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Santa Monica, l'intervento del Presidente Mattarella
Il discorso del Presidente della Repubblica in occasione della visita al nuovo campus dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
| Sergio Mattarella
25 maggio 2021
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Signor Presidente,
sono onorato di accoglierLa in questo nuovo campus dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e di rivolgerLe il grato e caloroso saluto dell’intero Ateneo; un saluto e un ringraziamento che estendo alle Autorità, ai presidi, ai docenti e soprattutto agli studenti che dallo scorso mese di settembre hanno cominciato i corsi nel campus di Santa Monica, ridando con le loro energie e intelligenze nuova vita a un luogo antico e maestoso.
Solo poche settimane or sono ci ha voluto fare il dono, signor Presidente, di partecipare in collegamento dal Palazzo del Quirinale alla cerimonia di inaugurazione del centesimo anno accademico dell’Ateneo. Partecipare, non assistere: Le siamo grati per la vicinanza che ci ha manifestato, rivolgendoci parole che hanno azzerato la distanza fisica e reso quella giornata memorabile.
L’occasione di oggi ha, per la nostra Università e direi per l’intera città, un significato simbolico, per molti motivi.
Rappresenta anzitutto il risultato di una tenace volontà di perseguire obiettivi di crescita, anche mentre si stanno attraversando tempi difficili. Nell’anno 2020/2021, l’anno della didattica a distanza, delle chiusure, dei distanziamenti, l’Università Cattolica ha completato due nuovi campus: questo di Santa Monica e il nuovo campus di Brescia, dove le lezioni inizieranno nel prossimo mese di settembre. Abbiamo anche avviato importanti progetti di nuove strutture a Piacenza, a Roma e a Milano. I nuovi spazi in cui accogliamo e accoglieremo gli studenti sono moderni, funzionali, tecnologicamente attrezzati, e anche belli, perché il valore
estetico e storico del luogo è in sé stimolo educativo.
Gli sforzi che stiamo compiendo sono ispirati dalla convinzione che il futuro della nostra società si gioca in gran parte sul terreno della formazione.
Sappiamo – inutile negarlo – che alle prossime generazioni lasceremo un consistente debito finanziario e proprio per questo abbiamo un corrispondente obbligo verso i giovani: quello di dotarli dei mezzi per ripagarlo. Ossia delle conoscenze, delle capacità e della cultura sulle quali potranno radicare nei prossimi decenni la crescita, economica ma anche sociale e civile, del Paese, a beneficio di tutti. Per questo l’investimento in educazione è spesa virtuosa e necessaria, e il contributo che la Cattolica si propone di offrire consiste – come sempre nella sua storia – nel pensare e attuare programmi di ricerca e studio con una continua attenzione al territorio e alle sue risorse umane, culturali e materiali. Oggi diamo nuovo impulso allo specifico progetto culturale proprio della sede, unitaria, di Piacenza – Cremona, che è cresciuta sviluppandosi sul tronco originario della Facoltà di Scienze agrarie. Una facoltà che nacque con un preciso intento: quello, negli anni tribolati del dopoguerra e della discussione sulla riforma agraria, di elaborare un approccio scientifico all’agricoltura, promuovendo ricerche nel campo della modernizzazione delle produzioni e delle industrie agroalimentari e di trasformazione, approfondendo i temi economici per rendere efficiente la gestione delle aziende.
La prima pietra del campus di Piacenza fu posata nel 1949, alla presenza del Presidente Luigi Einaudi, a sua volta imprenditore agricolo non per sorte ereditaria, ma per vocazione e impegno personale.
La sede si estende a Cremona nel 1984, grazie al favore delle istituzioni del territorio, della Regione Lombardia, del Comune e degli altri enti territoriali; e si impernia sulla formazione progredita (con l’Alta Scuola Smea – oggi Alta Scuola di Management ed Economia Agroalimentare) sulla ricerca (con il Centro di ricerche Biotecnologiche), e su un’importante iniziativa che oggi diremmo di terza missione: l’Osservatorio sul Mercato dei prodotti lattiero-caseari, oggi Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici.
