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Pax Moot, secondo trionfo consecutivo per gli studenti Unicatt

24 maggio 2022

Pax Moot, secondo trionfo consecutivo per gli studenti Unicatt

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Quattro studenti della Facoltà di GiurisprudenzaChiara Lombardi, Daniella Maria Mazzillo, Elisa Temporin e Stefano Zhu – hanno rappresentato l’Università Cattolica al Pax Moot, una competizione su temi di diritto internazionale privato e diritto transnazionale aperta alla partecipazione di Atenei di tutto il mondo.

Assieme ai coaches Cecilia Vincenzo e Niccolò Sciortino, hanno lavorato per settimane attorno a un complesso caso pratico mettendosi nei panni dei difensori delle parti coinvolte, nel quadro di una simulazione processuale. A Parigi, dove hanno preso parte alla fase finale della gara, i loro sforzi sono stati ricompensati: a loro è andato infatti, a pari merito con gli studenti dell’Università di Vienna, il premio per le migliori memorie scritte. Si tratta dello stesso riconoscimento riportato l’anno scorso dalla squadra di studenti che ha rappresentato l’Università Cattolica nella precedente edizione della competizione.

«Si tratta di un riconoscimento importante e prestigioso - spiega il professor Pietro Franzina, direttore dell’Istituto di Studi internazionali dell’Università Cattolica e coordinatore della squadra - che le nostre studentesse e i nostri studenti hanno saputo ottenere mostrando metodo e determinazione, ma anche passione e creatività».

Una gara che certamente richiede voglia di imparare e di mettersi in gioco. Elisa Temporin, studentessa del quarto anno della Facoltà di Giurisprudenza osserva che un mootie deve avere, in partenza, una discreta conoscenza della lingua inglese. Aggiunge, però: «Nel corso della competizione, la padronanza della lingua migliora molto: si impara l’inglese giuridico, ci si familiarizza con la scrittura di atti processuali, ci si allena a strutturare ragionamenti complessi, in modo da presentarli in modo limpido ed efficace».

Per Stefano Zhu, studente del terzo anno di Giurisprudenza, è consigliato l’aver frequentato il corso di Diritto internazionale privato e quello di Transnational law, due insegnamenti che offrono una base solida per affrontare i quesiti a cui la squadra deve rispondere: «L’argomento del caso può anche cadere al di fuori di quelli trattati durante i corsi, per questo motivo è richiesta anche un’attitudine e prontezza ad approfondire nuovi ambiti del diritto internazionale privato».

La competizione parigina non ha rappresentato solo una soddisfazione dal punto di vista accademico. Per Elisa il Pax è stato un’ottima “scuola di vita”: «Mi ha permesso di imparare a gestire l’ansia da prestazione, a scoprire me stessa, i miei talenti, le mie debolezze». Per Stefano «la prospettiva di discutere davanti a giurie esigenti, contro studenti preparatissimi, ci ha spinto a sviluppare delle competenze che credo ci saranno utili anche in avvenire, come parlare in pubblico e gestire bene il tempo».

Chiara Lombardi, studentessa del quarto anno di Giurisprudenza, riconosce che «all’inizio c’è stato sicuramente un po’ di disorientamento perché si tratta di un tipo di attività che noi studenti non siamo abituati a svolgere: la ricerca giuridica tra database e biblioteca, organizzare una linea difensiva in una memoria scritta. Inoltre, il caso era abbastanza complesso e sollevava questioni che si prestavano a soluzioni diverse. Questa attività mi ha fatta crescere tantissimo e me ne rendo conto ora, preparando gli esami, perché mi ha aiutato a sviluppare una capacità critica e di analisi delle norme che il solo studio dei manuali non può dare». Sempre Chiara ammette che a volte, nei mesi di lavoro «c’è stato anche qualche momento di sconforto: è capitato di dover riscrivere tutto daccapo, ricominciando da zero. Dopo tutto questo, vincere il premio per le migliori memorie scritte è stato davvero molto gratificante».

Per Daniella Mazzillo, quinto anno di Giurisprudenza «la fase orale della competizione è stata caratterizzata da una certa pressione: le altre squadre erano davvero brave e noi, nonostante la preparazione che ci hanno dato i nostri coaches, spesso abbiamo avuto paura prima dello svolgimento di ogni singolo round orale».

Tutti e quattro i mooties concordano sull’importanza di questo genere di competizioni per imparare a lavorare in squadra. «Poter contare sui miei compagni di squadra, dice Elisa, mi ha aiutato enormemente ad affrontare gli aspetti più tecnici del caso, sperimentando in prima persona la verità del detto ‘due teste sono meglio di una’». Chiara, per parte sua, sottolinea che «la sinergia e il conoscerci reciprocamente ha aiutato tantissimo. È stato molto bello anche il rapporto che si è creato con i coaches, sono delle persone davvero competenti e provo un’ammirazione estrema per il loro lavoro. Il loro supporto è stato fondamentale».

Per Daniella si è trattato di un percorso di crescita graduale: «Non è stato sempre facile trovare un punto d’incontro sia a livello organizzativo che decisionale, questo ha richiesto che ciascuno di noi si mettesse in una posizione di ascolto e di dialogo costruttivo con gli altri, imparando anche a trarre profitto dalle osservazioni altrui sulla propria performance».

A queste considerazioni il professor Franzina ha aggiunto un’ulteriore nota: «I coaches della squadra di quest’anno, Cecilia e Niccolò, sono stati due componenti della squadra dell’anno passato. Un gesto bello e generoso da parte loro, che conferma come la partecipazione a queste competizioni, oltre a giovare alla preparazione degli studenti, crei dei legami forti: legami fra i diversi membri della squadra, ovviamente, ma anche legami fra ognuno di loro e l’Ateneo, tanto da invogliare gli “ex” a dare una mano a chi li seguirà nell’impresa. Queste dinamiche, unitamente alla crescita dei nostri studenti, gratifica molto sia me che i collaboratori della Cattedra che, con grande dedizione, hanno ottimamente assicurato la supervisione del lavoro della squadra: Caterina Benini, Giulio Monga e Marco Pasqua».

Un articolo di

Agostino Picicco

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