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Le democrazie nella turbolenza globale

16 settembre 2022

Le democrazie nella turbolenza globale

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Era il 1992 quando Francis Fukuyama parlò, in un celebre saggio, di “fine della storia”. La caduta del muro di Berlino, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda sembrarono porre termine al mondo così come lo avevamo conosciuto per decenni con l’affermazione delle democrazie liberali occidentali. Gli eventi successivi hanno invece indirizzato il mondo verso un’altra direzione e oggi, a trent’anni di distanza, lo stato di salute della democrazia non è così buono contrariamente a quello che si poteva prevedere.

E proprio i rischi e le sfide che devono affrontare i Paesi europei (e non solo loro) sono stati al centro del secondo incontro dell’Open Week Master promosso dall’Università Cattolica mercoledì 14 settembre.

«La crisi economica del 2008, la Brexit, l’elezione di Donald Trump, la pandemia di Covid e, in ultimo, lo scoppio della guerra in Ucraina – ha detto introducendo l’incontro il professor Luca Gino Castellin, docente di Storia delle dottrine politiche - sono solo gli ultimi elementi che hanno innescato quella che a tutti gli effetti una crisi della democrazia».

«In questo momento – ha spiegato il professor Damiano Palano, docente di Filosofia politica – stiamo attraversando una recessione democratica. Secondo le rilevazioni di Freedom House nonostante un aumento dei Paesi (salito da 45 a 56) c’è stato un notevole calo in termini numerici: oggi, infatti, solo il 20% della popolazione mondiale vive in un regime democratico. Nel 2005 era il 46%. Tra i protagonisti di questa involuzione ci sono le repubbliche ex sovietiche in cui, negli ultimi 15 anni, ha visto le oligarchie compatte non solo nella conservazione del potere ma anche nel serrare in modo sensibile le maglie della repressione. Le rivoluzioni colorate hanno innescato questa reazione come abbiamo potuto osservare in Georgia».

«Dobbiamo poi sottolineare - ha aggiunto Palano - l’ascesa delle forze nazionaliste e populiste. Due esempi emblematici, in tal senso, sono quelli di Turchia e India. Ankara sembrava molto vicina all’ingresso nell’Unione europea, con tutto quel che ne consegue in termini di garanzia dei diritti civili e politici, ma negli ultimi dieci anni si è spostata sempre di più nella direzione opposta. Nuova Delhi invece, pur senza nessun colpo di stato, negli ultimi anni ha visto il governo nazionalista ridurre in modo decisamente rilevante i diritti delle opposizioni scivolando in quella che è stata definita 'semi-democrazia'».

«È in atto un processo di deconsolidamento della democrazia – ha aggiunto Palano -  che vede le fasce giovanili, i cosiddetti "Millennials", meno legati ai valori democratici rispetto agli anziani. Un altro elemento da considerare è la polarizzazione dello scontro politico. Negli Usa l'odio reciproco tra le Democratici e Repubblicani, tra le persone non tra i partiti, ha assunto una proporzione rilevante, anche violenta, inedita nella storia americana. Anche in Europa gli scenari sono mutati profondamente. In Francia abbiamo assistito alla polverizzazione di un partito storico come quello socialista. Discorso simile in Spagna dove con l'ascesa di nuovi soggetti politici ha prodotto una realtà decisamente complessa. Nel Regni Unito invece grandi tensioni hanno attraversato Laburisti e Conservatori provocando un'instabilità politica senza precedenti nell'ultimo secolo. La crisi riguarda anche l'Italia ma, considerando questi elementi, possiamo dire che la situazione fa parte di uno scenario generale più ampio».


Ma, si è interrogato il professor Castellin, «il ritorno di un conflitto in Europa può davvero aprire in campo aperto uno scontro tra autocrazie e democrazie?»

«Sembra effettivamente che ci sia una contrapposizione di questo genere – ha ammesso Palano – ma nonostante questo su questo punto tendo ad essere cauto perché una vera risposta si potrà dare solo in futuro. Molto dipenderà molto da come si comporteranno le potenze occidentali nei confronti di quelle del resto del mondo. Sicuramente questa guerra è un punto di snodo rilevante perché impone una revisione della strategia dell’Occidente. Quel che è certo è che l’aggressione russa è una cesura su cui sarà molto difficile tornare indietro. Potenze come la Cina avranno un ruolo chiave e reclameranno la loro posizione nel mondo. Se l’Occidente riuscirà a difendere i propri principi o dovremo assistere a un conflitto più radicale dipenderà in gran parte da noi. Senza fare nessun passo indietro nei confronti dei nostri valori sarà necessario riconoscere una legittimità ad altre visioni della democrazia e dell’ordine internazionale. Tuttavia, farlo mentre è in corso una guerra è molto difficile, è necessario dare spazio alla negoziazione e far tacere le armi».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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