Questo primitivo nucleo – al quale si aggiunsero corsi di laurea (in scienze agrarie e in economia) e altre iniziative e strutture sulle quali non indugerò – merita di essere menzionato, parlando dei “simboli” che si ritrovano in questa giornata, perché esprime i valori che connotano questo campus Cremonese: la forte relazione con il tessuto produttivo e con le istituzioni del territorio e lo sforzo dell’Ateneo di recare un contributo focalizzato ai bisogni attraverso gli strumenti suoi propri, la ricerca e la formazione, per favorire la disseminazione di conoscenze progredite e, per conseguenza, lo sviluppo.
E difatti in quest’anno accademico non abbiamo soltanto tagliato il nastro di un bellissimo edificio, ma abbiamo messo a punto nuovi e originali corsi di studio: la laurea magistrale in Innovazione e imprenditorialità digitale, attivata dalla Facoltà di Economia e Giurisprudenza, e la laurea magistrale in Livestock and Agro-green Innovation, sulla quale si innesterà un’importante collaborazione con il Politecnico di Milano e la sua sede cremonese, facendo compiere ulteriori passi alla simbiosi tra ricerca scientifica, formazione e territorio.
Questa relazione con la comunità si è espressa emblematicamente nella coralità dello sforzo che ha permesso di dare a Cremona il nuovo campus. Ringrazio tutte le istituzioni, che hanno non semplicemente condiviso e sostenuto l’iniziativa, ma hanno soprattutto concorso a ideare e attuare. Il Comune di Cremona, con l’appassionata azione del sindaco Gianlunca Galimberti, la Regione Lombardia, nella persona del Presidente Attilio Fontana, la Provincia, la Camera di commercio, la Fondazione Cariplo, rappresentata dal prof. Giovanni Fosti; decisivo, anche se oggi non può essere personalmente presente per l’impegno all’Assemblea
generale della CEI, il Vescovo, mons. Antonio Napolioni, per aver tessuto inizialmente la trama di queste proficue relazioni tra istituzioni.
Ringrazio altresì i presidi, i colleghi docenti e i funzionari amministrativi dell’Ateneo per il loro impegno.
Come si conviene nella tradizione classica della narrazione, ho lasciato al termine l’ingresso sulla scena del Deus ex machina di tutta la vicenda, il cav. Giovanni Arvedi. Nulla di quanto vediamo ora esisterebbe senza di lui. Non mi riferisco soltanto al generosissimo contributo economico della Fondazione Arvedi Buschini; penso alla costante, determinata e appassionata cura che il cav. Arvedi ha personalmente dedicato a questa impresa, perché potesse realizzarsi.
Ho parlato in apertura della necessità di confidare nei giovani e onorare i nostri impegni verso di loro munendoli degli strumenti culturali necessari per costruire il loro avvenire. Ma il progetto educativo non può realizzarsi senza gli esempi che gli adulti di oggi offrono ai cittadini di domani; e quello del cav. Arvedi, per la sua storia di imprenditore e la sua sensibilità verso la comunità alla quale appartiene, è davvero impareggiabile. In tempi in cui si parla di impresa “sostenibile”, quasi in termini limitativi, egli è testimonianza di come un imprenditore può invece essere “sostegno” di una collettività intera mettendo a disposizione, ancor prima dei mezzi economici, idee e progetti, capacità realizzativa e valori.
Concludo con un’ultima considerazione, sempre nella chiave della simbologia di questa occasione. Siamo in un convento dedicato a Santa Monica, la madre di Agostino; Edoardo Gemelli, divenuto francescano, scelse per sé il nome di Agostino; la sede milanese è collocata nel Monastero di Sant’Ambrogio, “Rigator et plantator meus” lo definisce Agostino in una lettera.
Coincidenze, forse. Che però rilevano il radicamento di questo nuovo campus nella tradizione dell’Ateneo.
Il sostegno delle istituzioni, le attese della comunità e soprattutto la Sua presenza oggi, signor Presidente, sono un prezioso e decisivo incitamento, al quale risponderemo con ogni nostra energia per partecipare alla costruzione del futuro comune.
Un articolo di
Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore