NEWS | Notte prima dell'esame

La paura che vola via e il cuore leggero come una piuma

25 marzo 2025

La paura che vola via e il cuore leggero come una piuma

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“Mai dire mai nella vita”. È sufficiente questa affermazione per riassumere, in pochissime parole, lo spirito e l’entusiasmo con cui Francesca Fogliani - laureanda alla magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate – ha vissuto i suoi anni di studio in Università Cattolica. Anni in cui ha voluto sperimentare, appassionarsi e cogliere tutte le opportunità che poteva offrirle il suo percorso di studio. Ma ora andiamo a ritroso, e per farci raccontare i suoi cinque anni nell’Ateneo.

Francesca, com'è stata la notte prima del tuo ultimo esame universitario?
«Io sono solita a non ripassare mai la sera prima di un esame, perché sono convinta che ciò mi creerebbe ansia, rischiando solo di confondermi le idee. Dopo aver puntato almeno cinque sveglie per il terrore di non svegliarmi in tempo e perdere il treno, provo a dormire. La notte prima, di quello che sarebbe stato il mio ultimo esame all’università, ammetto di aver avuto qualche difficoltà ad addormentarmi: la mia mente continuava ad immaginare tutte le possibili situazioni che potevano andare storte il giorno dopo. Dal treno guasto che non mi faceva arrivare in aula in tempo per l’esame, alla professoressa che non riesce ad essere presente, da domande su argomenti mai sentiti prima a io che vado in panico e dimentico tutto quello che avevo studiato ed imparato. Credo sia stato un meccanismo di difesa per prepararmi ad affrontare ogni possibile imprevisto. Non so quando sono riuscita ad addormentarmi, sicuramente a notte inoltrata!».

E invece come ti sei sentita non appena hai concluso l’ultimo esame della tua carriera universitaria?
«L’ultimo esame che ho dato è stato l’orale di "Sociologia del benessere", un esame trasversale rispetto alle materie che siamo soliti studiare a Scienze motorie. Ricordo che, come sono solita fare, sono arrivata in Cattolica con un’ora e mezza di anticipo perché, purtroppo, sono una pendolare e dopo cinque anni ho imparato a non fidarmi mai dei treni e dei loro ritardi. Solitamente l’agitazione inizia ad assalirmi nel momento in cui inizio ad ascoltare le interrogazioni degli altri studenti, perché mi rendo conto quanto, o meno, sono preparata. Fortunatamente, quella mattina, sono stata chiamata per prima. “Molto bene Francesca, 30!”, ricordo perfettamente la voce e le parole della professoressa, così come ricordo che in quel momento sentii il peso della paura di non farcela volare via e il mio cuore divenire leggero come una piuma. Feci un respiro profondo e consegnai il badge alla professoressa affinché potessi verbalizzare il voto. Tornata a posto e scrissi subito, sul gruppo WhatsApp con la famiglia, che avevo appena dato l’ultimo esame universitario della mia vita. Mi sentivo contenta e orgogliosa di me stessa, ero conscia di essere arrivata alla conclusione di un importante percorso della mia vita».

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

Graziana Gabbianelli

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Se ripensi a tutti gi esami e le prove sostenute, qual è l’esame che ti ha dato maggiori soddisfazioni o che è stato particolarmente interessante da preparare?
«Gli esami che si preparano con maggiore attenzione e sui quali trascorri molto tempo ritengo siano quelli che ti lasciano maggiori soddisfazioni una volta superati. Di grande impegno e di grande interesse per me è stato l’esame di “Valutazione funzionale e ricerca sperimentale applicata alle scienze motorie”, tenuto dalla professoressa Christel Galvani, durante il primo anno di magistrale. In questo corso abbiamo imparato a svolgere dei test fisici per poter trovare i parametri della persona esaminata – nel nostro caso atleti professionisti - ed essere in grado di capire il loro stato di forma fisica, comprendere quali sono i loro valori massimi raggiungibili in termini di forza, potenza e altri parametri aerobici. E’ questo il punto di partenza per sviluppare un allenamento personalizzato sull’atleta e vedere, nel tempo, i suoi miglioramenti; dopo qualche mese, si svolgono di nuovo i test e se i risultati sono migliorati, vuol dire che il programma di allenamento elaborato è corretto! Fare i test nel laboratorio del Centro Accademico Sportivo “Rino Fenaroli”, confrontandosi con veri atleti, è stato per me davvero molto interessante».

