Perché in Italia nascono sempre meno bambini? Che cosa impedisce ad una coppia di realizzare la propria progettualità genitoriale? E, soprattutto, sarà possibile invertire la tendenza?
Domande inevitabili di fronte alla lenta e inesorabile riduzione della natalità nel nostro Paese, un fenomeno iniziato in modo evidente a partire dal 2008, essendo presenti i primi segnali già negli anni ‘70.
È a queste domande che offriranno risposte e possibili soluzioni i relatori del seminario di studio dal titolo “La denatalità in Italia: eziologia e politiche di intervento”, promosso dal Centro di Ricerca e Studi sulla Salute Procreativa (CeRiSSaP) della Facoltà di Medicina e chirurgia diretto dalla professoressa Maria Luisa Di Pietro, Associata di Medicina legale all'Università Cattolica, che si terrà on line venerdì 14 luglio dalle ore 8.15 alle ore 19.30.
All’incontro, introdotto dalla professoressa Di Pietro, parteciperanno il professor Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia all’Università Cattolica, con una relazione dal titolo “Politiche demografiche e ricadute socioculturali”, il professor Stefano Zamagni, già Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e docente di Economia Politica all’Università di Bologna, con la relazione “Politiche economiche e natalità”, il professor Gilberto Turati, Ordinario di Scienza delle finanze all’Università Cattolica, che affronterà il tema “Welfare state e natalità in Italia”, S. E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico generale dell’Ateneo che, insieme a Lorenzo Lattanzi, Vicepresidente nazionale dell'Associazione Cittadini Mediali (AIART), parlerà di “Fertilità e sessualità nel vortice mediatico”, e Maria Pia Garavaglia, già Ministro della Sanità e Presidente della Casa di Cura Ambrosiana – Fondazione Sacra Famiglia di Milano, che terrà una relazione dal titolo “Denatalità e politiche per la famiglia”.
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«Pur nell’auspicio di un’inversione di tendenza, – anticipa la professoressa Di Pietro - il decremento del numero delle nascite appare non più arginabile, tenendo in conto anche l’assenza di adeguate e strutturate politiche a favore delle nascite. Un Paese, l’Italia, oramai malato cronico di denatalità, che rischia sia il crollo del sistema sociale ed economico sia di non essere proiettato verso il futuro. D’altra parte, chi dovrebbe garantire questo futuro?».
«Così come per affrontare ogni altra patologia – continua Di Pietro - se ne studiano innanzitutto le cause e il loro meccanismo di azione al fine di individuare una cura o interventi di prevenzione, allo stesso modo ‘al capezzale’ di un Paese sempre più vecchio e privo di linfa vitale, la prima domanda è “perché?”. Non è semplice individuare un solo fattore eziologico della denatalità, dal momento che sembra essere conseguenza di un inestricabile groviglio di fattori di rischio culturali, economici, sociali, organizzativi. E non è semplice trovare una soluzione, che richiederebbe interventi concertati sui molteplici fattori di rischio: interventi a livello culturale, educativo, sociale, economico e ambientale».
Il Centro di Ricerca e Studi sulla Salute Procreativa dell’Università Cattolica ha tra i suoi ambiti di ricerca e formazione, proprio il fenomeno “denatalità”. Attivo dal 2019, il Centro sta conducendo, in questo ambito, l’indagine conoscitiva “Scelte di procreazione: un’indagine sulle coppie in Italia” con l’Università di Udine e la collaborazione del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASUFC). Alle coppie intervistate vengono chieste informazioni anche sul proprio progetto di generatività e sulle cause che ne hanno eventualmente impedito la realizzazione. Oltre che sul territorio nazionale, l’indagine è stata estesa ad altri Paesi, coinvolgendo coppie che vivono all’estero e in cui almeno uno dei partner è di cittadinanza italiana. Partendo dalla concretezza della quotidianità e dall’ascolto l’indagine ha l’obiettivo di comprendere i motivi delle scelte, le reali difficoltà incontrate e le aspettative delle coppie e individuare le strategie di intervento che possano meglio rispondere alle loro necessità, anche attraverso la programmazione di politiche familiari, della casa e del lavoro che possano supportare il singolo progetto genitoriale.