblea dei cittadini nella polis greca. Un gruppo di azionisti, selezionati e sorteggiati sulla base di criteri di effettiva rappresentatività, potrebbero essere consultati in vista delle decisioni più impegnative sul piano etico-politico, proprio come accadeva nell’Atene di Pericle. Ne deriverebbero deliberazioni senza dubbio più efficienti rispetto a quelle prese secondo la logica corrente».

A questo disegno di «democrazia aziendale» reagiscono Emilio Colombo e Piergiovanna Natale, docenti di Economia politica rispettivamente all’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’Università di Milano Bicocca. Se le osservazioni di Natale vertono sull’individuazione degli argomenti su cui gli azionisti dovrebbero esprimersi e sulle relative modalità di comunicazione («Un aiuto concreto potrebbe venire dalla creazione di un ombudsman aziendale, ovvero di un difensore civico interno alla struttura organizzativa», ipotizza Zingales), Colombo si preoccupa di sottolineare le differenze tra la situazione europea e quella statunitense, alla quale fa principalmente riferimento la riflessione di Hart e Zingales.

«Mi domando – dice Colombo – se all’interno della Ue non sia preferibile una soluzione simile a quella tedesca, che prevede il diretto coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni aziendali. Si tratta, tra l’altro, di un meccanismo che può essere adottato anche in imprese non quotate o comunque di piccole e medie dimensioni. Su un altro versante, mi pare che in Europa viga una regolamentazione più stringente di quella presente negli Usa: anche questo è un fattore da tenere nella dovuta considerazione nel momento in cui andiamo in cerca di una cura per le patologie del capitalismo».

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Redazione

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