E se invece dovessi dirmi l'esame più difficile?
«L’esame più difficile è un titolo conteso tra: “Neurologia e controllo motorio nelle malattie neurologiche” e “Malattie dell’apparato locomotore e fisiochinesiterapia”, esami nei quali si è studiato le principali malattie neurologiche e dell’apparato locomotore (ossa, muscoli, tendini) e le attività motorie da svolgere con i pazienti per potergli dare una terapia personalizzata. Non tutti lo sanno, ma l’esercizio fisico in molti casi è un vero e proprio farmaco, che può e deve essere somministrato per prevenire una malattia o curarla. Probabilmente ho trovato grandi difficoltà in questi due esami perché la parte teorica era estremamente mnemonica e riguardava, considerato la vastità di argomenti da studiare, circa 280 pagine per il corso di neurologie e 300 per quello di fisiochinesiterapia, con circa 1200 slide di approfondimento».


Ormai prossima alla tua laurea magistrale mi sapresti dire che cosa ti ha maggiormente interessato, ed è stato utile, del tuo corso di studio in Cattolica?
«Nel mondo delle scienze motorie quello che fa davvero la differenza è la parte pratica. Soprattutto in prospettiva di quello che vorrei fare in futuro, professionalmente parlando, molto utili per me si sono rivelati i tirocini. Nel corso dei due anni di magistrale abbiamo svolto 300 ore di tirocinio, suddivisi nelle varie materie. Ho svolto tirocini con i disabili presso l’ospedale Niguarda di Milano, con pazienti cardiopatici e anziani parkinsoniani o affetti da Alzheimer a Roma presso il Policlinico Gemelli, persone che rientravano da interventi di ricostruzione del legamento crociato anteriore o di sostituzione protesica di un’articolazione. Ho svolto attività di educazione al movimento presso una scuola materna di Novara e a Cusano Milanino presso un centro specializzato nella terapia fisica con persone che presentavano patologie al rachide. Tutte queste esperienze pratiche, “sul campo”, mi hanno fatto comprendere meglio quali sono gli ambiti lavorativi nei quali vorrei inserirmi in futuro».

Lo studio in Cattolica è stato solo lezioni ed esami o hai fatto anche altre esperienze interessanti?
«Mi sento di dire che, per fortuna, non è stato solo studio. Ho avuto la possibilità, tramite Cattolica International, di svolgere un programma di volontariato la scorsa estate in Indonesia, all’interno di un programma di conservazione e protezione di tartarughe marine. Ricordo che a febbraio 2024 ricevetti da Cattolica International una mail di presentazione delle varie iniziative relative ai Summer Programs. Rimasi subito colpita dalle attività di volontariato con gli animali, io vivo a Robecchetto con Induno, un piccolo paese che fa parte della riserva naturale del Parco del Ticino, e sono cresciuta circondata dal verde, dalla natura e dagli animali e quindi il loro benessere è una questione che mi sta molto a cuore. Mi iscrissi subito ad un incontro di presentazione dell’iniziativa e, dopo averne discusso con i miei genitori, decisi di cogliere l’opportunità!».

E così ti sei ritrovata su una piccola isola sperduta nel mezzo dell’Oceano Indiano, chiamata Nusa Penida. Raccontaci questa tua avventurosa esperienza…
«Non credo serva nemmeno dire che è stata l’esperienza più bella e assurda della mia vita. Ho conosciuto persone provenienti da ogni parte del mondo, ho visto luoghi che mai mi sarei immaginata di visitare un giorno, ho trovato persone dalla gentilezza infinita, ho assaggiato cibi con sapori così diversi dai nostri, ho passeggiato insieme alle scimmie che mi saltavano in spalla, sono salita su un vulcano di notte per vedere l’alba sull’oceano, ho fatto snorkeling insieme ai delfini e alle mante e ho guardato, con immensa soddisfazione mista a commozione, le tartarughe che avevo accudito e curato per un mese, correre verso l’oceano e nuotare liberamente nelle sue fredde acque. Potrei raccontare all’infinito tutte le esperienze vissute durante quel mese, ma invece voglio solo dire a tutti gli studenti di avere coraggio e di cogliere al volo queste opportunità che l’università offre, non escludetevi da queste esperienze, perché imparerete molto su di voi e sul mondo».

