Rappresenta anzitutto il risultato di una tenace volontà di perseguire obiettivi di crescita, anche mentre si stanno attraversando tempi difficili. Nell’anno 2020/2021, l’anno della didattica a distanza, delle chiusure, dei distanziamenti, l’Università Cattolica ha completato due nuovi campus: questo di Santa Monica e il nuovo campus di Brescia, dove le lezioni inizieranno nel prossimo mese di settembre. Abbiamo anche avviato importanti progetti di nuove strutture a Piacenza, a Roma e a Milano. I nuovi spazi in cui accogliamo e accoglieremo gli studenti sono moderni, funzionali, tecnologicamente attrezzati, e anche belli, perché il valore
estetico e storico del luogo è in sé stimolo educativo.
Gli sforzi che stiamo compiendo sono ispirati dalla convinzione che il futuro della nostra società si gioca in gran parte sul terreno della formazione.
Sappiamo – inutile negarlo – che alle prossime generazioni lasceremo un consistente debito finanziario e proprio per questo abbiamo un corrispondente obbligo verso i giovani: quello di dotarli dei mezzi per ripagarlo. Ossia delle conoscenze, delle capacità e della cultura sulle quali potranno radicare nei prossimi decenni la crescita, economica ma anche sociale e civile, del Paese, a beneficio di tutti. Per questo l’investimento in educazione è spesa virtuosa e necessaria, e il contributo che la Cattolica si propone di offrire consiste – come sempre nella sua storia – nel pensare e attuare programmi di ricerca e studio con una continua attenzione al territorio e alle sue risorse umane, culturali e materiali. Oggi diamo nuovo impulso allo specifico progetto culturale proprio della sede, unitaria, di Piacenza – Cremona, che è cresciuta sviluppandosi sul tronco originario della Facoltà di Scienze agrarie. Una facoltà che nacque con un preciso intento: quello, negli anni tribolati del dopoguerra e della discussione sulla riforma agraria, di elaborare un approccio scientifico all’agricoltura, promuovendo ricerche nel campo della modernizzazione delle produzioni e delle industrie agroalimentari e di trasformazione, approfondendo i temi economici per rendere efficiente la gestione delle aziende.
La prima pietra del campus di Piacenza fu posata nel 1949, alla presenza del Presidente Luigi Einaudi, a sua volta imprenditore agricolo non per sorte ereditaria, ma per vocazione e impegno personale.
La sede si estende a Cremona nel 1984, grazie al favore delle istituzioni del territorio, della Regione Lombardia, del Comune e degli altri enti territoriali; e si impernia sulla formazione progredita (con l’Alta Scuola Smea – oggi Alta Scuola di Management ed Economia Agroalimentare) sulla ricerca (con il Centro di ricerche Biotecnologiche), e su un’importante iniziativa che oggi diremmo di terza missione: l’Osservatorio sul Mercato dei prodotti lattiero-caseari, oggi Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici.
Questo primitivo nucleo – al quale si aggiunsero corsi di laurea (in scienze agrarie e in economia) e altre iniziative e strutture sulle quali non indugerò – merita di essere menzionato, parlando dei “simboli” che si ritrovano in questa giornata, perché esprime i valori che connotano questo campus Cremonese: la forte relazione con il tessuto produttivo e con le istituzioni del territorio e lo sforzo dell’Ateneo di recare un contributo focalizzato ai bisogni attraverso gli strumenti suoi propri, la ricerca e la formazione, per favorire la disseminazione di conoscenze progredite e, per conseguenza, lo sviluppo.
E difatti in quest’anno accademico non abbiamo soltanto tagliato il nastro di un bellissimo edificio, ma abbiamo messo a punto nuovi e originali corsi di studio: la laurea magistrale in Innovazione e imprenditorialità digitale, attivata dalla Facoltà di Economia e Giurisprudenza, e la laurea magistrale in Livestock and Agro-green Innovation, sulla quale si innesterà un’importante collaborazione con il Politecnico di Milano e la sua sede cremonese, facendo compiere ulteriori passi alla simbiosi tra ricerca scientifica, formazione e territorio.