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Potere: tra relazioni personali e internazionali

21 luglio 2021

Potere: tra relazioni personali e internazionali

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Per celebrare l’anno del centenario, la Facoltà di Scienze politiche e sociali ha scelto tre parole che caratterizzano la propria visione del mondo: Potere, Politiche e Popolo. A partire dall’individuazione di questi termini è stato realizzato un progetto che ha coinvolto docenti e studenti con dei Focus Group, per riflettere insieme sul loro significato e sulle declinazioni che possono assumere. I tre termini sono stati anche oggetti di altrettanti seminari che hanno visto confrontarsi vari docenti della Facoltà.


Tra le parole sulle quali la Facoltà di Scienze politiche e sociali ha riflettuto nell’anno del Centenario dell’Università, relativamente alle proprie specificità di studio e di approfondimento, c’è il “potere”.

Termine che in prima battuta richiama concetti e situazioni da esaminare se non con sospetto almeno con qualche distinguo. Termine che, con gli opportuni approfondimenti, offre un ampio ventaglio di problematiche che trovano il loro focus nelle relazioni a più ampio livello da quelle internazionali tra i popoli a quelle interpersonali, dal potere statale a quello delle multinazionali, a quello di tecnologie sempre più pervasive ma con un grado di consapevolezza limitato.

Introdotti dal preside Guido Merzoni e moderati da Patrizia Catellani, docente di Psicologia sociale, hanno offerto il loro contributo al webinar sul potere svoltosi il 20 luglio in modalità on line i professori Fausto Colombo, docente di Teoria e tecniche dei media, Mario Maggioni, docente di Politica economica, Luca Pesenti, docente di Sociologia generale, Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica e di Storia e istituzioni dell'Asia, e monsignor Claudio Stercal, docente di Teologia.

E’ ‘toccato al preside Merzoni, all’inizio, individuare il collegamento tra questo terzo webinar dedicato al “potere”, e i primi due su “politiche” e “popolo” nel senso di “potere declinato rispetto alla questione della crescente percezione di incapacità e limitatezza del potere politico ad affrontare questioni rilevanti per il mondo contemporaneo e il bene comune”.

L’esperto di comunicazione Fausto Colombo ha esaminato la comunicazione della rete, intesa talvolta come un potere occulto, definito come il “quarto potere” rispetto ai poteri tradizionali della democrazia. In questo caso il potere come forma della comunicazione non è inteso in modo negativo. Poi sono opportuni dei distinguo, considerando che il potere delle piattaforme è anche una risorsa se non lo si usa in chiave di conquista come fanno gli influencer ma in forma nuova per creare intermediazione. “Il potere non si ottiene con la trasmissione di informazioni. Ma il potere delle piattaforme nasce dal fatto che acquisiscono e accumulano informazioni, per questo rappresentano forme di potere osteggiate dalle democrazie occidentali dato che non riescono a controllarle o gestirle”.

Dal potere delle piattaforme ai risvolti dell’economia il passo è breve. L’economista Mario Maggioni si è soffermato sulle relazioni di potere dentro il capitalismo delle reti e delle piattaforme in cui i social media svolgono un ruolo prevalente. “Il contenuto social di molte piattaforme ha fatto sì che siano andate oltre una tecnica di vendita, con il rischio che il consumatore abituato al consumo del bene ne diventa dipendente perdendo la libertà di scegliere, tanto da poter affermare che, rispetto al potere delle istituzioni, è meglio il potere delle imprese private, almeno ci è più noto lo scopo”.

Dal punto di vista sociologico Luca Pesenti ha sottolineato l’impulso narcisistico dell’individuo post moderno, rilanciato verso una continua proposta del mercato in forma nichilista. “Oggi la società è dominata da una élite tecnocratica e non rappresentativa, in tal senso il populismo genera una nuova intermediazione, non mediata, perché guidata da una logica di polarizzazione. Da qui l’invito a costruire nuove forme di intermediazione sociale”.

Sull’aspetto internazionale del potere è intervenuto il professor Redaelli che ha portato l’esempio concreto del mondo musulmano in cui il potere ha natura contrattuale in una visione in cui l’autorità è di Dio. Si tratta, quindi, di un potere organizzato in modo rigido, capace di controllare la società contrariamente a quello che avviene in Occidente.

Sulla logica del potere in relazione al cuore dell’umano monsignor Claudio Stercal ha illustrato la logica del potere di Gesù espressa dall’icona evangelica della lavanda dei piedi. “Fuggire il potere è una pessima pedagogia, perché vuol dire gestirlo male. Allora bisogna educare ad esercitare il potere”.

In tal senso l’università riveste un ruolo importante per insegnare ad esercitare il potere in un’ottica di relazione. Si colloca qui, quale ricaduta concreta del discorso, l’impegno dell’università il cui contesto educativo risulta tra i più fecondi per porgere tali insegnamenti agli studenti. Così diventa molto importante il ruolo degli accademici che, pur dominando le tecniche di un mondo complesso, non devono semplificare i problemi in una logica consumistica ma valorizzare la logica della cura, compito storico degli intellettuali.

In tal modo gli accademici, con intelligenza, onestà intellettuale e vicinanza agli studenti devono vivere appieno il loro servizio per fornire ai giovani una lettura del mondo oltre l’apparenza e per far comprendere che il vero potere è nel servizio esercitato con responsabilità e competenza nei ruoli in cui si è chiamati ad operare.

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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