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Perché abbiamo perso l’Europa (e come possiamo riprendercela)

26 novembre 2021

Perché abbiamo perso l’Europa (e come possiamo riprendercela)

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L’euro deve essere riformato? Se sì, come? E l’Europa? Questi e molti altri temi sono stati discussi lunedì 22 novembre nell’ultimo incontro promosso dall’Alta Scuola in Economia e Relazioni Internazionali in cui, per il ciclo AserIncontra, è stato presentato “La riconquista. Perché abbiamo perso l’Europa e come possiamo riprendercela” (Luiss University Press, 2020), il nuovo libro di Francesco Saraceno, professore di macroeconomia internazionale ed europea a Sciences Po e alla Luiss.

«La mia riflessione – ha detto introducendo l’incontro l’autore – parte dagli eventi che hanno preceduto la crisi finanziaria globale per poi affrontare il “decennio perduto” 2010-2019 in cui tutti gli errori che si potevano fare sono stati fatti. Tuttavia va detto che l’euro è stato costruito in un modo che non poteva funzionare, in molti lo avevano denunciato in tempi non sospetti. E la gabbia in cui è stato concepito si è disintegrata in mille pezzi con la crisi del 2008. Ma è proprio perché l’euro così com’è non ci piace che dobbiamo cercare di costruirne uno migliore».

Il libro si apre con una citazione di Federico Caffè e la sua “Solitudine del riformista”: «Una figura che si trova sempre preso in mezzo a due fronti contrapposti. Nel caso dell’euro – ha aggiunto Saraceno - abbiamo la posizione estrema della Brexit e una intermedia rappresentata da chi vuole uscire dalla moneta ma rimanere nella Ue. Al di là della barricata, dove troviamo le cosiddette forze neoliberiste, c’è però una controparte che si basa sulle stesse premesse dello schieramento avverso ovvero che l’euro è così e non può essere modificato. Le due correnti non sono sullo stesso piano perché non avendo l’euro dato gran prova di sé in questi ultimi anni se si sostiene che questo non può essere cambiato si dà implicitamente ragione a chi vuole il suo smantellamento».

Ma qual è stato il percorso che ha portato all’introduzione dell’euro così come lo conosciamo oggi? «Nella teoria dei criteri dei mercati – ha spiegato Saraceno - non tutti gli elementi sono basati sulla flessibilità e importanza di quest’ultimi ma negli anni ’90, da Maastricht in poi, si è optato per questa scelta. Ed è importante sottolineare come, per l’appunto, sia stata una scelta. L’azione pubblica, che poteva essere complementare, si poteva introdurre ma si è voluto chiudere ogni discorso in tal senso seguendo la filosofia di pensiero che allora era predominante».

Su questo punto ha ribattuto Marco Lossani, docente di Economia politica in Cattolica nonché direttore del Laboratorio di Analisi Monetaria: «Non sono molto convinto che l’euro sia figlio di un progetto liberista in senso stretto bensì di un approccio molto tedesco: è stato la germanizzazione del cambio fisso alla Sme perché la Germania una volta accettato di perdere la possibilità di controllare la politica monetaria attraverso la leadership della Bundesbank, ha voluto scrivere delle regole tese a preservare il loro vero ideale ovvero la stabilità monetaria all’interno di un mondo inquinato da una politica fiscale disordinata».

Dunque, che fare? Quali sono le vie per riformare la moneta europea? «Non ci sono le condizioni per creare gli Stati Uniti d’Europa – ha ammesso Saraceno - ma volendo si può provare a mettere in pratica quello che nel libro definisco “federalismo surrogato”. Sussidio di disoccupazione europeo, un fondo di stabilizzazione, il completamento dell’Unione bancaria sono tutte soluzioni che potrebbero essere attivate in tal senso».

Ed è proprio su quest’ultimo punto che si è soffermata Floriana Cerniglia, docente di Economia della Cattolica e direttrice del Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo economico internazionale (CRANEC): «Se si può fare una critica alla tesi di fondo del libro – che si fa apprezzare per la struttura molta chiara nella forma e la grande precisione nei contenuti – è la mancata presa in considerazione della revisione dei trattati. Per quanto invece riguarda i “surrogati”, in realtà ce li abbiamo già, ma non risolvono il problema di fondo, quello della sovranità o, per usare le parole dei giuristi, della “competenza delle competenze”. È questa la causa della grande instabilità che mette in difficoltà l’Europa di fronte a ogni crisi».

«Si può divergere sulle modalità – ha ribattuto Massimo Amato, docente di Storia dei sistemi finanziari in Bocconi - ma le criticità che Saraceno ha evidenziato nel suo libro sono centrali e che l’Europa debba uscire da un'empasse concettuale, intellettuale e politica è evidente. Pensare di costruire una comunità sulla pura e semplice competizione – ha aggiunto - perché questo è stato fatto, è un’idea semplicemente folle. Ma che questa comunità debba necessariamente prendere la forma di uno Stato mi lascia qualche perplessità».

«Un sistema economico federale che funziona c’è – ha concluso - e si chiama dollaro. Negli Usa c’è una Banca Centrale che fa il suo lavoro di sincronizzazione e un Tesoro che fa i trasferimenti. E a un americano dell’Alabama se l’Oklahoma va in default non gli passa neanche lontanamente in testa di dire “che se ne vadano”. Non esiste un’OklaExit…».

«Ora sappiamo cos’è l’euro – ha concluso il direttore di Aseri Vittorio Emanuele Parsi - qualcuno ci ha guadagnato, qualcun altro perso ma adesso non c’è la possibilità di fare salti in avanti perché c’è una contabilità. Si parte da ciò che è stato determinato, è molto complicato trovare un punto di aggiustamento. Ma se il federalismo si può surrogare, la sovranità no. Le opinioni pubbliche vogliono un indirizzo politico mentre l’Europa, di fatto, è stata lasciata in mano ai mercati che, essendo avversi al rischio, lo hanno scaricato su tutti gli altri. Non hanno dimensione politica e mai potranno averne. Ma una cosa è certa: se lasciamo le cose così come sono siamo destinati a schiantarci».
 



Il prossimo appuntamento con AserIncontra, la presentazione del volume "Missione fallita. La sconfitta dell'Occidente in Afghanistan", si terrà lunedì 29 novembre alle 18.30. Interverranno l'autore del libro, prof. Gastone Breccia (Università di Pavia) e la prof.ssa Elisa Giunchi (Università degli Studi di Milano). Introduce il professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore Aseri.

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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