Spetta al Presidente della Camera, come prevede l’art. 85 Cost., convocare il Parlamento in seduta comune insieme ai delegati regionali, entro trenta giorni dalla scadenza del mandato del Presidente della Repubblica in carica (nel caso di Mattarella il 3 febbraio 2022), per procedere all’elezione del nuovo Capo dello Stato. Il collegio elettorale, ancora per questa tornata, è composto da 1009 membri (945 tra deputati e senatori, oltre a 6 senatori a vita e 58 delegati regionali eletti dai rispettivi Consigli). Dalla prossima legislatura sarà meno numeroso, per effetto della riduzione del numero dei parlamentari disposta dalla l. cost. n. 1/2020. L’assemblea è stata convocata per il 24 gennaio ma ad oggi appare improbabile che si giunga all’elezione del nuovo Presidente già al primo scrutinio. In base all’art. 83 Cost., infatti, nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza dei due terzi dell’assemblea (673), mentre a partire dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza assoluta (505). In occasione delle 13 precedenti elezioni, soltanto De Nicola, Cossiga e Ciampi sono risultati eletti al primo scrutinio, mentre in qualche circostanza si sono resi necessari anche più di venti scrutini (nel 1964 ne sono serviti 21 per l’elezione di Saragat e nel 1971 ben 23 per Leone). Peraltro, in queste elezioni in piena era covid, il rischio è che diversi aventi diritto al voto non siano in grado di recarsi in Parlamento per ragioni legate alla pandemia e una simile evenienza potrebbe rendere ancor più difficile il raggiungimento delle soglie previste dalla Costituzione, quanto meno della soglia dei due terzi dei componenti.
Le maggioranze richieste dalla Carta costituzionale esprimono l’ampia rappresentatività che contraddistingue la carica. Del resto, ai sensi dell’art. 87 Cost., il Presidente della Repubblica «rappresenta l’unità nazionale», affermazione questa che non deve essere intesa soltanto nel senso di unità territoriale dello Stato, ma, come precisato dalla Corte costituzionale, soprattutto «nel senso della coesione e dell’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, che compongono l’assetto costituzionale della Repubblica». La Costituzione ha disegnato, infatti, un Presidente collocato al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato e al di sopra di tutte le parti politiche, con competenze in grado di incidere su ciascuno dei poteri (basti pensare allo scioglimento anticipato delle Camere, alla promulgazione delle leggi, alla nomina del presidente del Consiglio e dei ministri) «allo scopo di salvaguardare, ad un tempo, sia la loro separazione che il loro equilibrio».
Il Presidente è chiamato, dunque, a esercitare i propri poteri di moderazione e di impulso nei confronti dei titolari di organi chiamati ad assumere decisioni di merito, senza mai arrivare a sostituirsi a questi, «avviando e assecondando – con le parole della Consulta - il loro funzionamento, oppure, in ipotesi di stasi o di blocco, adottando provvedimenti intesi a riavviare il normale ciclo di svolgimento delle funzioni costituzionali». Non si tratta di una carica meramente “notarile”, ma di un’istituzione centrale nella forma di governo parlamentare delineata in Costituzione, che, pur non essendo chiamata ad adottare decisioni di merito e priva di responsabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni (salvo i casi eccezionali dell’attentato alla Costituzione e dell’alto tradimento), può ricorrere alle sue attribuzioni per indurre gli altri poteri costituzionali a svolgere correttamente le rispettive funzioni. In base al contesto storico e politico, poi, il ruolo del Presidente può espandersi, per fronteggiare situazioni di crisi dovute all’instabilità dei partiti o di carattere economico e finanziario o ancora di altra natura, ma sempre nei limiti sopra indicati.
La Costituzione non ha delineato con precisione il ruolo del Presidente; alla definizione dello stesso ha contribuito inevitabilmente il modo con cui è stato interpretato dai diversi soggetti che hanno ricoperto la carica nella storia repubblicana. Per tale ragione, ancor più in presenza di una situazione di emergenza di carattere sanitario, l’auspicio è che la scelta del soggetto che andrà a svolgere, per i prossimi sette anni, questa delicata funzione ricada su persona autorevole, dotata di capacità di mediazione e di sensibilità istituzionale, fondamentale per evitare indebite interferenze e al contempo per far sì che gli altri poteri dello Stato esercitino le proprie funzioni nel rispetto della Costituzione.