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Lotte femministe transnazionali: il dramma iraniano

28 novembre 2022

Lotte femministe transnazionali: il dramma iraniano

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A partire da metà settembre 2022 le proteste delle donne iraniane sono scoppiate nella cittadina di Saqqez per poi diffondersi nelle piazze della capitale Teheran (quasi 9 milioni di abitanti) e a Mashhad, importante centro religioso e luogo di nascita del presidente Ebrahim Raisi (1960-); eletto con un’astensione record nel 2021, Raisi è esponente dell’associazione dei chierici militanti; egli ha consentito matrimoni forzati di bambine e ha depenalizzato lo stupro. Ali Khamenei (1939-), guida suprema dell’Iran e massima potenza del clero sciita, è in gravi condizioni di salute. USA e Israele sono identificati come le principali fonti di propaganda contro il regime che da 43 anni esercita il potere nel paese.

Le proteste sono esplose in seguito all’uccisione di una ragazza di soli 22 anni di origini curde Mahsa Amini, conosciuta con il nome curdo di Zhina, originaria di Saqqez. Fermata dalla polizia per il controllo della moralità per aver indossato il velo in maniera impropria e arrestata, è stata restituita alla famiglia in un sacco per cadaveri.

“Una martire non muore”: questo lo slogan della famiglia curda della vittima al suo funerale di fronte a un’enorme folla. Il giorno seguente tutti i negozi sono rimasti chiusi in segno di solidarietà con le proteste.

“Donne, Vita, Libertà” con questo slogan curdo le rivolte sono deflagrate contro il regime iraniano in tutto il paese, anche nelle regioni abitate da minoranze etnico-culturali come i turchi azerbagiani e i baloch che sono stati attaccati dalle forze di sicurezza. Nella regione di Zahedan una ragazza di 15 anni è stata violentata da un comandante della polizia di Chabahar e le rivolte della popolazione locale sono state brutalmente represse. A fine settembre il massacro di 90 baloch e il ferimento di oltre 150 in questa regione di frontiera ha rappresentato una delle molte azioni repressive compiute dal regime iraniano che da sempre impone una rigorosa centralizzazione e statalizzazione negando le rivendicazioni di ogni componente minoritaria. Il gruppo paramilitare dei Basij ha lasciato 200 morti sul terreno e ha compiuto numerosi arresti durante le rivolte nelle piazze mentre i movimenti sono entrati nelle università, sedi importanti delle rivoluzioni passate, ma anche nelle scuole e nei centri di estrazione delle ingenti risorse naturali sul territorio iraniano. I ‘guardiani della rivoluzione’ intervengono contro gli insegnanti che scioperano nelle scuole mentre la rabbia popolare dilaga così come la paura per la propria incolumità. Il coraggio delle donne è immenso: una donna anziana si è rifiutata di muoversi anche dopo essere stata colpita da un violento gettito da un cannone ad acqua.

Non si tratta solamente di una questione di velo femminile ma di una profonda insoddisfazione per lo status quo. Nella capitale Teheran le divisioni sono molteplici: una parte della polizia teme i filmati e le foto delle azioni violente contro i manifestanti e si schiera a favore dei manifestanti stessi mentre un’altra parte desidera reprimere violentemente i rivoltosi. A sua volta, la popolazione rigetta il regime al potere ma rimane ancora diffidente nei confronti delle associazioni che hanno legami stranieri. Giuseppe Acconcia, Università di Padova, afferma che vi sono elementi di novità in queste rivolte. Le sanzioni danneggiano sempre più la popolazione iraniana, disoccupazione e inflazione affliggono i giovani. Le minoranze sono discriminate sempre più. I curdi sono stati esclusi dai maggiori accordi politici ma vengono obbligati a combattere nei conflitti regionali. Ai confini con l’Iraq le minoranze arabe vengono perseguitate dal regime. Il Sistan-Balochistan vive il fenomeno del narcotraffico dall’Afghanistan e le popolazioni lasciate nella povertà estrema vengono violentemente represse. Le azioni femministe internazionali hanno fornito diffusione e supporto alle donne iraniane ma la necessità di un cambio di regime spaventa la società iraniana. Si temono sia divisioni settarie che potrebbero trasformarsi in una nuova Siria, sia un potenziale avvicendamento del potere da parte di gruppi paramilitari secondo l’analisi di Giorgia Perletta.

L’Iran è parte della “One Belt One Road Project” cinese e le relazioni regionali e internazionali attraversano profonde trasformazioni nei loro assetti tradizionali che vedono l’Iran al centro di nuovi mutamenti politico-energetici.

Le donne sono sempre state protagoniste delle lotte rivoluzionarie in Iran.Ora tutte le donne escono senza sciarpa in testa. Siamo entrate in un nuovo percorso e da qui non si torna più indietro” afferma una testimone secondo l’Intelligencer.

 

 


Photo by Craig Melville on Unsplash

Un articolo di

Beatrice Nicolini

Beatrice Nicolini

Beatrice Nicolini - Ph.D. Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica

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