Nel centenario della sua nascita il docente, poeta e traduttore mercoledì 21 settembre è stato commemorato dal suo ateneo, l’Università Cattolica, a cui è stata donata la sua biblioteca.
La Cattolica di Milano era la “sua” università. Quella dove ha sempre insegnato. Per celebrare Luciano Erba (1922-2010) nel centenario della sua nascita e la donazione dei suoi volumi di letteratura francese alla Biblioteca dell’Ateneo, mercoledì 21 settembre nell’aula Bontadini l’evento “La biblioteca di Luciano Erba” ha promosso un reading dalla raccolta delle versioni poetiche, I miei poeti tradotti, a cura di Franco Buffoni, edita da Interlinea che ora manda in libreria il capolavoro del poeta, L’ippopotamo, in edizione commentata, a cura di Samuele Fioravanti (nella collana “Biblioteca di Autografo” fondata da Maria Corti, amica del poeta e francesista).
La giornata, dopo i saluti iniziali di Marisa Verna, è stata animata da letture tratte dall’antologia I miei poeti tradotti (Interlinea) a cura di Elena Gaffuri con le voci delle giovani studentesse Giulia Catullo, Sara Comparini, Arianna Galli, Nicole Rossi, Valentina Sbravati, Aline Gail Webster. Inoltre, per l’occasione, nell’atrio dell’aula Bontadini è stata allestita una mostra bibliografica di prime edizioni a cura della Biblioteca d’Ateneo
Sono seguite poi le relazioni di Roberto Cicala (Il tranviere metafisico e l’ippopotamo: ricordo da amico ed editore), Franco Buffoni (Le traduzioni-testo di Luciano Erba), Monica Lucioni (Tradurre mot-à-mot. Il caso di Blaise Cendrars) e Giulia Grata (Riciclare la tradizione. Il caso di Jean de Sponde).
La raccolta di traduzioni. In I miei poeti tradotti sono riuniti testi originali e traduzioni di Luciano Erba da Cendrars a Claudel, da Machado a Neruda, da Racine a Villon, a cura di Franco Buffoni (Interlinea, pp. 312, euro 18): si tratta delle poesie amate e tradotte lungo un’intera vita nell’idea che «una traduzione di poesia è sempre destinata ad essere un’altra cosa» e per questo è un’esperienza da fare, anche come lettori. Erba ci accompagna in un viaggio lirico che passando per la Fiandra dei simbolisti attraversa l’oceano e i secoli, da Hugo e Claudel a Machado e Neruda, da Racine a Rodenbach, da Villon alla Swenson, facendoci scoprire mondi, sentimenti ed emozioni che, per citare Francis Ponge, appaiono «cristalli naturali». Grazie a queste traduzioni anche noi avvertiamo con lui la lucentezza di questi tesori e ci domandiamo: «Perché alla vista dei cristalli ci sentiamo così repentinamente affascinati?»
L’edizione commentata dell’Ippopotamo. Docente universitario e poeta appartato, eppure tra i più importanti del Novecento, Erba ha scelto l’ippopotamo come uno dei suoi simboli perché «forse la galleria che si apre / l’ippopotamo nel folto della giungla / per arrivare al fiume, ai curvi pascoli» rappresenta l’emblema della ricerca umana, tra natura, attese e sogni. In questi testi il poeta milanese predilige una poesia di piccole cose quotidiane per parlare dei grandi interrogativi dell’esistenza e della vita civile, nel dubbio (metafisico e aperto alla speranza) che «forse questo e qualsiasi tracciato… / altro non sono / che eventi privi d’ombra e di riflesso / soltanto un segno che segna se stesso». Come scrive Roberto Cicala nella presentazione all’edizione commentata dell’Ippopotamo, in uscita presso Interlinea per il centenario della nascita dell’autore, «Erba è un grande suggeritore di interrogativi più che risposte ed è uno dei suoi valori maggiori. Lo sa chi ha avuto il dono di conoscerlo ed essergli amico frequentandolo sul suo terrazzo-osservatorio “a trenta metri dal suolo”, sopra una Milano al tramonto, davanti al quale, si legge in una sua poesia, “interroghi l’alfabeto delle cose / ma al tuo non capire niente di ogni sera / sai la risposta di un mazzo di rose?”. La cultura letteraria del Duemila ha bisogno dell’eredità di poeti del secondo Novecento come Luciano Erba e per questo è salutare tornare a leggerlo, perché ogni suo testo, all’apparenza semplice e quotidiano, seppur straniante, rivela un enigma profondo».
