Tesi che è poi diventata un libro.
«Esatto. In università ho scoperto il cinema italiano recente, e Francesco Bruni mi piaceva tanto, ha girato film che amo moltissimo, è uno dei migliori sceneggiatori che abbiamo in Italia. Si è creata l’occasione di incontrarlo personalmente, mi piaceva l’idea che il primo documento fosse la persona fisica, un dialogo con lui. Sono stata due giorni a Roma e ho fatto delle profonde interviste con lui, era un primo punto. Finita la tesi è venuta la possibilità di pubblicare un libro, intitolato ‘La vita viene prima’ (Ed. Fondazione Ente Spettacolo), una bellissima opportunità che ho colto al volo».
E come le è sembrato il master?
«Il master è impegnativo, ma ti lascia anche delle libertà: hai un giorno libero e le lezioni finivano presto nel pomeriggio, questo dava la possibilità di approfondire quanto discusso a lezione o di sviluppare i propri progetti personali. L’interesse era quello di formarmi professionalmente, oltre che dal punto di vista teorico: esami di cinema ne avevo già fatti durante la magistrale. Necessitavo di altro, come conoscere il mercato cinematografico seriale, comprenderne le dinamiche, la diffusione, conoscere le varie figure professionali che lavorano in quest'ambito. Il mio interesse all'inizio era fare la sceneggiatrice, più che altro perché era la cosa che rientrava maggiormente nelle mie corde, ma anche perché non hai un'idea di quali sono tutte le altre figure professionali legate a questo ambito. Facendo il master ho scoperto con piacere la figura dell'editor, ovvero chi fa una supervisione artistica della sceneggiatura. L'editor rappresenta la casa di produzione, o nel mio caso il committente, come può essere appunto Sky, Netflix, Amazon etc.».
Concluso il percorso di studi come si è mossa?
«Ho iniziato in Cattleya, a Roma, come story editor, prima della consegna del diploma, nel 2019. Cattleya è una delle società di produzione più importanti, che, per fare solo un esempio, ha prodotto Gomorra. Sono stata molto fortunata a lavorare lì, ho avuto grandi maestri. Poi ho seguito una serie per la Rai, la seconda stagione di Nero a metà, dove sono stata sul set per sei mesi: è fondamentale perché scrivere senza avere in mente il set è impossibile. Durante la pandemia, infine, sono tornata a Milano. A settembre 2021 a Sky cercavano la mia figura professionale e sono tornata in pianta stabile felicemente. A Roma torno spesso, ma la mia vita è a Milano, dove da poco sono anche diventata mamma».
È difficile conciliare vita lavorativa e familiare in questo settore?
«Sono sposata ho appena avuto una bambina, diciamo che molto spesso si teme di non potersi fare una vita ma invece non è necessariamente così: si può lavorare ad alti livelli e con grande soddisfazione e avere una famiglia».
All’estero invece come vanno le serie tv italiane?
«Dipende dal prodotto e da molti fattori, alcune hanno successo perché rappresentano l’Italia. Un esempio di celebrità sopra tutti è Gomorra, pure in America è un fenomeno, Salvatore Esposito ora recita anche negli Stati Uniti, è diventato un volto. Gli americani storicamente hanno sempre fatto fatica col doppiaggio, lavorano tanto coi sottotitoli, ma la cadenza e la gestualità arrivano. Devo dire che però si sta espandendo ovunque l’abitudine di guardare le serie coi sottotitoli per preservarle nella maniera più fedele possibile. Un esempio che viaggia poco, invece, è la commedia, perché spesso è legata a dialetti o stereotipi troppo locali, è più difficile esportarla».
Le piacerebbe spostarsi in un altro Paese?
«Non lo escludo. Dipende da tanti fattori, devo dire che mi trovo molto bene dove sono ora, in generale in Italia e in Europa si fanno prodotti molto validi. Se questa bolla di produzione seriale esploderà non lo so, c’è una quantità di serie allucinante. Per noi è un bene, lavoriamo molto e su cose molto diverse, è un buon momento per stare qui. Per quanto riguarda l’estero, direi che o è l’America o non credo abbia senso. In Europa e in Italia siamo in un momento molto fertile».