
News | Notte prima dell'esame
«Ciao mamma, ce l’ho fatta…mi laureo!»
Nuovo appuntamento con la nostra rubrica: il racconto di Lucrezia Belardinelli all’insegna di musica e volontariato
| Graziana Gabbianelli
09 ottobre 2025
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«Tra pochi giorni partirò per un progetto del Corpo Europeo di Solidarietà presso la Caritas di Sofia. Lavorerò con minori non accompagnati nelle scuole e nelle università della Bulgaria. Sono emozionata e curiosa allo stesso tempo: sarà un contesto completamente nuovo, in cui collaborerò con altri giovani provenienti da diversi paesi europei. La sfida più grande sarà ambientarmi in un paese con una lingua totalmente diversa dalla mia e gestire la lontananza da casa, ma credo che sarà un’esperienza molto arricchente, sia sul piano personale sia su quello professionale».
Le parole, l’emozione e l’entusiasmo sono di Anna Vallari, neo laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali all’Università Cattolica che – non avendo ancora ben chiare le idee sul proprio futuro – ha deciso di non continuare subito con la laurea magistrale ma di trasferirsi per dieci mesi in Bulgaria per lavorare in un campo profughi per minori non accompagnati ucraini e siriani perché è fermamente convinta che «questo progetto mi offrirà uno spazio prezioso per riflettere, confrontarmi e capire meglio quali siano le strade che voglio percorrere».
Ma per raccontare la storia e il percorso formativo di Anna partiamo dalla notte prima del suo ultimo esame, quali pensieri, quali riflessioni ti hanno accompagnato?
«La notte precedente al mio ultimo esame ho pensato che - se avessi dovuto individuare una parola per definire il mio stato d’animo – avrei scelto: dolceamaro. Dolce perché, dopo mesi di studio, fatica ed esami, durante i quali ho dovuto conciliare le attività universitarie, le relazioni personali e la vita sociale, stavo finalmente per raggiungere un primo traguardo. E mi sentivo soddisfatta di me stessa, perché anche quando questo obiettivo sembrava lontanissimo, ho continuato a impegnarmi con costanza, cercando di trarre da ogni giorno in Cattolica qualcosa di nuovo che mi motivasse ad andare avanti. Nonostante ciò, la fine degli esami è stata anche un po’ amara, perché significava che la mia esperienza universitaria stava per concludersi: gli spazi, le abitudini e le persone con cui avevo condiviso ansie, paure e incertezze sarebbero diventati parte del passato. E da buona nostalgica, queste riflessioni un po’ mi commuovevano».
Ripensando a tutti gli esami sostenuti durante il tuo percorso di studi, qual è stato l’esame che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
«Tra gli esami che mi hanno appassionato di più, sia per i contenuti sia per il docente, ci sono stati sicuramente Diritto internazionale e Storia contemporanea. Di quest’ultimo ho apprezzato soprattutto la passione e il modo di spiegare del professor Paolo Colombo, che ha reso il corso davvero molto interessante e coinvolgente. L’esame mi ha permesso di approfondire eventi già studiati in precedenza, ma da una prospettiva nuova, che prima non avevo mai considerato».
C’è stato invece un esame che ti ha fatto nascere nuovi interessi e aperto nuovi orizzonti?
«L’esame di Geopolitica, molto attuale e complesso al tempo stesso, ha rafforzato il mio interesse per le dinamiche internazionali e la loro complessità, aiutandomi a sviluppare uno spirito critico più maturo su ciò che sta succedendo oggi. Mi ha ricordato quanto sia importante non fermarsi a spiegazioni semplicistiche, ma cercare di capire davvero, informandosi e studiando. Questo esame è stato sicuramente uno dei miei preferiti, tanto che ho deciso di dedicare la mia tesi - intitolata Il ruolo dei Foreign fighters nel contesto della guerra Russia-Ucraina - a un tema legato a questa materia».
Durante i tuoi anni di studio nell’Ateneo di Largo Gemelli hai vissuto qualche esperienza che è andata al di là di lezioni, studio ed esami e che ha arricchito il tuo percorso formativo?
«Oltre alle lezioni e agli esami, durante i miei anni in Cattolica, ho cercato di sfruttare alcune opportunità per andare oltre la “routine” accademica. Ho partecipato a LINCS - Laboratorio Interdisciplinare per la Costruzione del Sapere, un seminario residenziale di didattica curato dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali che mi ha permesso di confrontarmi su temi di attualità con tanti altri studenti e con alcuni professori in un contesto più informale e ho frequentato la Summer School di ASERI in Managing International Relations, dedicata all’intelligenza artificiale, dove ho seguito workshop approfondendo le mie conoscenze su un argomento che mi interessa molto e che desidero continuare a studiare in futuro».
Qual è stato il valore aggiunto di tutte queste iniziative, offerte in parallelo al corso di laurea, a cui hai preso parte?
«Queste esperienze mi hanno fatto scoprire un lato diverso dell’università: non solo aule, biblioteche, lezioni, studio ed esami, ma anche relazioni, scambi di idee e lavoro di squadra. Ho potuto sperimentare metodi di insegnamento più interattivi, basati su casi concreti, ho potuto confrontarmi in dibattiti e approfondimenti, che pur non essendo sempre collegati al mio percorso di studi, mi hanno arricchito e anche divertito. Senza dimenticare le amicizie nate in questi tre anni in Cattolica, che hanno avuto un ruolo importante. Credo che l’università sia fatta anche di relazioni: condividere i momenti più impegnativi, organizzare sessioni di studio comuni, preparare insieme presentazioni e sostenerci a vicenda, ha reso tutto il “tempo universitario” non solo più leggero, ma anche più stimolante e formativo».
L’importanza di fare volontariato - per tutti i risvolti positivi che può avere nel sociale - è un valore radicato nella comunità dell’Università Cattolica. Le esperienze di volontariato hanno sempre fatto parte della tua vita fin dai tempi delle scuole superiori, per poi continuare all’università sfociando in progetti internazionali all’estero...
«Credo che l’università mi abbia fornito una formazione solida di base, che voglio sperimentare sul campo, un campo “umanitario” che sarà al centro sicuramente anche dei miei futuri studi. Dopo mesi di attività di volontariato con Save the Children in Italia, quest’estate sono stata per tre settimane volontaria presso il campo profughi di Grande-Synthe, nel nord della Francia, un vero inferno nel cuore dell’Europa, dove arrivano rifugiati da ogni parte del mondo per attraversare la Manica in maniera illegale. Il progetto che mi porterà invece in Bulgaria con l’Unione Europea l’ho trovato sul sito European Solidarity Corps, che offre la possibilità di fare attività di volontariato in vari ambiti come salvaguardia dell’ambiente, disabili, bambini».
Che cosa significa, che cosa rappresenta per te Anna fare volontariato?
«Ciò che ho imparato in questi anni è che il volontariato significa dare e ricevere. Dare, perché in qualsiasi contesto ognuno di noi può contribuire con la propria esperienza, con le proprie idee, con i propri mezzi a offrire supporto a chi si trova in difficoltà. Ma occorre farlo sempre senza porsi in un’ottica di superiorità, il volontariato è prima di tutto un confronto, un’occasione per mettersi in relazione e imparare dagli altri. Ma fare volontariato significa anche ricevere: essere pronti a mettersi in discussione, imparare da attività diverse dalle proprie abitudini, accogliere punti di vista e competenze differenti dalle proprie. In questo modo ogni esperienza diventa un’occasione di crescita personale, confronto e arricchimento reciproco, che lascia qualcosa sia a chi aiuta sia a chi riceve supporto».
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