L’autoantologia. Una vera e propria chicca è poi l’antologia delle più belle poesie di Luciano Erba scelte da lui stesso e affiancate dagli autografi: Interlinea allestì questo libro, Si passano le stagioni, nel 2002 per il suo ottantesimo compleanno e restano poche copie in magazzino, rese nuovamente disponibili fino a esaurimento scorte. La poesia del titolo è indicativa dell’ultima stagione dell’autore: «Si passano le stagioni / a scavare il tronco di un albero / per preparare la piroga / su cui c’imbarcheremo in autunno». Tra i testi selezionati, oltre ad alcuni inediti giovanili, poesie note come Gli ireos gialli, Moebius, Autoritratto e Verso Santiago, sempre nel segno dell’incertezza del vivere: «mi ritrovo senza traccia di tappa / di sosta, di partenza, di arrivo».
L’autore. Luciano Erba (Milano, 1922-2010), una delle voci più alte della poesia italiana del Novecento, è stato, oltre che pregevole traduttore, un fine francesista e comparatista, studioso in particolare del primo Seicento, della poesia simbolista e della letteratura del primo Novecento francese. Rifugiato in Svizzera nel novembre del 1943, grazie a una borsa di studio riesce a frequentare nel 1944 l’Università di Losanna e a seguire, nel 1945, i corsi di Gianfranco Contini all’Università di Friburgo. Si laurea all’Università Cattolica di Milano nel 1947, quindi si trasferisce a Parigi fino al 1950. Rientrato a Milano, negli anni Cinquanta esordisce con la sua prima raccolta di poesie Linea K (Guanda, 1951) e collabora a numerosi periodici letterari. Nel 1954 cura con Piero Chiara l’importante antologia poetica Quarta generazione. La giovane poesia (1945-1954). Dal 1955 al 1963 è professore incaricato di letteratura francese all’Università Cattolica di Milano, quindi si trasferisce negli Stati Uniti dove insegna letteratura comparata fino al 1966. Rientrato in Italia, insegna in diverse università italiane ritornando nel 1985, già professore ordinario, alla Cattolica, dove concluderà la sua carriera universitaria. Insignito per la sua attività poetica dei più prestigiosi premi letterari italiani (dal Viareggio all’ultimo alla carriera del Festival di poesia civile), nel 2007 ha ricevuto il premio Antonio Feltrinelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Le sue principali raccolte di poesia sono Il male minore (Mondadori, 1960), Il nastro di Moebius (Mondadori, 1980), Il tranviere metafisico (Libri Scheiwiller, 1987), L’ippopotamo (Einaudi, 1989), L’ipotesi circense (Garzanti, 1995). Nel 2002 esce la raccolta completa nella collana “Oscar” Mondadori, a cura di Stefano Prandi, e nel 2022 Tutte le poesie nei “Baobab”. Per gli ottant’anni, presso Interlinea, è uscita l’autoantologia Si passano le stagioni seguita da Un po’ di repubblica. Le poesie di Erba sono tradotte in diverse lingue su numerose riviste e antologie. Sul versante degli studi, fra i tanti, si segnalano la pregevolissima edizione critica delle Lettres di Cyrano de Bergerac, i saggi Huysmans e la liturgia. E alcune note di letteratura francese contemporanea e Magia e invenzione. Note e ricerche su Cyrano de Bergerac e altri autori del primo Seicento francese, riedito nel 2002 da Vita e Pensiero in edizione accresciuta.
In occasione della morte di Luciano Erba nel 2010, Cattolicanews aveva pubblicato un'intervista rilasciata dall'autore al magazine dell'Ateneo Presenza al compimento dei suoi ottant'anni nel 2003. La riproponiamo qui per ascoltare le sue parole.