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Longevità, tra qualità dell’invecchiamento e silver economy

21 dicembre 2023

Longevità, tra qualità dell’invecchiamento e silver economy

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È tra i più longevi d’Europa e anche quello con il più basso tasso di natalità. L’Italia è il quinto Paese al mondo con una media di 84,01 anni (81,90 per gli uomini e 85,97 per le donne), dopo Hong Kong, Giappone e Svizzera (i dati sono di una ricerca svolta dal network sanitario statunitense ‘NiceRx’). Tuttavia, la sua spesa sanitaria resta inferiore rispetto a quella di altri Paesi occidentali. Secondo le ultime rilevazioni Ocse, l’Italia si colloca al 15esimo posto, con una spesa in cure e medicinali pari al 9% del Prodotto interno lordo (2.614 dollari contro i 2.824 della media Ocse). Questo la dice lunga sul fatto che la qualità dell’invecchiamento non è uguale per tutti gli italiani. In alcune regioni s’invecchia peggio che in altre, con differenze evidenti soprattutto se si guarda alle condizioni di salute degli over 65 e alle cure mediche offerte.

 

 

 

Eppure, la longevità può essere una risorsa da utilizzare. È quello che indaga AGE-IT, un progetto di ricerca guidato dall’Università di Firenze e finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Coprendo un partenariato esteso che mette insieme 27 partner tra università, centri di ricerca, industrie, enti e organizzazioni, si occupa di capire quali sono le sfide principali che comporta a livello nazionale il maggior peso demografico della popolazione matura. «Il programma fornirà risposte concrete alla società sulle conseguenze dell’invecchiamento, tramite il coinvolgimento di oltre 350 ricercatori, di cui 50 dell’Università Cattolica», spiega Claudio Lucifora, direttore del Centro di Ricerca sul Lavoro “Carlo Dell’Aringa” (CRILDA) e dell’Osservatorio sull’invecchiamento, tra i relatori al convegno “AGE-IT: the Contribution of Medical and Social Sciences”, organizzato nelle giornate del 18 e 19 ottobre a Milano. «Articolato in grandi temi, il nostro Ateneo è impegnato su quattro specifici fronti: clinici, psicosociali, economici e, da ultimo, sul ruolo delle nuove tecnologie nella gestione dell’invecchiamento», aggiunge il professor Lucifora, responsabile scientifico per l’Università Cattolica della parte di ricerca dedicata all’«economia d’argento».

 

 

È quello che il demografo dell’Università Cattolica Alessandro Rosina definisce “invecchiamento attivo”. «I cosiddetti “longennials” sono coloro che stanno affrontando questa rivoluzione qualitativa non comparabile con quella dei propri genitori e dei propri nonni. Le opportunità di essere in buona salute, essere attivi e usare le nuove tecnologie sono molto alte. Pertanto, il loro impatto sulla società può essere davvero significativo, va solo compreso in che modo può essere utilizzato».

 

 

Va in questa direzione “Social Care”, un progetto sul campo nato a Cremona da una collaborazione tra il centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, il Politecnico di Milano, il Comune e la cooperativa il Solco. «Quello che stiamo cercando di fare è implementare dei percorsi di ascolto dei bisogni dell’anziano e del caregiver ma anche di coprogettazione e di iniziative di servizio», dichiara Guendalina Graffigna, docente di Psicologia dei consumi e sostenibilità ambientale e direttrice del centro di ricerca EngageMinds Hub.

Il programma AGE-It, che può contare su un finanziamento di oltre 114 milioni di euro, si concluderà nel 2026. «La nostra ambizione è lasciare qualcosa di importante all’Italia che potrebbe essere l’equivalente del National Institute on Ageing, presente negli Stati Uniti, un istituto che studia e pianifica l’invecchiamento», conclude Lucifora.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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