A 18 anni disse: «Io sarò suor Elisabetta missionaria in Cina o madre di dodici figli tutti buoni, e la prima bambina si chiamerà Elisabetta. Ricordate tutte che Ida Barelli sarà suora o mamma, ma vecchia zitella mai e poi mai!».
La provvidenza, attraverso le strade della casualità, le fece trovare proprio la biografia di una santa francescana che colpì tanto la fantasia dell’adolescente perché avvincente come un’edificante fiaba. Infatti Elisabetta, figlia del re d’Ungheria, nacque a Bratislava nel 1207. All’età di quattro anni fu allontanata dalla mamma per essere inviata alla corte del promesso sposo in Turingia ed essere educata secondo gli usi di quello stato. A quattordici anni si sposò con Ludovico IV ed ebbero tre figli. La loro fu una unione felice in quanto condividevano anche gli ideali spirituali. Inoltre Elisabetta era benvoluta da tutti perchè dedita all’aiuto dei poveri e delle persone in difficoltà. A diciannove anni, rimasta vedova, fu cacciata dalla reggia (proprio per la sua prodigalità verso i poveri) e si adattò a vivere in una stalla con gli animali. Ma non si inquietò mai, non meditò vendetta e quando ebbe modo di insediarsi regina, preferì cedere il trono regale al figlio. Morì a ventiquattro anni come terziaria francescana in umiltà e povertà.
Fu così che Armida scelse come sua patrona Santa Elisabetta e il legame con tale santa diventerà ancora più saldo nelle ulteriori scelte della sua vita adulta, condotta dalla paziente mano di Dio e nella disposizione a fare la sua volontà.
Da adolescente diceva: «Che meraviglia lo scintillio del sole sulle acque marine! Mi fa l’impressione di miriadi di diamanti che il Signore dona anche ai più poveri».