Fino a qualche anno fa per ricordare qualcosa, per avvisare o mandare un messaggio scrivevamo a mano: su blocco notes, quaderni, fogli sparsi, ogni pezzo di carta era utile per scrivere qualcosa all’occorrenza. Oggi invece, soprattutto i giovani, a iniziare dai Millennial, più che scrivere digitano, nel senso che ormai carta e penna sono stati sostituiti da smartphone e computer. In pratica stiamo assistendo ad un progressivo abbandono della scrittura manuale, a favore di un metodo più veloce e immediato, quello che vede l’utilizzo di dispositivi tecnologici. I ragazzi nativi digitali sono molto abili a scrivere col supporto di tastiere e touch, mentre presentano spesso difficoltà quando devono confrontarsi con un foglio bianco e la cara “vecchia” penna. In occasione della Giornata mondiale della scrittura a mano che si celebra il 23 gennaio la professoressa Simona Gavinelli, docente di Paleografia latina alla Facoltà di Lettere e filosofia, spiega perché è invece importante scrivere e saper scrivere a mano, considerando come la scrittura a mano organizza le informazioni nel cervello in modo tale da sviluppare e potenziare la capacità di ricordare e stimolare il pensiero astratto e creativo, creando nuovi collegamenti di senso.
Nel maggio del 2023, insieme alla proposta di legge avanzata dalla Camera dei deputati (AC 758) allo scopo di valorizzare la scrittura a mano e la calligrafia, è stata istituita - per il giorno 23 gennaio 2024 - la prima Giornata nazionale della scrittura a mano come vincolo di conservazione della lingua e della cultura italiana (dal 2021 l’Unesco ha in effetti inserito la calligrafia araba nella lista rappresentativa del patrimonio della cultura immateriale).
Attenuare o rinunciare alla scrittura a mano fin dal nevralgico insegnamento elementare comporta infatti un atteggiamento di passività, un minore impegno psico-fisico - paragonabile alla mancanza dell’allenamento sportivo - che determina una progressiva riduzione delle funzioni neuroplastiche cerebrali a scapito di un armonico sfruttamento delle capacità sensoriali, della concentrazione. A ciò si aggiunge un rallentamento dei processi di apprendimento, di stimolo verso le abilità creative grafico-artistiche e le competenze linguistiche, fino all’analfabetismo di ritorno dell’età matura.
La scrittura manuale, che nella scuola dell’obbligo fino agli anni Sessanta del secolo scorso (come l’ortografia) figurava tra le valutazioni curriculari, sottintendeva dunque una serie di abilità e competenze visibili nella disciplinata e armonica sequenza di caratteri che, proprio nella corsività, alternano occhielli, legamenti e disposizione quadrilineare, restituendo la netta gerarchia tra maiuscolo, minuscolo e caratteri a stampa che, attualmente viene spesso ignorata e compromessa a vantaggio di un esito ibrido.
L’abuso di dispositivi digitali - come computer, tablet o cellulari anche per social o videogiochi - in un’apparente velocizzazione della comunicazione ne riduce piuttosto la qualità come ricchezza e correttezza espressiva, compromettendo lo sviluppo della formazione delle future classi dirigenti. Saper scrivere nitidamente riflette in qualche modo l’organicità di un pensiero affinato da un percorso culturale ben strutturato, per cui si capisce il disorientamento emotivo causato da due anni di forzata didattica a distanza, imposta dalla pandemia, con la sottrazione dell’esperienza motoria a più livelli.
Senza arrivare agli eccessi di Petrarca, che non si fidava dei copisti per la trascrizione dei suoi libri, fin dall’alto medioevo i livelli sociali di alfabetismo nelle fonti documentarie erano attestati mediante l’aspetto fluido, o più o meno disarticolato, delle varie sottoscrizioni autografe.
Nel contesto attuale - in cui è comunque utile possedere una propria firma digitale trasformata in algoritmo matematico – la firma resta comunque un fondamentale tratto connotativo della personalità, come dimostra la caccia agli autografi dei personaggi del mondo sportivo o dello spettacolo. Mentre le Facoltà scientifiche tendono addirittura a reintrodurre il disegno tecnico a mano libera, non è quindi casuale che la celebrazione del 23 gennaio sovrapponga la data a quella anticipata negli Stati Uniti già dal 1977 con l’istituzione del National Handwriting Day -, a un ventennio circa dall’introduzione dei primi computer da tavolo -, fissando come data la nascita di John Hancock (1737-1793): nella sua elegantissima firma, apposta in calce alla Dichiarazione di Indipendenza del 1776, è condensato l’emblema del nazionalismo libertario statunitense, quindi un monito del passato verso il futuro in un tratto di penna.