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PsyMe, l’app che unisce psicologia sociale e intelligenza artificiale

09 febbraio 2021

PsyMe, l’app che unisce psicologia sociale e intelligenza artificiale

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Immaginate un mondo in cui il vostro smartphone riesca a capirvi, proprio come fa un amico o un famigliare. Dove Alexa, Siri o Google vi forniscano risposte basate sulla vostra personalità. Dove la tecnologia sia messa a disposizione dei vostri bisogni e vi aiuti a migliorare la qualità della vostra vita. L’obiettivo del progetto PsyMe è proprio di promuovere il benessere attraverso l’interazione digitale.

Il primo passo del progetto PsyMe è un’app di ricerca che nasce dalla collaborazione dell’Università Cattolica con l’Università degli Studi di Pavia e la startup innovativa Xtream. Attraverso la costruzione di una comunicazione felice tra l’uomo e la tecnologia, l’app mira a promuovere il cambiamento dei comportamenti verso la salute, il benessere e la sostenibilità. L’app è uno dei primi frutti della collaborazione tra la psicologia sociale e intelligenza artificiale. Abbiamo chiesto alla sua coordinatrice per l'Università Cattolica, la professoressa di Psicologia sociale Patrizia Catellani, di presentarci questo ambizioso progetto.

Come funziona PsyMe?
«Con PsyMe è possibile inviare questionari e ricevere messaggi. Con i dati raccolti l’app individua le caratteristiche psicologiche che influenzano i comportamenti della persona in un particolare ambito e testa l’efficacia di messaggi che lo riguardano. Sulla base di modelli psicologici vengono creati e testati dei modelli statistici, che vengono poi formalizzati in predittori probabilistici. A questo punto entra in gioco il Deep Reinforcement Learning, ovvero Intelligenza Artificiale applicata. La macchina simula decine di migliaia di interazioni e apprende la migliore strategia per selezionare i messaggi che hanno la maggiore probabilità di suscitare l’interesse di una particolare persona. L’obiettivo più generale è creare una tecnologia che riesca a profilare e a cambiare il modo di interagire della macchina in base alle caratteristiche della persona, e per fare questo per gli ingegneri è importante partire da modelli psicologici che rispecchiano i comportamenti effettivi delle persone».

Perché può servire mandare messaggi sul cellulare?
«Perché si tratta di una comunicazione personalizzata, costruita sulla persona e non preconfezionata. E perché in questo modo è possibile mandare messaggi e comunicare con tantissime persone in modo tempestivo e continuativo, e anche farlo nel momento più adatto, e questo aumenta l’efficacia dei messaggi. Bisogna tuttavia sapere a chi dire che cosa, è quello che noi chiamiamo l’effetto matching tra la persona e il messaggio. Ad esempio, alcune persone si attivano di più se hanno paura delle conseguenze negative delle loro azioni, altre invece se si fanno ispirare dalle possibili conseguenze positive. In ogni caso, quello a cui puntiamo è sempre una comunicazione pienamente rispettosa delle motivazioni e delle risorse delle persone».

In che senso il vostro obiettivo è “promuovere il benessere”?
«Sviluppiamo messaggistica e in generale una comunicazione che ha lo scopo principale di aiutare le persone a perseguire obiettivi positivi per loro stessi. Ad esempio, abbiamo lavorato parecchio sul tema dell’alimentazione, sulla dieta mediterranea, su come ridurre il consumo di certi alimenti e aumentare il consumo di altri, su come cambiare la propria alimentazione per poter vivere meglio. Abbiamo lavorato anche sull’attività fisica, facendo ricerche anche durante il lockdown su come incrementare l’attività fisica a casa. Stiamo lavorando anche sulla dimensione finanziaria, per supportare le persone che devono gestire i loro risparmi o scegliere se stipulare un’assicurazione. In generale, lavoriamo sempre sui cambiamenti dei comportamenti in direzione della sostenibilità: a partire dall’idea che anche modificare un singolo comportamento, come la scelta di quello che mangiamo, può avere importanti ricadute positive per la persona ma anche per l’ambiente. In ogni caso vogliamo sostenere l’attivazione verso il cambiamento, senza tuttavia “manipolare” in alcun modo le persone. Non c’è nulla di oscuro o nascosto in quello che facciamo, ed è molto importante per noi il discorso della trasparenza, sia in quanto psicologi sia in quanto sviluppatori di algoritmi».

Come è nata l’idea di PsyMe e di questa collaborazione tra psicologia e tecnologia?
«L’idea è nata un po’ dal caso. Durante un incontro con gli ingegneri dell’Università di Pavia che si occupano di intelligenza artificiale abbiamo iniziato a parlare delle nostre ricerche sulla qualità della comunicazione in direzione di salute e benessere. Gli esperti di intelligenza artificiale si sono così resi conto che le nostre attività come psicologi hanno anche una forte componente quantitativa, sono basate su raccolte di dati e analisi statistiche avanzate, e a quel punto è scattata la scintilla. Entrando in profondità ci si è resi conto che alcuni modelli di analisi quantitativa avanzata utilizzati dagli psicologi possono essere il punto di partenza per lo sviluppo dei modelli utilizzati nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Non solo. Chi ha questi interessi sente il bisogno di costruire delle macchine che, essendo utilizzate dalle persone, siano coerenti con le loro esigenze e le loro risorse, e l’interazione con lo psicologo diviene quindi essenziale».

PsyMe è già utilizzata in qualche progetto?
«Al momento la stiamo utilizzando nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Lombardia che si chiama RE-Hub-ILITY, è coordinato da ICS Maugeri e coinvolge varie realtà, tra cui l’Università degli Studi di Pavia e la società athics, che realizza agenti conversazionali (i chatbot). In questo caso PsyMe serve a sperimentare una sorta di virtual coaching, ossia l’invio di messaggi ai pazienti per spronarli a fare esercizi di riabilitazione a casa. Nella fase successiva e più estesa del progetto i pazienti avranno anche dei sensori applicati sul corpo che invieranno dati sul corretto svolgimento degli esercizi, e potranno fruire anche di video game creati ad hoc per supportare il loro percorso verso la riabilitazione».

«Naturalmente messaggi inviati da un’app come PsyMe non sostituiscono il ruolo del fisioterapista, del nutrizionista o dello psicologo, sono solo dei supporti ulteriori per aiutare le persone a raggiungere gli obiettivi che si sono proposte. Uno degli aspetti più affascinanti di PsyMe e delle sue future applicazioni è che la macchina impara facendo. Una reazione negativa a un messaggio porta la tecnologia a riaggiustarsi, modificarsi e cambiare la sua comunicazione. Tutto sempre sotto il vigile controllo di psicologi, ingegneri e sviluppatori: «gli algoritmi sono interamente trasparenti, è un’intelligenza artificiale del tutto spiegabile, al servizio delle persone e dei loro obiettivi di cambiamento».

Un articolo di

Melissa Paini

Scuola di Giornalismo

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