Per onorare il mio ruolo di presidente del Toniolo, voglio confidare un’inquietudine. E, se possibile, anche un'aspettativa.
L'inquietudine, almeno per quello che io riesco a interpretare, sembra che sia la percezione di un inevitabile declino dell'umanesimo europeo che in profondità è segnato dai valori cristiani. Alcuni sintomi macroscopici, forse, neppure ben interpretati, alimentano questa inquietudine.
La crisi demografica, l’arroganza dei prepotenti, la suscettibilità invincibile di fronte ai richiami, al valore della vita, della persona, della fraternità universale, della solidarietà, della sussidiarietà, solo per citare alcuni aspetti, sono sintomi preoccupanti di un senso di impotenza. La professione di agnosticismo, che si presenta come la posizione intellettuale più saggia e più coerente, tarpa le ali alla speranza.
Questa impressione di un declino inevitabile mi induce a formulare un'aspettativa con umiltà e discrezione. C'è qualcosa di nuovo, abbiamo da offrire segni di speranza. Diffido naturalmente della retorica semplicistica e volontaristica ma oso immaginare che in Università Cattolica siano presenti, persone, pensieri, gruppi di ricercatori, docenti, uomini e donne, che possano raccogliere l'invito all'audacia per contrastare il declino, per avviare percorsi di futuro.
Io credo che servano uomini e donne di speranza, uomini e donne di fede, uomini e donne capaci di immaginazioni e di sacrifici, uomini e donne disponibili a dedicarsi a un progetto di paese, a un progetto di scienza, a un progetto di comunità.
Quello che noi non possiamo immaginare è che altri facciano, o pensino, o si buttino nella mischia al posto nostro. Alcuni segni di novità che accompagnano questo inizio di anno accademico, motivano la mia aspettativa, come ad esempio l'elaborazione del piano strategico con cui si coordinano e si orientano le energie delle componenti dell'università.