Ad aprile ti laurei con una tesi dedicata alla sostenibilità ambientale, perché hai scelto di approfondire questo tema?
«La tesi che discuterò si intitola Parigi 2024 e Milano-Cortina 2026 tra sport e sostenibilità: promesse e contraddizioni nella realizzazione di eventi sportivi di massa ed il mio relatore è la professoressa Paola Abbiezzi con la quale ho svolto il corso di “Metodologia della comunicazione sportiva e marketing”. L’idea nasce dal progetto che la professoressa ci chiese di pensare per l’esame: dovevamo ideare, presentare e organizzare un evento legato al mondo dello sport e pubblicizzarlo, mettendo in evidenza i punti di forza e i punti di debolezza, i possibili partner economici e sociali che ci avrebbero aiutato nella realizzazione dello stesso. Io proposi l’organizzazione di una corsa ecologica all’interno del Parco del Ticino: la sostenibilità ambientale e la tutela della natura e degli animali è un argomento molto importante per me e decisi così di farne un progetto da presentare all’esame e, successivamente, di chiedere alla professoressa Abbiezzi di poter scrivere la tesi, approfondendo tale argomento. Nacque così l’idea di indagare se fosse davvero possibile conciliare il mondo della sostenibilità ambientale con eventi sportivi di massa. A volte l’ispirazione per gli argomenti di tesi li troviamo dove e quando meno ce lo aspettiamo: sono un’istruttrice di ginnastica artistica e l’argomento della mia tesi per la laurea triennale in Scienze motorie e dello sport lo trovai, per esempio, mentre insegnavo a una bambina come fare una ruota».

Durante i tuoi anni di studio hai avuto dei riti scaramantici o dei portafortuna che ti hanno accompagnato ad ogni tuo esame?
«Io sono una persona estremamente superstiziosa e non solo nello studio. Per quanto riguarda gli esami il mio rito scaramantico è dettato dalla routine: prendo il treno e mi siedo sempre nella stessa carrozza, arrivo in università, riempio la borraccia e bevo un caffè, mi siedo nelle zone centrali dell’aula e inizio ad ascoltare la mia playlist di canzoni dei Pink Floyd. E poi, cosa fondamentale, non può, per nessun motivo, mancare la mia maglietta a maniche corte rosa con dei fiori, che ho indossato per tutti gli esami della triennale e della magistrale, persino in inverno sotto i maglioni. Perché quella maglietta? È la stessa che indossai durante l’esame orale della maturità, e che ho indossato anche durante l’esame pratico della patente, e sono tutti esami che ho superato bene!».

E dopo la laurea che cosa ti aspetta? Raccontami i tuoi sogni e i tuoi programmi
«Confesso che po’ di paura se penso ora al mio futuro, ma voglio affrontarlo con grinta e determinazione. Credo che all’inizio mi prenderò del tempo per comprendere bene che cosa voglio fare nella vita. Mi piacerebbe viaggiare un po’ utilizzando i soldi che ho risparmiato in tutti questi anni e andare, per esempio, in Tanzania a fare volontariato mediante un progetto di educazione attraverso lo sport. Dopo di che inizierò a cercare lavoro nel settore che, grazie ai tirocini svolti, ho scoperto essere quello per me più interessante, ovvero tutta la parte relativa all’attività fisica post-riabilitativa in pazienti patologici cronici o traumatici. Di questo ambito professionale mi piace molto l’umanità, il contatto con le persone e la concreta possibilità di cambiare in meglio la qualità di vita di una persona».

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